(ASI) Perugia - Presso la sala congressi del Collegio Sant’Anna, il prof. Claudio Finzi, già ordinario di storia delle dottrine politiche presso l’Università di Perugia, ha tenuto il terzo incontro preparatorio alla manifestazione che si terrà l’11 ed il 12 giugno 2016.
Quest’anno, infatti, ricorre il sesto centenario della vittoria di Braccio Fortebracci da Montone, contro le truppe di Perugia, guidate da Carlo I Malatesta, difensore dello Stato Pontificio, nella famosa battaglia di Sant’Egidio (12 luglio 1416). Grazie a questo successo militare Braccio riuscì a divenire signore della città umbra.
Il prof. Finzi ha illustrato la vita del condottiero perugino attraverso il racconto dell’umanista e religioso Giovannantonio Campano, vescovo di Crotone, nato nel 1429, autore di una sua biografia nell’opera Vitae et res gestae. Lo scrittore visse sempre sotto la protezione della famiglia Baglioni e divenne professore di retorica all’Università perugina, e scrisse, tra le varie opere, un trattatelo “De felicitate Thrasimeni”. Nel 1458 compose una vita di Braccio da Montone perché vedeva in lui un modello, un uomo da imitare. Poiché scriveva in latino, le sue opere vennero tradotte in italiano corrente dal Pellini, altro grande esponente della cultura perugina passata.
Il prof. Finzi ha sottolineato come nella metà del ‘400, il concetto di gloria era molto sentito. Infatti non bastava portare a termine una grande impresa, ma si ambiva ad essere ricordati. Braccio nacque a Perugia nel 1368, nel rione di Porta Sant’Angelo. La madre, dopo la morte del padre, lo asseconda nella sua vocazione militare. Secondo Campano Braccio possedeva le virtù, le capacità, l’avidità di gloria ed anche la fortuna, “ossia tutto ciò che circondava l’uomo, sia positivamente che negativamente”. Per il condottiero alcune virtù erano indispensabili nella vita militare come la fortezza, la saggezza, la razionalità. Contrariamente ai soldati d’Oltralpe, che si tuffavano nella mischia assetati di sangue, senza guardare le perdite, il capitano di ventura perugino, combatteva in primis con la “testa”, che secondo lui era necessaria quanto la spada per avere successo. Ricordiamo che la battaglia di Sant’Egidio durò sette ore e Braccio utilizzò la cavalleria pesante, divisa in piccoli gruppi, lanciata contro i punti deboli del nemico. Un vero successo che durerà dal 1416 al 1424.
Ilaria Delicati - Agenzia Stampa Italia
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