(ASI) Se è vero che negli ultimi sei mesi è aumentata del 40% la richiesta da parte di medici specialisti, giovani ed esperti, e di infermieri italiani di andare a lavorare all’estero (soprattutto nei Paesi arabi, per i quali sono in partenza 500 professionisti, e poi in Svizzera, Francia e Inghilterra), è altrettanto appurata la crescita del 30% dell’arrivo di sanitari stranieri.
E meno male, sottolinea l’Associazione medici stranieri in Italia (Amsi), perché se gli immigrati per anni hanno frenato il crollo demografico, camici bianchi e infermieri stranieri da gennaio al 31 agosto hanno impedito la chiusura di 492 tra reparti (in maggioranza Pronto Soccorso ma anche Radiologie e Chirurgie) in ospedali pubblici e cliniche private, poliambulatori, studi di medici di famiglia e pediatri di libera scelta, laboratori analisi, centri di fisioterapia. Nel Veneto si sono salvati 83 dei servizi citati, grazie all’assunzione di 102 sanitari di altri Paesi.
I numeri del fenomeno.
Lo rivelano i vertici dell’Amsi: «La maggioranza di camici bianchi e infermieri provenienti dal resto del mondo è stata assunta in Sicilia, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Toscana e Calabria. I medici sono palestinesi, libanesi, siriani, giordani, israeliani, camerunensi, congolesi, nigeriani, albanesi, bulgari, romeni. Gli infermieri arrivano da Perù, Moldavia, Romania, Polonia, Bulgaria e Albania. Il Veneto negli ultimi cinque anni ci ha chiesto 2800 camici bianchi stranieri, contro i 3200 di cui ha bisogno la Lombardia e a fronte dei 10mila necessari a tutta l’Italia. Ed è anche una delle prime realtà, insieme a Sicilia e Sardegna, ad aver approvato la modalità straordinaria del riconoscimento dei titoli dei medici stranieri, che abbatte i tempi della loro immissione nel Sistema sanitario nazionale.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia