(ASI) Terni, la memoria e l'Odissea di via Martiri delle Foibe. Lo scorso luglio, dopo quasi tre anni di lotta in comune, una giovane consigliera del centro destra narnese è riuscita nel suo intento: dedicare una via cittadina ad una delle migliaia di italiani perseguitati e uccisi dai partigiani di Tito.
Scendendo dal paese, si può ora proseguire per Narni scalo in via Norma Cossetto, nome divenuto emblema della violenza sui civili compiuta, più che per ritorsione ed odio politico, come forma di pulizia etnica.Da qualche tempo anche il PdL ternano ha cercato di intitolare una piazza o una strada di Terni ai caduti delle Foibe.
Il piccolo capoluogo umbro non è terreno certo facile dove far fiorire iniziative di questo stampo: alcune associazioni culturali come il Centro Studi Storici, Nadir e l' Istituto Storico Fondazione RSI sono state duramente osteggiate dall'ANPI, da sigle antagoniste e dallo stesso Comune, con sindaco e assessore alla cultura pronti a dichiarare pubblicamente che "(ruolo partigiani) nessun revisionismo storico più o meno attendibile e interessato potrà mai cancellarlo dalla nostra memoria condivisa" (Leopoldo di Girolamo, Terni 13 Giugno 2011, in occasione del 67^ della liberazione della città).Nel caso delle associazioni sopra citate ci si occupava dei crimini commessi da elementi della celebrata Brigata "Gramsci", come gli omicidi di Augusto Centofanti e Maceo Carloni, quest'ultimo oggetto di una inquietante manovra di rimozione della memoria, tendente a celare, all'opinione pubblica, pagine ben poco gloriose della resistenza ternana.Il 27 Febbraio 2011 il quotidiano on line GoodMorning Umbria riporta il comunicato stampa di due dirigenti delle giovanili del PdL che, durante un consiglio circoscrizionale, avanzano la proposta di affiggere una targa commemorativa in piazza Dalmazia, pieno centro della città, nonché luogo che già dal nome richiama alle terre irredente.Una proposta destinata a far parlare di sé.
Esattamente così, a far parlare di sé per qualche mese, giusto il tempo per ridimensionare ed infangare quel crimine orrendo che fu l'epurazione di compatrioti nelle cavità carsiche. A fine del mese di Agosto, su segnalazione di um membro della commissione toponomastica, il consigliere di opposizione Dario Guardalben, si viene a sapere che il responsabile per la selezione e la scelta dei toponimi, si giustifica dichirando che al momento Terni non dispone di aree idonee per l'applicazione di targhe o per l'inaugurazione di strade e larghi in omaggio agli infoibati.Una decisione che, in altre parti d'Italia, si sarebbe trasformata in un caso politico e giornalistico, con reazioni dure ed indignate di partiti e sigle civiche.Eccetto che qui. E non se ne comprende il motivo visto che, in Umbria, Perugia, Allerona, Cannara non hanno avuto problemi con la memoria.Quella che, a Terni come a Firenze, doveva essere una vittoria del movimento giovanile 'aennino', è naufragata sugli scogli di un'amministrazione incapace di accettare realtà di violenza e sopraffazione che hanno segnato indelebilmente l'identità italiana.
Certamente il centro destra ha le sue buone responsabilità in merito, avendo più volte prestato il fianco ad iniziative della sinsitra di carattere lugubre e offensivo nei confronti della ricerca e dello studio della storia. Un esempio per tutti la rotonda Alfredo Filipponi, comandante della 'Gramsci', unità responsabile di crudeltà gratuite contro la popolazione civile, da Maceo Carloni a Jolanda Dobrilla, un'altra istriana morta come la Cossetto, non nella foiba di Villa Surani però, ma a Cottanello (RI), dilaniata da una bomba dopo una violenza sessuale. Il corpo bruciato e poi divorato dai maiali.Il PdL teme a riaprire vecchie ferite, o a sfogliare il libro nero di una resistenza umbra che dovrebbe, invece, essere molto ridimensionata per numero di operazioni compiute, organico ed effettivo ruolo nella guerra ai tedeschi nella regione.
La fittizia eredità gelosamente custodita dall'ANPI influisce ancora negativamente su Terni, garantendo ad associazioni e partiti della sinistra un controllo sul passato locale e fornendo loro la possibilità di poter ottenere fondi e stanziamenti per ricordare personaggi sovente loschi, o avvenimenti celebrati come gloriosi ma, nella realtà, assolutamente fasulli, come la battaglia di Leonessa, durante la quale morirono diversi esponenti del fascio locale, poi spacciati per partigiani ed inseriti nella lapide di Palazzo Farini (cfr. Falsi Storici, quei fascisti fatti passare per partigiani, Marco Petrelli, Il Fondo, 26 Ago 2011).Non c'è da restare stupiti, dunque, di fronte ad una banale scusa come quella dell'Ufficio toponomastico, conseguenza della debolezza di una destra che considera la storia una materia di poco conto o che "non interessa alla gente". Peccato che in città monopolio della sinsistra, sociale, cultura e lavoro siano tra loro fermamente saldati. Rompere una delle tre legature permette di sciogliere il nodo gordiano. Non si sarà padroni dell'Asia, ma per lo meno si renderà dignità e giustizia ai familiari di vittime dimenticate e a concittadini per decenni cresciuti nella menzogna.
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