Ecco come d'Annunzio fu coinvolto nell'impresa di Fiume

 (ASI) Chieti - Col Centro Studi Dannunziani e Patriottici, ho organizzato a Ronchi dei Legionari l'11 settembre 2024, le celebrazioni del 105° Anniversario dell'Impresa di Fiume. In questa circostanza ho conosciuto Giorgio Frassetto, nipote di Riccardo Frassetto Primo dei 7 Ufficiali Giurati di Ronchi.

Del Tenente Riccardo Frassetto diceva Gabriele d'Annunzio in un encomio ritrovato dopo la morte dell'ufficiale reduce dalla esperienza della Reggenza del Carnaro: "Il tenente dei Granatieri Riccardo Frassetto fu il più attivo, e il più a me vicino, tra i sette giurati di Ronchi. Dopo la Marcia, dopo l'occupazione di

Fiume, per sedici mesi di invitto supplizio io l'ebbi sempre al mio fianco, cooperatore costante e vigilante. La sua sagacità è pari alla sua probità, il suo valore è pari alla sua modestia, la sua diligenza è pari alla sua attenzione. Fra tutti i miei Legionari egli è veramente esemplare. Non mai la più lieve ombra passò tra lui e il suo capo. In ogni occasione, nella più triste,

nella più lieta, la sua luminosa sincerità non ebbe mai oscuramento".

Come da sue volontà e desiderio, l'urna, con le ceneri del Giurato di Ronchi Riccardo Frassetto, sono

 nella Cripta del Mausoleo del Vittoriale degli Italiani a Gardone Riviera, vicino al suo Comandante Gabriele D'Annunzio. 

Il nipote, Giorgio Frassetto ha un nutrito archivio di documenti storici inerenti al rapporto fra lo zio Riccardo e Gabriele d'Annunzio da Fiume fino agli ultimi tempi al Vittoriale, e fra lo zio e gli altri ufficiali giurati di Ronchi. Con parte di questo materiale documentale e con i suoi ricordi, Riccardo Frassetto ha scritto e pubblicato due libri: "I Disertori di Ronchi" (1926), approvato dal Comandante d'Annunzio con le seguenti parole: "Grazie per il tuo bel libro. Caro Riccardo, ora sei autore fra gli autori", riporta i fatti e gli antefatti dell'Impresa di Fiume, ed è considerata dagli storici una attendibile testimonianza degli eventi fiumani; "Fiume o Morte" (1940), poco venduto causa l'entrata nella Seconda Guerra Mondiale dell'Italia e per una bomba che colpisce il magazzino dove si trovavano le copie del libro. Era previsto anche un terzo libro, da pubblicare con i futuristi Tommaso Marinetti e Mino Somenzi, ma il progetto non è andato in porto sempre a causa della guerra.

A tal proposito, ho chiesto a Giorgio Frassetto di poter visionare alcuni documenti, ed in particolare mi interessavano quelli inerenti alle circostanze che hanno portato i 7 ufficiali giurati ad ammutinarsi per sposare l'avventura fiumana e alle trattative per convincere il d'Annunzio ad accettare l'invito di comandante della missione. 

Si apprende dalla documentazione in mano a Giorgio Frassetto che, i 7 Ufficiali Giurati, sul finire dell'agosto 1919, vedendo diminuire ogni giorno di più le possibilità per il capoluogo del Quarnaro, l'irredenta città di Fiume, di vedersi riunita alla madrepatria italiana, fanno un solenne giuramento che avrebbero combattuto fino alla morte fino a che Fiume non si sarebbe ricongiunta al Regno d'Italia.

Fiume, si presentava idealmente come la tappa successiva al percorso già tracciato col sangue sul Piave, e la decisione di ammutinarsi ai vertici militari dello Stato italiano, è legata al fatto che i 7 ufficiali ritenessero che la Patria, concetto ideale ben più elevato di quello di Stato - apparato e di istituzioni statali, avesse interessi divergenti da quelli del governo di Roma che rispondeva al volere delle grandi potenze internazionali, alle quali era di fatto subalterno. Ma, i 7 ufficiali, consapevoli della umiliante situazione e consci del giuramento fatto di servire la Patria, decidono di andare oltre, alzando la testa con un sussulto di orgoglio e di amor patrio, per liberare Fiume dallo straniero e compiere questo ultimo atto del Risorgimento italiano.

