(ASI) Roma - L’ictus cerebrale colpisce ogni anno ancora 15 milioni di persone nel mondo e 200.000 solo in Italia.
L’ictus cerebrale è la morte di cellule cerebrali prodotta dall’occlusione di un’arteria del cervello a causa di un coagulo di sangue che ne impedisce il flusso normale, o dalla rottura di un’arteria che provoca emorragia cerebrale. I fattori di rischio più importanti sono rappresentati dalla pressione alta e dalla fibrillazione atriale. Bocca storta, difficoltà a parlare, mancato movimento degli arti di un lato del corpo, cefalea improvvisa e violenta sono i sintomi rivelatori di un ictus in arrivo. L’insorgenza di questi sintomi deve allertare tutto il sistema dell’emergenza (118, pronto soccorso) in modo da consentire diagnosi e trattamento in tempi rapidissimi. Se applicate in modo rapido ed appropriato, le moderne terapie della fase iperacuta dell’ictus sono in grado di ridurre in modo importante disabilità e mortalità, che rappresentano esiti pesanti per le persone colpite, le famiglie e l’intero sistema sanitario e sociale.
In occasione della VIII Giornata Mondiale contro l’Ictus Cerebrale, la Società Italiana di Neurologia (SIN) ribadisce l’importanza delle Stroke Unit, unità ospedaliera di assistenza dedicata ed esperta, in rapporto alla quale l’evidenza scientifica indica, rispetto ai trattamenti della fase iperacuta, le potenzialità di una ulteriore ed importante quota di riduzione degli esiti, e la necessità di riorganizzarne al più presto la rete nel nostro Paese, per poter garantire a ogni paziente la terapia più appropriata e la corretta assistenza. Con le nuove indicazione riportate dal decreto Lorenzin del 2 aprile 2015 sugli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera italiana, il numero delle Stroke Unit dovrà all’incirca raddoppiare soprattutto nelle regioni meridionali
“Ogni Stroke Unit dovrà - afferma Domenico Inzitari, Direttore della Stroke Unit dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Careggi di Firenze e Professore Ordinario presso la Clinica Neurologica dell'Università di Firenze – prevedere un’organizzazione più strutturata, che faccia riferimento al neurologo e a personale specializzato dedicato H 24. Oggi – prosegue Inzitari - possiamo contare su terapie molto efficaci, come la trombolisi sistemica, un farmaco che può disostruire l’arteria, e la trombectomia meccanica, ossia il trattamento endovascolare che prevede la rimozione meccanica e non invasiva del trombo, ma, a parte il numero delle strutture non sufficiente assistiamo a una carenza di specialisti. In questo nuovo scenario terapeutico emerge la figura del neuro interventista, uno specialista che possiede tutte le competenze necessarie per effettuare la trombectomia e che affianca il neurologo nella cura del paziente. La SIN - conclude Inzitari - sta lavorando proprio a progetti di formazione su questa “specialità” attraverso il finanziamento di Master di II livello rivolti a tutti gli operatori coinvolti, dai neurologi ai neurochirurghi, dai neuro radiologi ai radiologi”.