(ASI) Mosca - Muore, all’eta di 91 anni Michail Sergeevič Gorbačëv, l’ultimo Segretario del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, ruolo svolto dal 1985 al 1991. Nato il 2 marzo del 1931 in una famiglia di agricoltori a Privol’noe, a lasciarci é il politico che tentò in extremis di riformare un sistema sovietico morente.
Lo fece però con una apertura di tale portata pregna di proposte e iniziative che spiazzò l’Occidente, così tanto, che i leader occidentali divennero incredibilmente suoi presunti fan. Su di lui fiumi d’inchiostro sono stati versati da illustri studiosi e analisti, confluendo in studi che ne hanno ampliato luci e ombre sul suo operato. Quando la mattina del 25 dicembre 1991 Michail Sergeevič si presentò in diretta televisiva annunciando al suo paese e al mondo le proprie dimissioni, la bandiera rossa ammainata si porto dietro quel che restava dell’URSS; un processo di sgretolamento che però veniva dal passato. Si perché é dalla morte di Konstantin Černenko che Michail Gorbačëv (all'età di 54 anni), sin dalla sua elezione a Segretario Generale del PCUS l'11 marzo 1985, aveva valutato la necessità di riformare il Paese e un socialismo morente, salvandone l’essenza umanista, pacifista, democratica e, su questa illusione, aveva concesso una graduale libertà di espressione, d’impresa e di organizzazione politica. Non comprese però il peso della sua scelta e di quella libertà improvvisa, che non poteva essere somministrata interamente, non a caso in cina Deng Xiaoping si era fatto promotore di una transizione lenta dall’economia pianificata a quella di libero mercato, riducendo il peso dell’ideologia nelle scelte economiche.
Ecco che in Russia a Michail Gorbačëv lo ricordano come l’uomo della disfatta, colui che con le sue ricette economiche e sociali di perestrojka (ristrutturazione) e glasnost (trasparenza) portarono al mattatoio l’animale sofferente. Dopo di lui, anni di miseria, corruzione, estorsione e violenza. Anni in cui crebbe la malavita organizzata, il mercato nero e dove la speranza di vita crollò ai minimi storici, con una diffusione della droga e vette sull’alcolismo mai raggiunte negli anni precedenti dall’URSS. Circolava la convinzione che la transizione al libero mercato avrebbe portato con sé la democrazia. Utopia. La transizione economica non si è mai davvero compiuta, anzi con essa è fallita la transizione politica, inghiottendo il paese e gettando le basi per il revanchismo putinista. Quindi potremmo affermare che Putin è un prodotto di Gorbačëv? Anche, melior de cinere surgo. Perché dalle macerie del progetto fallimentare di Gorbačëv sono nati i progetti per il rilancio del regime putiniano, che ha costruito la propria legittimità sulla promessa, in parte mantenuta, di superare le difficoltà economiche degli anni Novanta e di garantire stabilità e progressiva crescita al paese.
In Occidente, Michail Gorbačëv è l’uomo che mise fine alla Guerra Fredda insignito con il Nobel per la Pace nel 1990. Dietro a questa immagine positiva si celano però scelte discutibili, come l’incoraggiamento al nazionalismo nel Caucaso, il ritardo con cui rese noto il disastro di Cernobyl’ e l’invio di mezzi blindati a Vilnius per reprimere l’indipendentismo lituano.
Non possiamo negare a Gorbačëv che fu il primo a comprendere la necessità di trasformare quel gulag a cielo aperto che era l’URSS e che delle riforme andavano fatte, in virtù del tremendo degrado politico, economico, sociale e tecnologico del paese.
L’URSS era un paese di sudditi cui era negata la libera informazione, la coscienza individuale, il possesso di un appartamento, un semplice viaggio all’estero. Tutte le informazioni dall’Occidente venivano rivedute e corrette e i libri erano controllati, tanto che per fotocopiarli era necessario un nullaosta.
Gorbačëv ha saputo trovare i problemi, ma, spiace dirlo, non a risolverli. Si é assunto il compito storico per essere l’uomo del cambiamento, ma le trasformazioni prodotte condannarono la Russia e i suoi paesi satelliti al disastro. Quell’URSS capofila di un nuovo “socialismo dal volto umano” é il suo peccato originale, perché senza volerlo é riuscito ad associare al proprio fallimento quello del socialismo, confermando la vulgata liberista secondo cui non nessuna riforma é possibile poiché il socialismo é sinonimo di rovina, repressione, inefficienza, disgregazione e omologazione. Quella di Gorbačëv è la fine di un’idea, di una possibilità di “pensare” in alternativa ai dogmi del liberismo. Possiamo commemorare l’uomo ma non il suo lavoro politico.
Emilio Cassese - Agenzia Stampa Italia
Fonte: Series: Reagan White House Photographs, 1/20/1981 - 1/20/1989Collection: White House Photographic Collection, 1/20/1981 - 1/20/1989, Public domain, via Wikimedia Commons