Oggi restano pochi giacimenti ancora utilizzabili ed è necessario pompare grosse quantità di acqua nei fori di trivellazione per portare il petrolio in superficie. Le trivelle devono penetrare strati di roccia sempre più profondi, usando tecnologie avanzate e costose. Inoltre si cerca di sfruttare altri giacimenti presenti ad esempio negli oceani e si sta vagliando la possibilità di estrarre la materia prima dalla sabbia bitumosa, con dispendio di acqua. Tutto questo costa molto denaro. In una stima del 2000 sono stati utilizzati circa 75 milioni di barili da 159 litri al giorno, nel 2020 saranno oltre 104 milioni al giorno. Bruciando petrolio si produce biossido di carbonio, che è il responsabile principale del riscaldamento del Pianeta. Il 60& dell’effetto serra che si provoca è dovuto all’uso di combustibili fossili come il carbone, il metano. Gli esperti climatici delle Nazioni Unite sostengono che, per evitare drastici cambiamenti climatici e preservare la salute del pianeta, i consumi dovrebbero essere ridotti di un quarto di quelli attuali. Solo parole, la realtà è ben diversa. Le conseguenze dei cambiamenti climatici si sono già fatte sentire, soprattutto nelle regioni più povere della Terra: uragani, desertificazione, alluvioni che distruggono spazi vitali di milioni di persone e malattie come la malaria si diffondono sempre più a causa delle mutate condizioni ambientali. Nonostante tutto questo, coloro che traggono profitto dal commercio del petrolio, case automobilistiche, case petrolifere, compagnie aeree, non fanno nulla per limitare l’impatto ambientale, al contrario invece: le grandi lobby mondiali continuano a pagare esperti per distorcere la realtà dei fatti all’opinione pubblica e negare come se niente fosse la loro responsabilità sui cambiamenti climatici. Queste lobby esercitano poi grandi pressioni sui governi, complici di questo malaffare, affinchè non venga emanata alcuna legge che abbia come effetto una riduzione dei consumi di carburante. In compenso vengono costruite nuove strade e le aziende in questione vengono sovvenzionate con soldi delle nostre tasse. Le compagnie petrolifere si spingono in aree ecologicamente sensibili distruggendo l’habitat di quel determinato posto. Spesso come accennato, corrompono governi, e anche eserciti scatenando guerre civili.
In Nigeria, la Shelle, insieme con altre compagnie come la ExxonMobil, la Total e la Eni, sfrutta da decenni ormai i giacimenti petroliferi del delta del Niger, regione un tempo fiorente e fertile, dove le persone del posto potevano vivere di agricoltura e di pesca. Questo habitat è stato completamente distrutto , poiché, in Nigeria le compagnie agiscono senza alcun riguardo per gli standard ambientali. Per le imprese è conveniente e il governo è complice di questo stato di cose. Il fatturato annuo della Shell è quasi il triplo del bilancio nazionale della Nigeria e questo porta la multinazionale ad avere un inaudito potere economico, che la compagnia utilizza per avere la complicità del governo. La corruzione però implica sempre due soggetti in causa: corrotti e corruttori. In quest’ultima categoria rientrano i gruppi industriali internazionali, che in Africa ottengono condizioni favorevoli per i loro affari. Per molti anni in Nigeria la Shell e socie hanno sostenuto le dittature militari al potere. Nel novembre del 1995 ad esempio, l’attivista nigeriano Ken Saro-Wiwa è stato assassinato dal regime militare.
Aveva protestato contro la distruzione, ad opera delle compagnie petrolifere, dell’ambiente che garantiva la sopravvivenza del suo popolo, gli Oconi. La famiglia di Ken Saro-Wiwa ritiene la Shell responsabile dell’omicidio. La Nigeria oggi è il maggior produttore africano di petrolio, eppure il 66% della sua popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Sebbene negli ultimi 25 anni il petrolio abbia fruttato al Paese oltre 300 miliardi di dollari. Il reddito pro-capite è inferiore al dollaro al giorno. C’è da dire anche che il 16% dei costi di estrazione sono a carico dello Stato, mentre le lobby governative e militari si arricchiscono. Per tutelare gli interessi delle multinazionali, ancora oggi l’esercito reprime con violenza ogni tentativo di protesta contro lo sfruttamento. In Angola, Gabon, Ciad, Sudan, Camerun, Russia, Kazakistan, Birmania, Colombia, Indonesia e nelle aree dell’Amazzonia, le multinazionali del petrolio collaborano con uomini corrotti. Lasciano che a proteggere i loro impianti siano le forze militari. Il tutto per arrivare al prezioso oro nero. L’industria del petrolio alimenta crisi e conflitti mondiali, come nelle regioni arabe del Golfo, Iraq per fare un esempio, dove si trova la maggior parte delle risorse di petrolio. La guerra per l’oro nero ha mietuto migliaia e migliaia di vittime innocenti.
Davide Caluppi -Agenzia Stampa Italia
Fonte: www.greenpeace.org
www.wwf.it
“Il libro delle multinazionali” di Klaus Werner Lobo