M, il figlio del secolo.  Recensione di Mario Setta

(ASI) Certamente curioso questo titolo, con la lettera M che campeggia in copertina, al libro-romanzo di Antonio Scurati, oggi tra i più letti in Italia.  Un best seller. Figli del secolo in cui viviamo lo siamo tutti. E Mussolini non fu l'unico figlio del suo secolo, forse nemmeno il più rappresentativo.

Certamente tra i più noti e più responsabili della vita del suo tempo. E forse più che figlio è stato padre degenere di figli che nascono ancora dal suo Dna. D’altronde il libro-romanzo di Scurati non è altro che una diagnosi storico-psicologica del personaggio Mussolini, nato nel 1883 e morto nel 1945. A cavallo tra il XIX secolo e il XX. Del XX ne vive quasi solo la metà. 
Un libro-romanzo  molto interessante e molto attento alla storia, che presenta la vita di Mussolini nei 5 anni che vanno dal 1919 al 1924. Quindi un trentacinquenne nel mezzo del cammin della sua vita. Certamente l'apice della vita d'un uomo, scomodando Dante Alighieri. Ma mentre Dante scrive la divina commedia, Mussolini prepara la tragedia umana. Sono infatti i cinque anni che impegnano la vita politica di Mussolini con la nascita dei fasci di combattimento nel 1919 e la sua  evoluzione di leader, duce d'un movimento che cresce in continuazione.

Non un solo leader, un solo duce, ma tanti ducetti-copia. 
Strumento di una tale campagna ideologico-politica è  il giornale "Il popolo d'Italia" fondato nel 1914 per sostenere la linea interventista dei socialisti durante la prima guerra mondiale, diretto personalmemte da lui e chiuso nel 1943 il 26 luglio, dopo il suo arresto.
Il libro-romanzo di Scurati riesce ad offrire una visione particolareggiata del clima storico e dei singoli personaggi che affiancano Mussolini. Una disamina accurata, storicamente precisa che esamina una serie numerosa di personaggi che gli girano intorno o con i quali si relaziona continuamente: Gabriele D'Annunzio, Filippo Tommaso Marinetti, Cesare Rossi, Nicola Bombacci,
Amerigo Dùmini, Albino Volpi, Leandro Arpinati, Italo Balbo, Aldo Finzi, Roberto Farinacci, Luigi Federzoni, Giuseppe Bottai, Emilio De Bono, Margherita Sarfatti.
Il rapporto con quest'ultima  non  fu solo di natura prettamente sessuale, perché  la Scarfatti divenne personaggio di prim’ordine sia come artefice del suo salto di qualità nell'alta borghesia, perché  moglie di Cesare Sarfatti, ebreo, famoso penalista, e sia come collaboratrice nell’impegno artistico-culturale  perché  direttrice della rivista Gerarchia. fondata da Mussolini. Finirà vittima delle leggi razziali, fuggendo in Argentina e morendo a Cavallasca in Italia, il 30 ottobre 1961.
I cinque anni di formazione socio-politica mussoliniana sono caratterizzati dallo scontro con la sinistra rappresentata dal partito socialista e dalle forme iniziali del partito comunista di stampo leninista. Uno scontro duro dalle due parti. I fascisti con la violenza fisica e spesso armata e i socialisti con gli scioperi e i dibattiti. 
Alla camera Giacomo Matteotti rappresenta la voce della coscienza politica. La fine del libro si chiude con l'assassinio di Matteotti. Lo scontro in realtà è tra due visioni della politica, tra due rappresentanti di tali visioni: Mussolini e Matteotti. Un classico scontro tra Davide e Golia.
La fine di Matteotti sarà l'inizio della politica conservatrice e aggressiva del fascismo in Italia. 
Di fronte al cadavere di Matteotti, dissotterrato il 16 agosto 1924 e alla reazione antifascista di gran parte degli italiani, Mussolini non arretra e parla addirittura di "cloroformizzare" le opposizioni e il popolo italiano, appellandosi alla "crudeltà del chirurgo". Nella seduta del 3 gennaio 1925, Mussolini cita l'art. 47 dello Statuto della Camera e chiede se qualcuno si voglia valere dell'art. 47 per accusare i ministri del re e tradurli all'alta Corte di giustizia.
"Un'ostensione. Benito Mussolini alza il libro delle regole democratiche in faccia ai parlamentari come un prete che esibisca ai fedeli la particola del corpo di nostro Signore Gesù Cristo.
Silenzio. Uno solo. È sufficiente che parli uno solo e lui sarebbe perduto". 
Nessuno si alza. Non si alza il socialista Turati, non il liberale Salandra. Nessuno dei capi dell’opposizione. Ma tutti i fascisti si alzano e applaudono Mussolini.

"Viva Mussolini. Viva Mussolini". 
“Se nessuno lo incolpa, lui, allora, si discolpa… Poi si pianta le mani sui fianchi, protende il collo e riprende a scandire le sillabe, martellando le frasi in rapida sequenza”.

Le parole non possono non avere un senso. Per Mussolini sono solo flatus vocis. E sfarina

parole rimaste nella storia, per la grande forza enfatica: “Io dichiaro qui, al cospetto di questa assemblea e al cospetto di tutto il popolo italiano, che io assumo, io solo la responsabilità politica, morale, storica di tutto quanto è avvenuto. Se le frasi più o meno storpiate bastano per impiccare un uomo, fuori il palo e fuori la corda!”

In realtà, da attore come è e come sarà, con la forza delle parole riesce ad abbindolare perfino i  parlamentari dell’opposizione, che la ritengono l’ennesima sceneggiata mussoliniana. Nessuno sente il dovere di rispondere con parole e fatti. Cosa che invece Matteotti aveva spesso gridato in parlamento.  Ma ormai Matteotti era stato zittito, anche se Mussolini si difendeva affermando di non essere stato il mandante. Ne aveva ricevuto subito portafogli e passaporto passatigli dagli autori del misfatto e informato perfettamente dell'andamento del crimine. L'eliminazione di Matteotti, come avevano ritenuto gli esecutori, aveva sollevato Mussolini da ogni dubbio, da ogni eventuale rimorso, consapevole  che ormai aveva campo libero. Non solo con i socialisti, ma con tutti gli italiani. Così  fino al 28 aprile 1945.

L’autore, Antonio Scurati,  ha scritto che il suo è un libro che rifonda l’antifascismo ed appare assolutamente evidente. Ma conoscere i caratteri del fascismo non sempre è facile. Non sappiamo se  oggi sembra esserci il revival, ma sappiamo che la storia non si ripete pedissequamente. Il fascismo è soprattutto una concezione della vita e del mondo, come giustamente affermava Wilhelm Reich in “Psicologia di massa del fascismo”. Per Reich “il fascismo, nella sua forma più pura, è la somma di tutte le reazioni irrazionali del carattere umano…” e l’umanità è ancora lontana dall’aver raggiunto

il punto più alto della sua evoluzione razionale.  Perfino la democrazia non è ancora una stabile conquista, se si inventano termini come populismo e sovranismo. La “palude” di allora si è incrementata e non appare nessuno spiraglio di speranza. L’aspetto più grave è che in generale gran parte della gente è priva della benché minima coscienza critica. E il rischio di cadere in un passato, che non dovrebbe tornare, non  sembra poi così difficile.  La vera tragedia socio-politica, oggi, è la quasi totale assenza di personalità che, a livello locale e internazionale, diano esempio di serio contributo all’elevazione morale e sociale dell’intera umanità.  

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