(ASI) Uno stillicidio di telefonate di imprenditori che lanciano tutti lo stesso grido accorato – “Così io chiudo!” – ed esprimono lo stesso stato d’animo di esasperazione, rabbia, ribellione. Di insofferenza verso la politica, che considerano non solo incapace di dare risposte ad una situazione di enorme difficoltà e di mettere in atto adeguate misure di spending review, ma anche colpevole di non ascoltare le loro richieste.
Alle prese con l’ingorgo fiscale del 16 dicembre, con bollettini e F24 arrivati a raffica nel giro di pochi giorni, i telefoni della Confcommercio dell’Umbria sono intasati dalla protesta degli imprenditori che denunciano l’insostenibilità della situazione. Entro lunedì, negozi, alberghi, capannoni, oltre che privati cittadini, dovranno prima di tutto versare l’Imu: con Perugia tra i capoluoghi di provincia che applica l’aliquota massima del 10,6 per mille, e la maggior parte degli altri Comuni che applica una aliquota superiore a quella standard del 7,6 per mille. Ad appesantire gli importi dovuti l’aumento della base imponibile e il fatto che la quota maggioritaria del gettito deve andare all’erario, per cui gli enti locali ovviamente hanno applicato l’Imu al rialzo, con aumenti dal 15% a salire su valori già elevatissimi. Ma il 16 c’è anche la scadenza del conguaglio Tares, che segue di poco l’arrivo della seconda rata: un’altra mazzata per le imprese, che tra l’altro il più delle volte sopportano i costi ulteriori della raccolta differenziata e in cassonetto conferiscono ben poco.
Gli imprenditori lamentano inoltre la mancanza di chiarezza, fin da inizio anno, sulle aliquote e gli importi dovuti, che cambiano invece continuamente: questo impedisce una programmazione adeguata delle politiche di prezzo applicate alla clientela. Ma l’emergenza fiscale non finisce certo a metà mese. Entro il 31 dicembre vanno onorate ben 28 scadenze contributive che comporteranno un esborso di almeno 76 miliardi di euro, come ha calcolato Cgia di Mestre: Iva, acconto Ires, acconto Irap, ritenute Irpef dei lavoratori dipendenti del settore privato e quelle riferite ai lavoratori autonomi, acconti Irpef le voci più pesanti.
“Già alcune settimane fa - sottolinea il presidente Confcommercio Umbria Aldo Amoni – abbiamo rivolto un appello ai sindaci umbri perché, in vista di questa valanga di adempimenti fiscali, fosse almeno rinviato al 2014 il conguaglio della Tares. Un appello inascoltato, con la giustificazione che altrimenti i bilanci degli enti locali non si reggono. E ai bilanci delle imprese, al fatto che non riescono più a pagare imposte, tasse, contributi Inps etc., ma fanno i salti mortali per pagare le tredicesime ai dipendenti, chiedendo anche prestiti in banca, chi ci pensa? Politica ed istituzioni stanno valutando adeguatamente il fatto che la nostra economia si sta impoverendo in maniera drammatica? Si sono accorti che ogni aumento dell’Iva, tanto per fare un esempio, invece che portare più risorse alle casse dello Stato ha fatto diminuire il gettito, perché si sono depressi ulteriormente i consumi? Si rendono conto che svuotando causa tasse le tasche dei cittadini proprio sotto Natale danno il colpo di grazia alla ripresa dei consumi e dunque a migliaia di aziende? Come associazione di categoria – aggiunge Amoni - ci impegnano ogni giorno a cercare e costruire prospettive per le imprese e a rappresentare la loro voce secondo le logiche di un corretto e civile confronto: ma oggi non nascondiamo che sempre più imprenditori sono così esasperati da considerare “la piazza” come ultima forma di protesta, perché non hanno più nulla da perdere, perché sono stanchi di vedere privilegi e sprechi che escono dalla porta rientrare dalla finestra, che non vengono garantite regole leali sul mercato. Per questo sollecitiamo la politica a non sottovalutare l’esasperazione e la rabbia crescenti, la distanza che si sta facendo abissale tra il paese reale e le istituzioni che lo dovrebbero rappresentare, ad impegnarsi per evitare una deriva che continuando così sarà sempre più incontrollabile. Secondo i dati Istat sui conti economici regionali, in termini di Pil, cioè di reddito pro capite, tra le regioni del Centro l’Umbria – con i suoi 23.316 euro - è attestata sia sotto la media territoriale che ben a distanza dalle regioni limitrofe Lazio (29.195 euro), Toscana (28.100 euro), Marche (25.601 euro).
A render ancora più negativo il quadro per la nostra regione la variazione percentuale del Pil tra il 2011 e il 2012: In Umbria è stata pari a -3,1%; a livello nazionale solo 5 regioni (Calabria, Sardegna, Valle d’Aosta, Basilicata e Sicilia) hanno fatto peggio. Beh, di fronte a questo scenario – conclude Amoni – crediamo che le istituzioni siano chiamate a fare scelte coraggiose, alternative, fuori dagli schemi, smettendo di “spingere” sull’acceleratore di tasse e tariffe come panacea di tutti i mali”.
Perugia, 13 dicembre 2013