(ASI) Sono costretto a tornare sul tema “Giustizia” per gli evidentissimi motivi di attualità che cercherò di illustrare, vale a dire “vicenda Davigo”, la pubblicazione del libro della coppia “Palamara Sallusti” e i referendum sulla giustizia, insorti proprio in coincidenza con l’anniversario dell’inchiesta “Mani pulite”.
La varietà degli argomenti è, di per sé, indicativa del carattere caotico e “febbricitante” che ha assunto il tema “Giustizia”.
Circa un mese fa, si è tenuto il referendum consultivo ANM sul “sorteggio” su un multiplo dei componenti del CSM da eleggere e sul sistema elettorale, proporzionale o maggioritario, per l’elezione dei membri togati del CSM. E’ passato pressoché totalmente inosservato benché, per il primo quesito, su un’affluenza pari al 54,31 %, i “si” al sorteggio, pur se minoritari, abbiano raggiunto 1.787 voti, contro i no, che hanno raggiunto 2.475 voti. Per il secondo quesito, 3.189 si sono espressi per il sistema proporzionale e 745 per quello maggioritario.
Si veda “Referendum ANM: no al sorteggio e no al sistema maggioritario per eleggere il CSM”, RAI News, DIRITTI E GIUSTIZIA, 28 gennaio 2022 (google.com/amp/s/w).
Per chi va blaterando le solite bugie sul correntismo della magistratura, il fatto che vi sia stata una percentuale così elevata per il sorteggio, che è, pacificamente, il sistema che esclude in radice il correntismo, si tratta di una solenne e clamorosa smentita, ma non ne terranno minimamente conto.
La cronaca giornalistico – politica si è interessata, invece, di ben altri argomenti, quelli che possono, sia pure a torto, alimentare il clima di conflittualità istituzionale imperante.
Sotto questo profilo, è ormai una deriva, in cui un tema che richiederebbe una riflessione razionale, è come stravolto da un affastellarsi di impulsi emotivi in cui qualcuno cerca di spingere e di “annegare” questo argomento. E, come al solito, vi sono due poli giornalistici che si fronteggiano sul tema: da una parte quello più o meno rispettoso del ruolo istituzionale del potere giudiziario, oggi limitato a “Il Fatto quotidiano” e quello che ha ormai intrapreso una guerra istituzionale alla magistratura, oggi espresso soprattutto da “Il Giornale”, dal “Il Dubbio” e dal “Riformista”, da “Libero”.
Si possono avere le opinioni più diverse sull’argomento, per carità, ma è altrettanto lecito esprimere sconcerto sulla genericità e sulla indeterminatezza delle accuse alla Magistratura.
C’è un primo aspetto, d’attualità, che mi colpisce e mi scandalizza.
La vicenda Palamara oggi “Palamara – Sallusti” ha assunto delle caratteristiche paradossali, surreali e si è intrecciata con le vicissitudini che hanno colpito Piercamillo Davigo, che oggi si trova rinviato a giudizio, e me lo aspettavo, per la vicenda dei verbali della “loggia” o “lobby” cosiddetta “Ungheria”.
Il primo, Palamara, oggi espulso dall’Ordine giudiziario per provvedimento del CSM dell’ottobre 2020, confermato definitivamente dalle Sezioni Unite Civili della Corte di Cassazione, è stato rinviato a giudizio dal GUP di Perugia per una serie di gravi reati, come corruzione, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e corruzione in atti giudiziari e concorso in rivelazione e utilizzazione di segreti d’ufficio.
Come si vede, non c’è da scherzare.
Nella polemica giornalistica scaturita dalla vicenda Palamara, a questo ex magistrato,in via di surreale “beatificazione”, è stato contrapposto Piercamillo Davigo che ha dovuto lasciare il CSM per “raggiunti limiti d’età”, in forza di una discutibile interpretazione delle vigenti disposizioni di legge, ma è andato tranquillamente a riposo al 70esimo anno d’età e ora è stato rinviato a giudizio per “rivelazione di segreto d’ufficio”, in relazione a una vicenda relativa alla consegna informale di atti relativi a indagini in corso alla Procura di Milano, da parte del PM Storari che si doleva del ritardo dell’iscrizione della notizia di reato.
