Da qualche settimana era ricoverato a causa di un ictus
(ASI) Israele - Si è spento nella notte, dopo due settimane di terapia intensiva e sessant'anni di protagonismo politico, in Israele, come nel mondo.
Colpito da un ictus, l'ex presidente e Nobel per la pace nel 1994 dopo gli accordi di Oslo del '93 è stato uno dei massimi protagonisti della storia contemporanea del secolo scorso, soprattutto in relazione al lunghissimo processo di pace fra Israele e Palestina che ancora non ha visto la luce.
Shimon Peres non era un politico israeliano qualunque e lo si capisce da come i potenti del mondo lo ricordino oggi.
Un visionario umanista, sia idealista che realista. Per anni aveva tessuto i rapporti con le altre forze politiche israeliane, con la destra e con la sinistra che lo avevano in parte disprezzato per gli accordi di pace, a cui certamente l'autore era sopravvissuto, a differenza dell'amico Yitzhak Rabin, rischiando un omicidio politico ma mantenendo i rapporti con i suoi nemici.
Se nel '93 ad Oslo era stato interlocutore fermo ma intelligente, riconoscendo la Palestina solo se il mondo arabo avesse definitivamente riconosciuto l'esistenza di Israele, dall'altra parte quando Barack Obama pensava di promuovere un altro accordo di pace, la Fratellanza Musulmana di Mohamed Morsi riconosceva in lui l'unico leader con cui poter negoziare.
Peres non era stato un militare, cosa che i vertici israeliani gli biasimarono sempre, ma grazie ai suoi due maestri, il fondatore del laburismo sionista Berl Katznelson e David Ben Gurion, seppe integrarsi pienamente in una politica senza preconcetti, articolando i rapporti di Israele con il mondo, il più delle volte avverso.
Primo Ministro tra il 1984 e il 1986, leader dei ministeri della Difesa, delle Finanze e degli Esteri, Presidente tra il 2007 e il 2014, epiche sono alcune delle sue indimenticabili citazioni.
"Si può vivere piccoli come il proprio ego o grandi come la propria idea. Io ho scelto l'idea." oppure "Dio non è una carta di credito", in riferimento alla strumentalizzazione della religione.
Significativi alcuni suoi riferimenti alla crisi migratoria del Mar Mediterraneo per sensibilizzare l'opinione pubblica mentre significativa è una metafora sulla sua capitale. "Gerusalemme non è una città, è una fiamma. Come si può dividere una fiamma?".
Per le sue posizioni poco conformiste, ma molto acute, era venerato all'estero e meno amato in patria, come molti profeti visionari della storia. Non ha mai riportato una vittoria alle urne, eppure non è mai stato uno sconfitto.
Nonostante l'opposizione di Rabin, molti coloni in Cisgiordania devono a lui la loro esistenza. Fu duro con l'Iran e irreprensibile su Hamas. Fino ai suoi 93 anni non perse la verve politica, magari poco diplomatica, anche nel mandare a quel paese il turco Recep Tayyip Erdogan, preferito molte volte a lui dalla Casa Bianca come interlocutore.
In breve, al servizio costante del suo Paese per ottenere fino alla fine quella la pace, che, come spesso raccontava, poteva essere difficile da raggiungere "quanto togliere il sale dal mare".
Lorenzo Nicolao - Agenzia Stampa Italia