(ASI) Perugia. Non è stata  una semplice sconfitta per il Perugia. Piuttosto, una specie di disfatta su tutti i fronti. Davanti c’era, si, la squadra più in forma della categoria, imbattuta da nove turni, piena di grandi nomi, tatticamente perfetta. Ma il Perugia non ha saputo opporre quelle che sono state le sue armi migliori da quando Cosmi è tornato in panchina: determinazione feroce e entusiasmo.

Se si considera che lo Spezia non ha commesso neppure un errore e ha saputo applicare alla perfezione quello che aveva preparato sul piano tattico, si capisce la differenza che si è evidenziata in campo per tutta la partita. Italiano ha impostato un pressing alto e organizzatissimo per impedire al Perugia gli sfondamenti sulle fasce e le penetrazioni in area. Ragusa e Gyasi hanno costretto a sinistra il duo Falasco- Nicolussi e a destra la coppia Mazzocchi-Falzerano a guardarsi le spalle, sminandone il potenziale offensivo. Gioco riuscito, perché il Perugia non ci si è raccapezzato e ogni volta che provava a uscire dal guscio era indotto all’errore. Così, lo Spezia ha potuto guadagnare metri ad ogni break vinto, alimentando con continuità la propria manovra e, dai e ridai, ci è scappato l’episodio del primo rigore che ha indirizzato la partita. Mancavano quattro minuti alla fine del primo tempo e, chissà, se il Perugia, che fin li aveva subito nel gioco senza però rischiare nulla,  fosse riuscito a chiuderlo sullo 0-0, magari la ripresa avrebbe potuto dire qualcosa di diverso. Invece, il gol ha sancito una superiorità netta e messo a nudo uno dei problemi strutturali del Perugia di quest’anno, tramandato da Oddo a Cosmi: la fragilità mentale dei grifoni di fronte alla prima avversità. Il Perugia ha si tentato una reazione più nervosa che altro nei primi minuti della ripresa, ma lo Spezia ha continuato a tenere il pallino del gioco e il gol del 2-0 ha definitivamente chiuso le saracinesche della partita. Il 3-0, anch’esso su rigore, ha solo messo il sigillo dell’ufficialità sulla pratica. Troppa la differenza in campo, con lo Spezia macchina perfetta e il Perugia incapace spesso e volentieri di fare due passaggi di fila e di uscire dalla propria metà campo in maniera lineare. È mancato tutto ai grifoni, a  partire dalla voglia di crederci. E, se la chiave della partita è stata anzitutto quella tattica, è indubbio che son venuti, o meglio tornati, al pettine anche altri punti dolenti, come ad esempio  la mancanza di fisicità del centrocampo perugino, spesso perdente nei contrasti e sulle seconde palle. Negative anche le prove di Greco e Rajkovic, due degli acquisti del mercato invernale, anche se non sono stati certo  aiutati dalla prestazione dei compagni. E se su Greco persistono dubbi se sia lui il giocatore di cui il Perugia aveva bisogno in mezzo al campo, per il difensore sarà solo questione di tempo perché possa dare il suo contributo di qualità alla squadra. Però, aldilà dei singoli, va in archivio un sabato da incubo per il Grifo. Quella che doveva essere la partita del decollo si è trasformata in una manifestazione di impotenza e inferiorità chiarissime davanti ad un avversario apparso lontano anni luce per forza tattica e lucidità mentale. A voler cristallizzare l’analisi su quel che si è visto oggi, sembrerebbe che, se questi sono gli avversari per la corsa alla serie A, sembrerebbe che  il  Perugia non possa  nutrire troppe speranze. Ma il calcio, si sa, è materia non scientifica e  tanto meno lo è la serie B. Lo Spezia che oggi ha impressionato e, se si dovesse scommettere, sarebbe la principale candidata alla promozione dopo il Benevento, due mesi fa era in zona play out. Dunque, restano immutate le possibilità del Perugia di giocarsela. A condizione, però, che il lavoro di Cosmi soprattutto sulle teste dei grifoni, che sarà sicuramente certosino e asfissiante, venga recepito. 

Daniele Orlandi-Agenzia Stampa Italia

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