 Così, i giovani ufficiali si riuniscono nella camera del Tenente Riccardo Frassetto, detta del macellaio,  proibita a chi non fa parte del loro gruppo.

La stanza viene tappezzata con bandiere e qui prestano solenne giuramento: "In nome di tutti i morti per l'Unità d'Italia, giuro di essere fedele alla causa santa di Fiume e di non permettere mai, con tutti i mezzi, che si neghi a Fiume l'annessione completa e incondizionata all'Italia. Giuro di essere fedele al motto: Fiume o Morte."

Leggono il giuramento a voce alta e lo sottoscrivono solennemente, mentre tengono la mano destra sul pugnale. Con la firma passano alla storia come "I sette Giurati di Ronchi.

Ma, per riunire Fiume alla madrepatria italiana, c'è bisogno di un leader carismatico che guidi la missione e garantisca la fedeltà dei militi coinvolti, pertanto si decide il 28 agosto 1919 di scrivere una lettera accorata, redatta dal Tenente Frassetto anche per i suoi colleghi, a Gabriele d'Annunzio, l'eroe della Beffa di Buccari e del Volo su Vienna, il simbolo della vittoria italiana sull'Austro - Ungheria che in quel periodo viveva alla Casetta Rossa a Venezia.

La lettera, un veemente appello all'orgoglio e ai sentimenti di amor patrio del poeta - soldato recitava: 

"Sono i Granatieri di Sardegna che vi parlano... È Fiume che per le loro bocche vi parla... Noi abbiamo giurato sulla memoria di tutti morti per l'Unità d'Italia: Fiume o Morte!

E manterremo il giuramento perché i Granatieri hanno una fede sola e una parola sola.

"Voi non fate niente per Fiume? Fatelo, è vostro dovere farlo, è vostro dovere ricordare agli Italiani che hanno combattuto per un ideale grandemente bello: per la Libertà! Lasciate per un momento le conquiste di Pace! L'Italia non è compiuta. In un ultimo sforzo la compiremo".

Il Sottotenente Grandjacquet viene incaricato di recapitare al Poeta Soldato i sette giuramenti, ritornando entusiasta dall'incontro, informa gli altri che d'Annunzio ha promesso che sarebbe venuto a Ronchi due giorni dopo. Però per una serie di ragioni sconosciute in quel momento il Vate non arriva.

A questo punto, i 7 ufficiali delegano come loro portavoce il Tenente  Frassetto, per recarsi a Venezia e incontrare il poeta.

Il Tenente Riccardo Frassetto, racconta nelle sue memorie che ha solo 30 lire per il viaggio e il soggiorno e, perciò deve farsi prestare 150 lire dal maggiore Reina.

Riccardo Frassetto, alle ore 8.00 dell'8 settembre 1919, bussa alla porta della Casa Rossa, ma d'Annunzio dorme ancora e il maggiordomo lo fa attendere in giardino. Mille pensieri lo assalgono in quel momento "Non so - pensa il giovane tenente -come comportarmi di fronte a questo grande uomo.

 Il sovrappensiero si interrompe di colpo quando una allegra voce saluta "Buongiorno, Frassetto".

Mi irrigidisco sull'attenti con d'Annunzio, - racconta il tenente - una figurina sottile, tutta nervi, che si avvicina sorridente tendendomi la mano.

"Capisco il vostro disappunto, - dice il poeta - la mia mancata venuta è dipesa da un fatto inaspettato. Il generale Grazioli mi ha fatto visita e ho dovuto intrattenermi a lungo".

I modi affabili, cordiali e allegri con cui il Vate accoglie Frassetto, lo incoraggiano a sciogliersi:

"Comandante! A Ronchi abbiamo capito che il rinvio doveva essere stato causato da un grave motivo, ma a Ronchi c'è un battaglione di uomini in fermento. Il comando di Reggimento è a Monfalcone e la più piccola indiscrezione può compromettere tutto".

"No, no, non si deve compromettere nulla. Io sono pronto. Quando si può agire?" la risposta di d'Annunzio. 

"Al massimo entro quarantotto ore, Comandante" dice Frassetto. 