Vicenda abbastanza complessa e non ancora chiarita e legata all’interpretazione delle norme disciplinanti il segreto investigativo, in ambito CSM, ma certamente non altrettanto grave come quelle a carico di Palamara. E soprattutto, andando a provare a districare la questione dei verbali, legata ad un interrogativo che non ha ancora avuto un’adeguata spiegazione e che è alla radice di tutto.
E’ vero o no che c’è stato un ritardo, o addirittura, un’omissione, nell’iscrizione della notizia di reato della “loggia” o “lobby” “Ungheria” ? Non appena emerga una notitia criminis, il “pubblico ministero” ha l’obbligo di iscriverla immediatamente nel Registro delle notizie di reato. Così recita l’art. 335 c.p.p.
Già, ma cosa si intende, nella fattispecie, per “pubblico ministero” ? Qualunque magistrato degli uffici di Procura ? Così sembrerebbe, perché tutti questi magistrati sono pubblici ministeri e, in teoria, su di essi graverebbe l’obbligo di iscrizione. Ma, in forza del principio della “gerarchizzazione” delle Procure e della esclusiva titolarità del Procuratore capo in ordine all’esercizio dell’azione penale, tale potere – dovere ce l’ha solo lui, a norma del D.Lvo n. 106/06. E’ il principio della “Riforma Castelli”, secondo cui il sostituto procuratore era un semplice delegato del Procuratore Capo, quando questi riteneva di esercitare l’azione penale non direttamente, cioè nella stragrande maggioranza dei casi. Poi, subentrato un Governo di opposto orientamento, questo ritenne di “moderare” la struttura faraonica delle Procure, denominando assegnazione quella che prima era una delega.
E la riforma Castelli era del “Governo Berlusconi III”.
E perché questa gerarchizzazione ? Per il solito, occulto, ma non troppo, fine di controllare le Procure. Meglio, a tal proposito, che il titolare dell’azione penale sia uno dei non moltissimi capi delle Procure esistenti, che non invece i numerosissimi magistrati, capi o non, addetti alle Procure. Chiaro no ? La logica è sempre questa, anche a costo di trasformare i sostituti in “paria”, magistrati senza azione penale. Si tratta di una finzione, perché, all’interno di una Procura, il capo non può che “assegnare” i procedimenti ai sostituti, ma, per i più importanti, può decidere di trattarli lui.
E allora, mi auguro che venga fatta piena luce su quello che è successo per i “verbali Amara”. Intanto, mi limito ad osservare che questo problema di iscrizione è uno degli effetti della “riforma Castelli”.
Parlo di questo argomento, perché l’ho sperimentato di persona durante le indagini sull’omicidio Narducci. Quindi, prima di “crocifiggere” un magistrato come Davigo, bisogna riflettere e capire, perché vi sono molte ombre su quello che è accaduto e questo preteso garantismo dovrà essere usato anche contro il “dottor sottile”, che non è Amato, ma Davigo o no ?
E invece, è, ormai, sotto gli occhi di tutti la “beatificazione” di Palamara, sostenuto dall’”ipergarantista” Sallusti, Direttore di “Libero”, divenuto una sorta di “agiografo” dell’esponente, pesantemente offeso dal Presidente Cossiga e il vergognoso linciaggio a cui è, invece, sottoposto da anni un magistrato onesto e irreprensibile come Piercamillo Davigo. Troppo onesto e apolitico.
Io non ho capito come possa operarsi un così stravagante capovolgimento di responsabilità e, in primis, da parte di un giornalista capace e brillante, come il Dr. Sallusti, che sembra non accorgersi dell’irrazionalità di un simile modo di valutare le responsabilità.
