(ASI) Le mutilazioni genitali femminili (Mgf) rappresentano una pratica violenta ed illegale che compromette fortemente la salute psichica e fisica di chi la subisce. Si stima che nel mondo siano circa 200 milioni le donne e le bambine che hanno subito e convivono con una mutilazione genitale.
Entro il 2030, se non si attueranno strategie di contrasto e di educazione, si prevede che saranno 68 milioni le donne e le bambine a rischio. Ogni anno nel mondo sono 3 milioni le bambine a rischio, e la società civile non può stare a guardare: il 20 dicembre 2012 l'Assemblea generale delle Nazioni Unite ha infatti approvato la risoluzione sulla messa al bando universale delle mutilazioni genitali femminili. Queste sono vietate praticamente in tutto il mondo, Italia compresa.
È già noto che la mutilazione genitale femminile è una pratica arcaica che non aiuta la società, anzi, alimenta sempre di più alle disuguaglianze di genere. È veramente preoccupante vedere i dati segnalati dalle organizzazioni non governative, dalle autorità governative come ad esempio Unione Europea e dalle associazioni di origine straniera. Non si può abbandonare queste bambine che subiscono gratuitamente una procedura dolorosissima ed è molta pericolosa.
Secondo i dati Unicef-Unfpa 2020, la pratica delle mutilazioni genitali femminili è prevalentemente diffusa in paesi del Corno d'Africa-Medio Oriente come Iraq e Yemen in alcuni paesi dell'Asia come Indonesia e Maldive. É dominante (al 90%) in Somalia Guinea e Gibuti. Anche nei Paesi occidentali, in relazione ai nuovi scenari multietnici, è cresciuta considerevolmente la presenza di bambine e donne affette da mutilazioni o che rischiano di subirne. In Italia- proseguono- su circa 80.000 ragazze tra 0 e 20 anni provenienti da Paesi che praticano le mutilazioni circa il 35% sono a rischio.
È ora di creare una rete tra le comunità straniere, attuando campagne di sensibilizzazione e di comunicazione ad hoc verso tutte le nazioni. Solo così si riuscirà a combattere questa pratica che lede i diritti umani.
Foad Aodi - Agenzia Stampa Italia