Il d'Annunzio ha un attimo di incertezza, china lo sguardo e poi a testa bassa risponde "Vede, io sono superstizioso. Credo nella fortuna di certe date. Posdomani è il 10... sarebbe da rimandare l'azione all'11, è un giorno fortunato per me... è il giorno di Buccari...".

"Faccia lei, Comandante, il suo desiderio è un ordine per noi."

Poi, per testare la mia fermezza, chiede a bruciapelo: "E se gli Alleati si opporranno?" "Spareremo, Comandante."

Gabriele d'Annunzio scoppia in una grossa risata mentre posa una mano sulla spalla di Frassetto. 

"Ella - dopo un attimo di pensierosa attesa aggiunge- oggi stesso ripartirà per Ronchi con la mia macchina. Il mio "chauffeur" l'attende con l'automobile a San Giuliano" (di Mestre).

Prima di congedare il tenente, gli consegna una lettera e gli fa leggere lo scritto indirizzato al maggiore Reina: "giovedì sarò a Ronchi per partire verso il gran destino".

Successivamente, il d'Annunzio traccia, con precisione, l'itinerario e il piano che espone al Tenente Frassetto a cui dà disposizioni: "Ella questa sera è a Ronchi. Di lì prosegua per Fiume, contatti il capitano Host Venturi e

lo informi che giungeremo in città alle prime ore del giorno 12.00. E la sera del 10, ella sia nuovamente qui. Mentre parla, la sua voce ha una inflessione pacata ma imperiosa, in modo tale che chi ascolta esegue la direttiva senza troppi patemi. 

Riccardo Frassetto, all'uscita è atteso da Italo Rossignoli, attendente di d'Annunzio,  per essere accompagnato in vaporetto fino al pontile di San Giuliano di Mestre, dove si trova l'automobile del Comandante e il suo autista personale Guido Basso.

L'auto è l'ammiraglia della Fiat, una elegante e potente T4 amaranto. 

Il tenente ha fame, così Rossignoli lo porta a mangiare un boccone veloce in una vicina trattoria, dove parlano molto, e l'attendente di d'Annunzio, fra un bicchiere e l'altro di vino, confida a Riccardo le attività che in quel momento sono in corso a Venezia presso la Casetta Rossa, per poi salire sul primo mezzo diretto a San Giuliano.

L'autista del d'Annunzio, Guido Basso è un pilota da corsa, e accelera improvvisamente a tutta birra a tal punto da far temere di non arrivare tutti interi alla meta.

Vicino Portogruaro, si fermano per controllare le gomme troppo calde, da raffreddare con secchiate di acqua.

Basso riparte a tutta velocità fino a 100 km/h, sfiora dei cavalli e investe delle oche, con un pezzo di ala moncata che finisce fra le mani del Tenente Frassetto che chiude gli occhi per la paura.  

All'imbrunire, i due sono a Ronchi e il tenente Frassetto, dopo essere stato freneticamente interrogato dagli amici, va ad incontrare il maggiore Reina per consegnargli la lettera del Comandante con scritto "giovedì sarò a Ronchi per partire verso il gran destino".

Il 10 settembre, il tenente è nuovamente alla Casetta Rossa di Venezia, dove trova il Poeta febbricitante e, perciò teme che il

patriottico progetto sia vanificato, ma non sarà così, il d'Annunzio, per un attimo rinvigorito nel timbro della voce e nel portamento, lo conforta e gli dice non sempre la debolezza della materia vince sulla volontà dello spirito. 

"Non si preoccupi, - dice d'Annunzio - domani, 11 settembre alle 14.00, una lancia dell'Ammiragliato ci porterà a San Giuliano dove ci aspetta la mia auto".

 Il giorno dopo, nella spaziosa Fiat T4 salgono nei posti di dietro Gabriele D'Annunzio, il tenente Riccardo Frassetto, il tenente aviatore Guido Keller, mentre davanti lato passeggero l'attendente Italo Rossignoli e al volante l'autista Giacomo Basso.

"Al via, sento in me lo scoccare di un attimo storico. Sono le ore quattordici e minuti trenta dell'11 settembre 1919", il pensiero di Frassetto in quegli istanti. 

 

Ecco come Gabriele d'Annunzio fu coinvolto nell'impresa di Fiume dai 7 ufficiali giurati di Ronchi. 

 

 Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia 

 

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