Ma il Dr. Sallusti è in “buona” compagnia. C’è tutto un mondo politico – giornalistico e, in parte, anche forense che punta il dito contro il Dr. Davigo, mentre porta sugli allori il Dr. Palamara, che, quantomeno a livello disciplinare, ha perso definitivamente la sua partita ed è gravato da imputazioni ben più gravi di quella a carico di Piercamillo Davigo. Sembra sia diventata una colpa, per quest’ultimo, aversi visto smentita, temporaneamente, la tesi della giurisdizione amministrativa della sua pretesa contro il CSM e di attendere la decisione del Tribunale ordinario di Roma, sulla base di una discutibilissima interpretazione del tipo di giurisdizione applicabile in materia, essere stato sconfessato e quindi incriminato per la questione, abbastanza intricata, dei verbali della vicenda della “Loggia Ungheria” e, ora, aggiungo, essersi visto archiviare, più volte, querele per diffamazione proposte contro Vittorio Sgarbi. Sembra che il vedersi dare torto in sede giudiziaria sia una colpa. Non conosco gli atti e posso limitarmi a dire che, specie in materia di lesione della reputazione della persona, non si tratta per nulla di una questione “matematica”. Si tratta di valutazioni che patiscono di evidentissimi margini di “discrezionalità”.
Quello di cui nessuno sembra essersi accorto, invece, è che non è vero che i magistrati si diano sempre ragione e accolgano regolarmente le pretese dei colleghi. La vicenda “Davigo – Sgarbi” dimostra esattamente il contrario, come il preteso appiattimento dei giudici rispetto alle richieste dei pm che esiste solo nella fervida fantasia dei “garantisti” che lo sono sempre a senso unico.
Chissà, mi domando, cosa deciderà il Tribunale ordinario, davanti al quale il Dr. Davigo ha riassunto la causa ? Perché la questione della giurisdizione è ancora pendente.
Quesiti referendari. Tutti ammessi, se non sbaglio, meno quello sulla responsabilità disciplinare.
A prescindere dai forti dubbi circa la possibilità che raggiungano il previsto quorum, non posso che reiterare il punto di vista fortemente critico sui vari quesiti, con la precisazione che non tutti presentano lo stesso livello di valutazione negativa.
Cominciamo dai “consigli giudiziari”. La funzione che il magistrato soggetto a valutazione ha svolto, specie negli ultimi anni, può essere entrata in conflitto con la posizione assunta dall’avvocato che si trovi a concorrere alla sua valutazione. Sono cose frequentissime. Pensiamo al caso in cui un magistrato che sia stato pm in un processo per strage, magari particolarmente esposto alla pressione mediatica, dovesse essere valutato da un Consiglio giudiziario in cui fosse presente l’avvocato dell’imputato, magari andato condannato. Quali garanzie darebbe l’avvocato di un giudizio sereno e imparziale nei confronti di quel magistrato ? E la valutazione della professionalità del magistrato presuppone una rigorosa imparzialità, come presupposto per un giudizio efficace. Il Governo ha preparato un maxiemendamento che prevede però solo la partecipazione alla discussione, dei membri laici, ma senza diritto di voto. Il problema potrebbe essere risolto in questo modo ma il referendum abroga e basta.
Il quesito sulla lista di presentazione per candidarsi alle elezioni del CSM, lista dalle 25 alle 50 firme può essere utile, in astratto. Non so, però, quanto questo sistema potrebbe abbattere il peso delle correnti. Non so, in altre parole, quanto la possibilità astratta di candidarsi di un singolo magistrato potrebbe evitare la concentrazione di voti su un magistrato più noto ed orientato e sul quale possano confluire le preferenze di una determinata corrente.
Separazione delle funzioni dei magistrati. Funzioni non carriere. La carriera rimarrebbe unica. Ho detto in passato che questo quesito non viene assolutamente compreso dal cittadino comune che lo sente come estraneo e “astratto”. Questa questione sta a cuore soltanto alla gran parte degli avvocati per esigenze di “simmetria” con la figura del pm, che molti penalisti, purtroppo dalla riforma “Vassalli”, considera l’”accusatore” e il proprio “rivale”.
Giuliano Vassalli era un grande giurista, oltre che un mio concittadino, ma non si è reso conto che il principio della “parità” delle parti vale nel contraddittorio dibattimentale, ma non nelle indagini e, soprattutto, che i pm e gli avvocati versano in situazioni diversissme perché i primi hanno un dovere di imparzialità, i secondi hanno un diverso dovere, di difesa dell’assistito, e che i primi sono organi dello Stato, i secondi sono liberi professionisti.
Avere un magistrato che, all’inizio della carriera, debba compiere l’”opzione fondamentale” del tipo di funzione da svolgere, significa impedire quell’arricchimento culturale e giuridico che deriva dal passaggio ad una diversa funzione e che, personalmente, ho sperimentato.
E’ bene avere un pm intimamente “accusatore” e non portato alla valutazione anche degli elementi a favore dell’indagato e, d’altra parte, un giudice, totalmente “passivo” e totalmente “arbitro”, privo di qualsivoglia esperienza in materia di indagini ?
E poi mi domando se la conseguente, drastica riduzione delle scelte di sede disponibili, derivante dal fatto di poter scegliere solo sedi di Procura o solo sedi di Tribunale, non determini l’allungamento del termine di permanenza del magistrato in uno stesso ufficio, con i problemi che questo può comportare, in termini di indipendenza.
Se la separazione delle funzioni è indifferente, in concreto, per il cittadino, altrettanto non è il quesito sulla “legge Severino”, che prevede l’eliminazione dell’automatica incandidabilità, ineleggibilità e decadenza di parlamentari, membri del governo, consiglieri regionali, sindaci e amministratori locali, in caso di condanna penale e la sospensione degli amministratori locali condannati anche in via non definitiva. Se il quesito passasse, dovranno essere i magistrati a poter valutare, caso per caso, quando e se applicare ai politici l’interdizione dai pubblici uffici. Mi vengono i “brividi”, non per me ma per quei magistrati che, qualunque scelta facciano, saranno, questi sì automaticamente, aggrediti (si spera metaforicamente) e delegittimati dai sostenitori del candidato interdetto e portati sugli altari dai rivali politici di questi.
Ma i promotori dei referendum lo sanno che oggi qualunque scelta dei magistrati sarà considerata espressione di “politicizzazione” e di “faziosità”, grazie alla furiosa e irresponsabile campagna di aggressione dell’Ordine giudiziario da parte della classe politica, di una grossa fetta di giornalisti e di avvocati ? O vivono in mezzo alle nuvole ?
Abrogazione della custodia cautelare in carcere in determinati casi. In relazione a reati caratterizzati da una minore gravità, non si potrà più mandare in carcere una persona sotto processo se vi è il rischio che possa commettere un reato della stessa specie di quello per cui si procede. Quale sarebbe il fine ? Evitare che venga trattenuto in carcere un soggetto che poi risulterà essere innocente. Figuriamoci se ciò non potrà accadere e con conseguenze ancora più clamorose per i reati più gravi ! Ma lo sa l’on. Salvini che, nell’ordinamento processuale penale e nemmeno in altri settori della vita umana, il magistrato, ma in genere anche semplicemente l’uomo, non può fornire alcuna certezza per il futuro, ma solo valutarne la possibilità o probabilità, in relazione a un determinato fatto ?
Il quesito sulla responsabilità civile dei magistrati, è stato dichiarato inammissibile, per fortuna e posso non parlarne.
Molto difficilmente i quesiti referendari raggiungeranno il quorum richiesto di votanti, ma, ancora una volta, il messaggio che una parte considerevole della classe politica rivolge alla magistratura è un messaggio in cui “Riforma della Giustizia” vuol dire renderla meno efficiente e incisiva, come se la “Giustizia” fosse una realtà da cui il cittadino debba essere tutelato e non viceversa.
Del resto, era l’anniversario di “Mani pulite” e la Politica non vede l’ora di rivalersi sulla Magistratura per l’azione istituzionale da essa svolta.
Triste spettacolo, non c’è che dire.
Giuliano Mignini per Agenzia Stampa Italia