E’ l’ennesima pugnalata che il popolo greco subisce dopo le cure al veleno che la Troika ha somministrato negli ultimi anni, con l’insensata giustificazione del “dovere verso l’Europa” e del rispetto dei criteri di convergenza. Mentre in Germania la Merkel festeggia per il recente risultato elettorale e si appresta a fare il largo governo all’italiana, parte dell’Eurozona rappresentata dall’acronimo PIIGS (Portogallo ,Italia, Irlanda, Grecia e Spagna) è diventata una terra bruciata da saccheggiare tramite le privatizzazioni previste dalle varie ricette economiche del Fmi, Bce e Commissione Europea. Nel frattempo, mentre si registra un tasso di disoccupazione del 27% ,in Grecia proseguono le proteste del pubblico impiego per la decisione del governo di mettere in mobilità 20000 impiegati statali entro la fine dell’anno.
Nel mese di Giugno il Wall Street Journal aveva pubblicato un documento del Fmi di natura “strettamente confidenziale” in cui venivano ammesse le sue colpe nell’aver sottovalutato i danni che le misure di austerità avrebbero provocato con i piani di salvataggio. Una sottovalutazione volontariamente studiata a tavolino che ha ridotto il popolo ellenico alla fame per i prossimi decenni. Ciò che è stato imposto al Senato accademico di Atene rientra nella scelta più generale, adottata dal governo di Antoni Samaras, di compressione salariale, che nell’economia ellenica si è tradotta in una perdita di competitività nei settori ad alta tecnologia e nella parallela crescita del peso delle industrie ed attività a basso tasso tecnologico. Ciò significa che molto probabilmente i minori investimenti in Ricerca e Sviluppo e il minor peso del lavoro qualificato andranno a minare la già ridotta capacità di crescita del Paese nel futuro. L’Ateneo di Atene si dice pronto a fare ricorso ai giudici nazionali o comunitari per difendere il diritto allo studio e all’istruzione, di fatto sancito anche nell’art. 14 della Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, che dopo il trattato di Lisbona del 2007 ha assunto valore giuridico dei trattati. Qui l’inghippo sta nel fatto che questa Carta, che molti hanno elogiato, rappresenta soltanto un insieme di enunciazioni di diritti da tutelare, che però sono espressi nello stesso modo di una lista della spesa, in quanto non vi sono dei principi costituzionali supremi con i quali poterli bilanciare (a differenza ad esempio della Costituzione Italiana), e di fatto vengono schiacciati dalle prescrizioni di libertà economica del Trattato stesso.
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