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Il cinema italiano nel mondo, “Terramatta”, il film protagonista a Los Angeles e in Australia

(ASI) Un vero e proprio “giro del mondo” quello che il film di Costanza Quatriglio sta facendo in questi ultimi tempi.  Sceneggiato e prodotto da Chiara Ottaviano per Cliomedia Officina in coproduzione con Cinecittà Luce, “Terramatta. Il Novecento Italiano di Vincenzo Rabito analfabeta sicilianoè stato proiettato a Los Angeles nell’ambito del festival “Cinema Italian Style”, promosso da Cinecittà Luce e American Cinematheque con il supporto dell’Istituto Italiano di Cultura e del Ministero per i Beni e le Attività culturali - Direzione generale per il Cinema.Dopo la prima mondiale al Festival del Cinema di Venezia lo scorso anno, e numerose proiezioni in Italia e all’estero, Terramatta è stato inserito nel nutrito programma allestito in occasione delle celebrazioni dell’Anno della Cultura italiana negli Stati Uniti che ha visto protagoniste le migliori voci del nostro panorama culturale in tutte le sue espressioni.

Ora, senza neanche una sosta, Terramatta, “un film che mancava nel nostro Paese smemorato” (Il Messaggero), si appresta a conquistare anche il pubblico australiano grazie ad una serie di proiezioni organizzate da Università, Istituti di Cultura e dall’ACIS (Australasian Centre for Italian Studies). “Sono molto felice per l’interesse e l’attenzione che continua a crescere intorno a  Terramatta sia in Italia sia all’estero a più di un anno dalla sua prima visione a Venezia”, ha dichiarato Chiara Ottaviano alla vigilia della partenza per l’Australia dove prenderà parte, oltre alle varie serate di presentazione del film,  al Congresso di Adelaide dell’ACIS, l’associazione che riunisce gli studiosi australiani e asiatici interessati alla storia e alla cultura italiana. “Coglierò questa occasione  anche per fare conoscere il nuovo progetto a cui tengo molto, l’Archivio degli Iblei, anch’esso ispirato dalla lettura di Rabito”. Con questo Archivio, Chiara Ottaviano intende valorizzare il patrimonio artistico e storico degli Iblei a cui si può collaborare attraverso il sito  www.archiviodegliiblei.it condividendo foto, documenti, ricordi affinché questo patrimonio abbia una visibilità oltre i confini nazionali.

Vincenzo Rabito, nato a Chiaromonte Gulfi (Ragusa) nel 1899, ha raccolto le sue “avventure” in 1027 pagine, perché “se all'uomo in questa vita non ci incontro aventure, non ave niente darracontare”. A dar vita al film, sono proprio le immagini di queste pagine, ben strette tra spirali d’acciaio e spago, come per timore che quelle parole “che hanno inventato una nuova lingua” avessero anche il potere, la forza di scappare via. Una sorta di Omero dei nostri giorni, Vincenzo Rabito, contadino, soldato, carpentiere ma soprattutto “scrittore”, visto che ha raccontato quasi un secolo di vita. Scrittore… che ha imparato a leggere sui libri di scuola della sorella, e poi l’opera dei Pupi e “il libro del Querino il Meschino”, e a 30 anni ha conquistato la licenza elementare “che mi ha parso un sogno”. Vincenzo Rabito è morto nel 1981 e le sue memorie sono diventate un sorprendente caso letterario, tanto da essere premiate nel 2000 al concorso diaristico nazionale di Pieve Santo Stefano e pubblicate nel 2007 da Einaudi.

Dal libro, è nato il film Terramatta che ha ottenuto diversi riconoscimenti, a partire dal Nastro d’Argento (assegnato dal Sindacato Nazionale Giornalisti Cinematografici Italiani, è il più antico premio cinematografico del mondo preceduto solo dall'Academy Award) come miglior documentario nel 2013. Alla 69^ Mostra del Cinema di Venezia ha vinto il Premio “Civitas Vitae”. E poi ancora, il “Film della critica”, l’Efebo d’argento, il “Premio Federico II”  e il “Premio Bufalino. L'enfant du paradis”. Riconoscimenti anche all’estero, definito “l’opera più personale, originale e ambiziosa”, al Festival del Cinema di Madrid ha ottenuto il Primo Premio nella sezione documentari.

 

E’ grazie a Giovanni Rabito, figlio di Vincenzo, che il manoscritto è diventato prima un libro e poi il film. Giovanni ha portato con sé, a Bologna, quelle pagine piene di parole e punteggiatura, scolpite nella carta con tutti i colori disponibili del nastro della Olivetti, per farle leggere, consapevole, forse, di essere al cospetto di un patrimonio di memorie da dover condividere. Vincenzo non ha mai chiesto che fine avessero fatto i suoi ricordi. Ed imperterrito, ha ricominciato a scrivere. La stessa, identica storia, le stesse identiche “cose che mi avevino incontrato in vita mia”.

Nel film, le parole di Rabito si trasformano in “immagini”, come a voler concretizzare quei ricordi resi immortali all’insaputa di tutti. Ricordi portati alla luce nel chiuso di una stanza, scanditi solo dal suono dei tasti dell’Olivetti. E a dare vita alle parole di Rabito, ad amplificarne le emozioni, il dolore e la felicità, la voce di Roberto Nobile. Di origini ragusane, Roberto Nobile è uno dei volti più apprezzati del nostro cinema (ha lavorato con registi come Pupi Avati, Tornatore, Nanni Moretti, Rob Marshall), del teatro e della televisione (La Piovra, Don Matteo,  Nero Wolfe e Una grande famiglia), è lui il giornalista Nicolò Zito, amico del Commissario Montalbano. Parola dopo parola, la voce di Roberto Nobile accompagna lo spettatore nel racconto “della bella vita che ho fatto. Il sottoscritto Vincenzo Rabito…”.

 

Il primo degli incontri in programma in Australia si svolgerà a Melbourne il prossimo 3 dicembre all’Istituto Italiano di cultura, seguiranno gli eventi del 4 e 5 dicembre ad Adelaide; ultima proiezione di Terramatta il 9 dicembre all’Istituto Italiano di Cultura a Sydney. Ad Adelaide numerosi i relatori che interverranno sul caso editoriale e cinematografico di Terramatta. Alle diverse presentazioni e al convegno di Adelaide, oltre a Chiara Ottaviano, saranno presenti anche Roberto Nobile, Luca Ricci, che con Evelina Santangelo ha curato l’edizione del volume Einaudi, e Giovanni Rabito, ultimo dei tre figli di Vincenzo. Alla proiezione di Sydney parteciperanno il senatore Francesco Giacobbe, eletto nella circoscrizione Estero, e la linguista Antonia Rubino, Capo del dipartimento di italianistica all’Università di Sydney.

 

Giovanna Chiarilli




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