Cinema. "Oops! Ho perso l'arca". Recensione.

(ASI) Mentre il Diluvio Universale incombe, due simpatici animaletti, molto improbabili per forma e colore, padre e figlio, tentano disperatamente di farsi imbarcare sull'Arca di Noè.

Ma l'impresa non sarà facile e i due dovranno affrontare mille peripezie per salvarsi dalla catastrofe. Il problema principale è che il loro nome non è presente sulla lista, preparata da Noè in persona. A dirigere le operazioni di salvataggio del mondo, un leone narcisista, egoista e superficiale, che applica il regolamento e non sente ragioni di sorta. Ma come? Sull'Arca non salivano tutti gli animali a due a due, a sette a sette? E com'è che questi due non li fanno salire? Il film, che si gioca proprio su questo particolare, conduce lentamente verso una profonda riflessione sul giudizio che ognuno di noi coltiva interiormente. Quando i due Nasocchioni vengono rifiutati dalla Commissione che presiede alla salita sull'Arca, dato che la loro razza non è presente sulla lista, è istintivo giudicare gli autori del film. Esplode la domanda dentro la nostra testa. "Ma vogliono criticare Dio? Vogliono insinuare che ha salvato a caso alcuni animali ed altri no?". Lo so esagero, ma sul serio i pensieri frullano, le domande rimbalzano. Tutte le difficoltà cui sono costretti i protagonisti sembrano confermare questo dubbio. L'amicizia sembra possibile solo tra esclusi, la solidarietà sincera solo tra chi non è potuto salire sulla scialuppa di salvataggio divina. Ci si sente addirittura in colpa per essere finiti nella teologia, dato che, all'arrivo del Diluvio, è tutto soltanto un susseguirsi di spericolate avventure per rimanere sopra il livello dell'acqua. Ma si dai! Si salveranno, riusciranno a salire sul barcone di straforo! Mica possono morire affogati i protagonisti. È come se Tex Willer morisse al numero 10. Ed infatti il finale sorprende e rimprovera chi ha dubitato. C'era un motivo per cui i poveri Nasocchioni non potevano salire e c'era una ragione per cui non risultavano sulla lista degli animali da salvare.
Semplicemente non ne avevano bisogno.
Pur essendo un film da bambini, la pellicola non è da sottovalutare, non fosse altro per il soggetto, l'idea che sorregge il film. Nella nostra vita ci sono ferite, sofferenze, paure che ci sembrano ingiuste, immotivate, capricciose, casuali e, soprattutto, senza senso. Ed in base a queste ferite ci muoviamo di conseguenza, ci agitiamo, ci ribelliamo, elaboriamo sistemi filosofici atti a procurarci una salvezza che non ci salverà. Non sappiamo concepire il male a fin di bene. Non siamo in grado di tollerare che da un dolore possa nascere un fiore. Non vogliamo credere di essere capaci di poter portare grandi dolori. La vita fa più paura della morte e ci appare inaccettabile che in quel rifiuto che ha colpito la nostra vita ci possa essere la salvezza nostra e magari, perché no, quella di altre persone. Il nostro problema è che abbiamo deciso che solo l'Arca ci salverà, e non ci fidiamo neppure di chi l'Arca ha detto di costruirla. Ma se Dio è nostro nemico, non abbiamo scampo comunque. Se Dio è nostro amico, perché non ci fidiamo di Lui? I Nasocchioni fanno proprio questa scoperta, con tanta paura e molta sorpresa.

Ilaria Delicati - Agenzia Stampa Italia

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