(ASI) Finora abbiamo sottolineato come spesso coloro che sono campioni in campo, lo sono anche fuori, ma come sempre c’ è l’eccezione che conferma la regola. Nella fattispecie l’ eccezione è rappresentata da John Terry.
John Terry è il capitano che tutti vorrebbero avere e l’ amico che nessuno vorrebbe avere, è esempio di fedeltà nello sport e di infedeltà nei rapporti umani, insomma è allo stesso tempo il buono, il brutto e il cattivo.
TERRY IN CAMPO
John Terry nasce a Londra il 7 dicembre 1980, a sua carriera la inizia in tenera età vestendo la maglia del West Ham indotto dal padre Ted (tifoso degli hammers), ma per lui il destino aveva prestabilito un altro percorso ed all’ età di 14 anni, il Chelsea lo chiama per un provino, sarà amore aprima vista. Già perché quel ragazzino incarnava alla perfezione lo spirito britannico: origini umili, cattiveria agonistica, grande spirito di sacrificio e quel pizzico di spacconeria necessaria per emergere. Dopo 4 anni di giovanili Gianluca Vialli, che a fine anni 90 sedeva sulla panchina dei blues lo nota e prima lo fa esordire in coppa di lega contro l’Aston Villa, poi in campionato contro il Southampton, infine in Coppa delle Coppe contro il Valerenga. Al termine di quella stagione saranno 9 le presenze complessive. Nella stagione dopo arriva Claudio Ranieri, che gli concede altre 9 presenze, ma lo ritiene ancora acerbo e lo spedisce in prestito al Nottingham Forrest a farsi le ossa. La stagione dopo John, rientrato dal prestito, viene ritenuto pronto per una maglia da titolare e al fianco di Desally disputa una stagione meravigliosa, vince il premio di miglior giocatore dell’ anno del Chelsea e segna il suo primo gol (nel derby con l’Arsenal conclusosi 1-1). Il 5 dicembre 2001 la sua personalità induce Ranieri a farlo capitano per la prima volta data l’ assenza di Desally, in quella stagione disputa 49 partite condite da 4 reti. Dopo altre 2 stagioni da titolare, nelle quali ottiene una finale di Fa cup (persa con l’Arsenal), nell’ estate del 2004 il suo Chelsea viene acquistato da un magnate russo, tale Roman Abramovich. Abramovich porta una ventata di freschezza non pone limite di budget alla dirigenza, a “Stamford Bridge” arrivano giocatori del calibro di Lampard, Mutu, Crespo, Joe Cole, Duff e Robben, il primo anno e Drogba ed Ashley Cole quello successivo. Ranieri viene inizialmente confermato ottenendo un secondo posto in Premier e la semifinale di Champions. Roman però dei secondi posti e dei buoni risultati non se ne fa nulla, lui vuole vincere e per farlo porta a Londra un giovane tecnico portoghese reduce dalla vittoria della Champions league col Porto, tale Jose Mourinho. Complice il ritiro di Marcel Desally, J.T. divenne capitano dei blues nel 2004-05, col Chelsea che con lo “special one” in panchina vince subito la Premier (secondo titolo, 50 anni dopo il primo); Terry in quella stagione scende in campo 53 realizzando 8 reti e vince di nuovo il riconoscimento di miglior giocatore del Chelsea nonché quello di miglior difensore della Champions League. Nella 2 stagioni successiviearriveranno 1Community shield, la seconda Premier consecutiva, 1 FA Cup ed 1 coppa di lega, col capitano sempre grande protagonista nonostante un paio di infortuni piuttosto seri.
A metà della stagione 2008-09 Jose Mourinho rassegna le proprie dimissioni per screzi con la dirigenza e la squadra viene affidata ad Avram Grant. Il Chelsea con l’ israeliano fa fatica in campionato, ma in quella che si preannunciava come una stagione di transizione, i blues conquistarono sorprendentemente l’ accesso alla finale di Champions League contro il Manchester United. Dopo che sia i 90 minuti che i supplementari si erano conclusi sul punteggio di 1-1, la finale si decide ai calci di rigore, quelli del Chelsea segnano tutti, mentre per i red devils Cristiano Ronaldo sbaglia; la trasformazione del quinto e decisivo rigore tocca proprio a John, capitano e anima dei blues, per un finale che sembrava scritto dal destino. A volte però il destino è beffardo e tira brutti scherzi, già perché Terry quel rigore lo sbaglia maldestramente, scivolando al momento della battuta e quella Champions alla fine la vince lo United. Nonostante l’ errore i suoi compagni presero le sue difese e fu proprio dopo quella partita che gli attribuirono il soprannome di “Mister Chelsea”, a testimonianza di come tutti ne riconoscessero la leadership. Nella stagione la squadra venne affidata a Scolari, ma sotto la guida del brasiliano i risultati furono negativi e a gennaio subentrò Guus Hiddink, che solo a causa di un gol di Iniesta al 93’ non riuscì ad ottenere la finale di Champions.
(Fine prima parte, segue)
Alessandro Antoniacci - Agenzia Stampa Italia
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