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Il 2013 si apre con un nuovo caso di bullismo:  vittima una quattordicenne “bella, sportiva e … apparentemente serena!”

(ASI) L'ultimo grave caso di bullismo nel nostro Paese ha visto protagonista una ragazzina di quattordici anni, che  nella notte fra il 4 e il 5 gennaio, ha scelto di compiere un gesto estremo, lanciandosi dalla finestra dell' appartamento del padre, a Novara. Per Carolina Picchio non c'è stato nulla da fare;  un'altra giovane vittima di un fenomeno ormai dilagante ed ancora troppo sottovalutato: il bullismo.

Era bella,sportiva e, apparentemente serena Carolina, ma cosa celava nella propria interiorità? Un malessere profondo che, spesso, gli adolescenti fanno fatica ad esternare e che gran parte degli adulti non riescono a percepire.

Nei social network si legge “che gesto orribile hai dovuto fare per colpa della cattiveria della gente … dovevi fregartene, pensare a te stessa e non a quello che dicono gli altri …” Ma in cosa consiste “la cattiveria della gente” e … chi sono “gli altri”??

L'aspetto sottovalutato che noi vogliamo mettere in luce è che  le vittime di questo fenomeno non  sono solo coloro che lo subiscono ma anche quanti se ne rendono artefici, perché sono loro i veri 'deboli'!! Cosa può spingere un giovane ad emarginare un proprio compagno, a ricoprirlo di insulti, ad esercitare violenza psicologica e fisica? Alla base di certi comportamenti vi è sicuramente una profonda insicurezza e un senso di abbandono che porta a sviluppare spirito di sopravvivenza e di sopraffazione. La mancanza di un sorriso, di una carezza, di una pacca sulla spalla e la perdita di punti di riferimento all'interno di una società sempre meno attenta ai bisogni dei giovani sono la causa di fenomeni dilaganti come il bullismo.

Molti ragazzi, non riuscendo ad emergere e a primeggiare in altro modo, si mettono in evidenza con atti di sopraffazione, convinti così di guadagnarsi 'la gloria' e la stima dei propri compagni all'interno di una società in cui vige la 'legge del più forte'! Ciò che scatta nella testa del bullo è dettato dal desiderio di trasgressione e di fuga dalla noia e dall'esigenza di raggiungere un piacere che si rivelerà effimero.

Le responsabilità non vanno ricercate solo all'interno delle famiglie ma anche nella scuola: gli insegnanti dovrebbero essere i primi a denunciare certi episodi, ma per arrivare a questo è necessario che  si riapproprino del loro ruolo e che, nelle strutture scolastiche, venga inserita la figura del pedagogista. Una figura professionale sulla quale la società dovrebbe puntare molto, considerandone la predisposizione all'ascolto e alla comprensione dei ragazzi e la capacità, attraverso il dialogo e la riflessione, di rafforzarne la personalità. E' fondamentale per l' adolescente comprendere che le prese in giro e la cattiveria gratuita di certi compagni sono spesso frutto dell'invidia, dell'insicurezza, dei vuoti interiori, del senso di inferiorità e delle carenze affettive che li riguardano e che sono proprio i bulli i primi ad aver bisogno di aiuto e di comprensione.

Ma facciamo un passo indietro per capire meglio come nasce il concetto di bullismo: fu un gruppo di psicologi sociali svedesi, sotto la guida di Dan Olweus, ad aver studiato scientificamente il fenomeno alla fine degli anni Settanta. Ma cosa contraddistingue il 'bullo'?? Il femomeno presenta caratteristiche ben precise: vi è sempre un atteggiamento di prepotenza ai danni di una vittima indifesa o considerata più debole, vi è l'intenzionalità di fare del male e la tendenza da parte del bullo ad avere l'appoggio del gruppo per sentirsi più forte.

Sulle modalità di intervento e sulle strategie da adottare all'interno delle strutture scolastiche si è a lungo dibattuto, soffermandosi sull'importanza del concetto di prevenzione di certi fenomeni.

Secondo la direttiva ministeriale  n. 16 del 5 febbraio 2007 l' obiettivo principale è “la valorizzazione della persona, la crescita e lo sviluppo educativo, cognitivo e sociale di ogni singolo discente mediante percorsi di apprendimento individualizzati e interconnessi con la realtà sociale del territorio, la cooperazione, la promozione della cultura della legalità e del benessere dei bambini e degli adolescenti.”

Va ribadito che è necessario valorizzare le competenze pedagogiche dell'educatore in ambito scolastico, favorendo la comunicazione e l'interazione all'interno della classe, così da far emergere eventuali problematiche di relazione e conflitti latenti. Anche ai genitori è richiesta 'una presa di coscienza' delle responsabilità educative al fine di arginare il rischio di fallimento; affinché si sviluppi un progetto educativo e vi sia una prospettiva di crescita, infatti, è fondamentale restituire una buona dose di autorevolezza sia al ruolo di genitore che a quello di insegnante. Il compito più importante della scuola rimane quello di sconfiggere l'omologazione educando i ragazzi al pensiero critico e alla curiosità intellettuale e insegnando loro ad esporre le proprie ragioni e le proprie idee senza il timore di essere giudicati dai compagni. Il giudizio non va rifuggito ma va ricercato!! E' proprio la consapevolezza di essere “unici” e, pertanto, diversi da chi ci sta intorno a fornire le basi per l'evoluzione dell'umanità e per una sana crescita individuale.

 

Maria Vera Valastro – Agenzia Stampa Italia

 

 
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