Non è possibile che in un Paese civile la moratoria sia stata costantemente rinnovata ad altri comparti lasciando a circa 260 mila imprese 15 miliardi di liquidità a disposizione dell’ economia reale, senza includere le imprese agricole. E’ un fatto grave e immorale.
“Noi siamo stanchi - prosegue il coordinatore Fima - di essere la cenerentola dell’ economia nazionale, non possiamo piu’ tollerare questo grado di discriminazione che stà aumentando il disagio sociale in maniera esponenziale. Il nostro contributo alla società - aggiunge - ha un valore inestimabile in termini di tutela della salute e dell’ ambiente. Il Governo ci dica se vuole utilizzare la disponibilità che gli agricoltori offrono per la ripresa della crescita”.
A nulla è servita l’ esortazione del Governatore della Banca d’ Italia, Ignazio Visco, tesa ad evitare che le aziende possano entrare in asfissia creditizia, l’ ordine del giorno sulla moratoria dei debiti in agricoltura approvato di recente dal Parlamento e accolto dal Governo, e le richieste già avanzate dalle Regioni. “Quando assisteremo ad atti concreti del Governo? - sottolinea De Bonis - Dopo che le aziende avranno chiuso?! Dopo che la escalation di atti disperati avrà raggiunto il suo culmine?! Qui si rischia lo sterminio collettivo premeditato di un settore primario che è fonte di vita e che a cavallo degli ultimi due censimenti, ha visto già chiudere oltre un milione d’ imprese!”
Non è, dunque, un problema di risorse ma di volontà politica. Il Ministro Passera e il vice ministro Grilli che hanno sottoscritto l’ avviso comune sulla moratoria il 28 febbraio 2012, dovrebbero sapere che c’e’ un intero comparto che soffre tragicamente, pur offrendo cibi sani alla società italiana ma svalutati rispetto a 40 anni fa, per via di un furto continuo dovuto ai cartelli impuniti e alle vessazioni che hanno ridotto la capacità contributiva e stanno mettendo ulteriormente a repentaglio la vita fisica delle imprese e quella umana dei suoi imprenditori.
A Befera, ad esempio, chiediamo - come abbiamo fatto ai suoi collaboratori nelle varie assemblee tenute con gli agricoltori, in cui abbiamo chiarito che le responsabilità stavano in capo al Governo e non ai funzionari di Equitalia, e elaborato una serie di proposte migliorative, non ultimo la compensazione tra crediti e debiti - di sostenere con forza questi suggerimenti nei confronti del Governo e nel caso di chiusura da parte dell’ esecutivo di rassegnare coerentemente le proprie dimissioni dall’ ente di riscossione.
“Non siamo piu’ disponibili ad essere emarginati dalle scelte economiche del Paese, né a far compromettere la sovranità alimentare dell’ Italia e la salute dei consumatori. Noi, pertanto - conclude il rappresentante Fima - continueremo imperterriti con la nostra azione a tutelare gli agricoltori, e i consumatori, in ogni sede perché non vogliamo essere imprenditori di serie B, né continuare a sopportare la confusione tra agricoltura e agro-alimentare, che regna tra molti esponenti del Governo e che è espressione della vera antipolitica. Una parte delle ragioni per cui la “tenuta sociale del Paese è a rischio” va ricercata proprio in questo vuoto di politica agricola”.