(ASI) Secondo gli attivisti e dimostranti siriani, sono 112 le persone uccise durante le manifestazioni di ieri dalle forze di sicurezza: oggi a Damasco, durante i funerali delle vittime dei cortei dei giorni scorsi, sono state uccise altre tre persone a colpi d'arma da fuoco. Per gli attivisti le perdite umane, negli scontri cominciati lo scorso 18 marzo, sarebbero 381.
Intanto a schierarsi con i rivoltosi è il presidente USA Obama che ha invitato il governo siriano a porre fine alle violenze concedendo le riforme promesse. "Gli Stati Uniti condannano nella maniera più forte possibile l'uso della forza contro i dimostranti da parte del governo siriano- afferma Obama in una nota diffusa dalla Casa Bianca aggiungendo - abbiamo ripetutamente incoraggiato Assad e il suo governo a portare avanti un programma di riforme. Ma sinora hanno rifiutato di rispettare i diritti del popolo siriano ed essere all'altezza delle sue aspirazioni. Continueremo a opporci a questo governo e alla sua azione destabilizzante, incluso l'appoggio al terrorismo. Il nostro Paese continuerà ad appoggiare la democrazia e gli universali diritti dell'uomo, in Siria come nel resto del mondo".
Anche la Francia ha lanciato un appello rivolto al governo di Damasco affinché venga sospeso l'uso della forza contro i cittadini. "Chiediamo ancora una volta di avviare immediatamente il dialogo politico e di attuare le riforme che soddisfino le esigenze del popolo siriano- si legge in un comunicato diffuso dal Ministero degli Esteri francese- La revoca dello stato di emergenza deve tradotta in realtà".
La dura situazione in Siria e gli appelli lanciati dalle potenze occidentali in favore della democrazia fanno aprire profonde riflessioni sul futuro e la stabilità del Paese medio-orientale: alla luce di quanto sta accadendo in Libia o come è già successo in altri paesi, speriamo che i messaggi di democrazia non si tramutino in bombe ed interventi militari eseguiti in nome della pace.