(ASI) Perugia. Apre il concerto Pedro Martins.
Si tratta di un giovane talento brasiliano (classe 1993), accreditato di numerose collaborazioni, anche con mostri sacri del suo paese, già vincitore di un importante (Montreux Guitar Competition), che ha deciso di presentarsi con sola voce e chitarra elettrica
Due caratteristiche emergono già ad un primo ascolto, e cioè un notevole virtuosismo chitarristico, che risente della propria tradizione musicale ma anche del jazz più recente (un nome tra tutti: Pat Metheny), e una voce particolarmente garbata, con la quale riesce ad ammaliare il pubblico.
Garbo, gentilezza, modo di porgere, doti spesso presenti nella musica brasiliana, che Pedro Martins conferma con innegabile originalità.
Stasera, oltre al repertorio del giorno prima (ieri ha aperto Hancock), si presenta, in un solo brano, con una giovane cantante brasiliana.
Quaranta minuti di buona musica, e certo un arrivederci.
Dopo un intervallo con un cortometraggio, dedicato al Trasimeno e a Gabriele Mirabassi (quest’anno funziona così, una città e un musicista che si incontrano, e ci piace), arriva Diana Krall.
Donna di successo, di indubbia bellezza e fascino, voce e pianoforte, mogie di Elvis Costello, si presenta con una band di tutto rispetto (chitarra Anthony Wilson, batteria Karriem Riggins, contrabbasso Robert Hurst), nella quale spicca, a mio giudizio, il contrabbasso.
Undici canzoni, oltre al bis, tra le quali spiccano I’ve got you under my skin (Cole Porter), Quiet nights of quiet stars (meglio noto come Corcovado, di Antonio Carlos Jobim), capolavoro della bossanova, Cheek to cheek (Irving Berlin), capolavoro del musical anni ’30, nonché nel bis How deep is the ocean?. Canzoni bellissime, reinterpretate per la voce e il piano della Krall.
Canzoni che lei interpreta con voce graffiante, sensuale, spesso sottile, che certo contribuisce a creare un'atmosfera, anche perché si tratta di canzoni spesso famose, che altri hanno interpretato in maniera radicalmente diversa (tra tutti Sinatra).
Un concerto di canzoni, forse da piano bar, anche se gli inserti strumentali sono di spessore.
Bello, ma potrebbe essere più coinvolgente, forse anche perché uno stadio non aiuta a creare intimità con il pubblico.
Carlo Ambrogi.