Questo e molto altro è trapelato dal dibattito tenutosi in data 8 novembre presso una delle sale della Rocca Paolina che dall'8 all'11 ospiterà, assieme ad altri centri culturali, l'edizione 2012 di Umbria Libri.
Protagonista indiscusso dell'incontro il Professor Elio Matassi, direttore del Dipartimento di Filosofia dell'Università di Roma Tre e docente ordinario di Filosofia Morale dell'Accademia Estetica Internazionale di Rapallo, autore del libro intitolato “La pausa del calcio”, edito da “Il ramo” . Ad intervenire nel dibattito in veste di coordinatore il giornalista della Gazzetta dello Sport, Massimo Cecchini, il direttore sportivo della Roma, Walter Sabatini, il direttore generale del Perugia, Luigi Agnolin e un ex portiere Lamberto Boranga.
Il volume del Prof. Matassi è suddiviso in tre parti “un'introduzione, una prima sezione dedicata all'olimismo metafisico e il calcio e una seconda relativa a 'lo spazio, Il tempo e gioco del calcio”.
Uno sport che è connubio di regole e creatività, che richiama all'ordine ma allo stesso tempo consente di dar sfogo agli istinti. Ma esiste una filosofia del calcio e in che cosa due campi, apparentemente così distanti, possono essere associati?
Il filosofo avverte la necessità di rendere il calcio oggetto della propria indagine all'interno di una società in cui, come dichiarato dal Professor Matassi nel corso del suo intervento, “essere interista, juventino o romanista risulta essere più significativo del sentirsi di destra o di sinistra!” Ed è proprio attorno al senso di appartenenza e al senso di identità che verte la riflessione filosofica dell'autore.
Egli parte da una concezione ben definita di filosofia, prendendo le distanze dal filone di studiosi e pensatori che ritengono la dimensione filosofica come autoreferenziale e chiusa in se stessa. “Io sono fautore di una filosofia 'umile'-ha dichiarato il filosofo- che non si priva del confronto con ciò che la propria epoca esprime o con l'esperienza vissuta … una filosofia che consenta di non chiudere gli occhi ma di valutare ciò che funziona e ciò che non funziona.” E' evidente che il forte senso di appartenenza alla squadra calcistica che accomuna i numerosi tifosi deriva dall'esigenza di colmare la carenza di valori etici e morali. Il dominio 'gelido e anonimo' di una tecnocrazia che gestisce il potere in nome del primato di ciò che devasta la nostra società ha causato la distruzione dell'identità politica, mettendo in moto un meccanismo di compensazione. L'identità calcistica sembra essere in grado di colmare, almeno parzialmente, questo scompenso.
Il Professor Matassi ha poi espresso una propria considerazione anche in merito al caso che ha visto protagonisti i tifosi del Genoa: chi non ricorda l'umiliazione subita dalla squadra ligure alla richiesta della restituzione della maglia da parte della propria tifoseria …? Un gesto da molti biasimato viene interpretato dall'autore de “La pausa del calcio”, come l'espressione estrema e incontenibile di chi crede in qualcosa e si fa portatore di una fede calcistica e di un tifo passionale, “veicolo di valori” più o meno condivisibili.
E sul senso di appartenenza e di identità si è espresso anche il Direttore Agnolin, che ha voluto abbinare questo concetto a quello di cittadinanza: “Io sono cittadino di una comunità, ove vi sono delle regole e dei presupposti per essere in condizione di alimentare l'interesse attorno al mio modo di vivere e al mio modo di essere... la conoscenza e la comprensione del fenomeno del calcio ha mille sfaccettature: il senso di appartenenza può essere positivo (cultura, storia) quando si è conoscitori del fenomeno a 360° e non in maniera settoriale. Attualmente invece vi è una volontà di appartenenza che non si basa sul rispetto delle regole, ma che se ne discosta ...”
Breve ed intenso il successivo intervento del dr. Boranga che ha definito il calcio “come uno degli sport più affascinanti e lo dico da persona consapevole – ha aggiunto- Noi qui presenti rappresentiamo tutto il mondo del calcio; per me è importante essere accanto ad un filosofo che ha saputo accostare la creatività di questo sport alle regole della vita...”
Il successivo intervento è stato quello del Direttore Sabatini, che ha definito una necessità il senso di appartenenza ad un gruppo. “Il calcio è difficile da interpretare se non lo si soffre … c'è un'alchimia che ci tiene legati e che ci porta a pensare al raggiungimento di un obiettivo. Dentro al calcio ci sta tutto … l'arte, la filosofia, una buona componente di follia. E' uno sport ricco e difficile da capire fino in fondo ... Non è solo un problema di sentirsi dentro un qualcosa, è il meritarsi quel qualcosa.”
Molte le argomentazioni più o meno filosofiche attorno alle quali si è sviluppato il dibattito e … per finire: c'è chi reputa che la filosofia dell'antica Grecia sia poca cosa e possa servire solo come 'esercizio mentale' e chi, invece, forse inconsciamente, si rifà ai principi filosofici di Socrate e al suo “So di non sapere”.
Chissà... forse se anche nel mondo del calcio, come negli altri campi del vivere quotidiano, ci si rendesse più umili e affamati di lealtà, il respiro della società odierna sarebbe meno affannoso?!
Maria Vera Valastro – Agenzia Stampa Italia