(ASI) Campo di Giove (AQ) - Abbiamo intervistato
Vito Tocci, carabiniere in congedo, vittima sopravvissuta il 30 aprile 1991 all'agguato in località Marebello di Rimini della banda della Uno Bianca che fu molto attiva fra il 1987 e il 1994 fra L'Emilia - Romagna e il nord delle Marche (103 crimini, 102 feriti, 24 morti, fra cui 5 carabinieri).
Vito Tocci, medaglia d'oro vittima del terrorismo, fondatore e già presidente dell'associazione "Vittime della Uno Bianca", attualmente presieduta da Rosanna Zecchi, ci lascia la sua testimonianza su una vicenda criminale sulla quale, secondo lui, ci sono ancora lati oscuri, e che gli ha segnato la vita, sia fisicamente che moralmente.
Vito Tocci, infatti, porta ancora i segni di quella drammatica notte, colpito da sette colpi di fucile calibro 12, quattro dei quali sono ancora nella sua schiena. Da quel momento, la vita di Tocci è cambiata, ma la cosa che moralmente gli ha fatto più male, racconta con grande fervore, è stato venire a conoscenza che i suoi aggressori erano dei colleghi della Polizia di Stato.
Quel 30 aprile 1991, subito la mente andò alla strage del Pilastro di Bologna del 4 gennaio 1991, sempre targata "Uno Bianca", che pochi mesi prima aveva sconvolto l'Emilia Romana, stroncando la vita a tre giovani carabinieri, Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini.
Quella notte, il ventisettenne carabiniere scelto Vito Tocci prestava servizio a Rimini insieme ad altri due carabinieri di leva, ossia Mino De Nittis che era alla guida della Fiat Ritmo e Marco Madonna che sedeva dietro. Sembrava un turno come tanti altri, quando la centrale comunica a Tocci e al suo equipaggio di recarsi alla stazione di Rimini per un intervento, e, poco dopo, vicino un cavalcavia in località Marebello, l'auto dei militari dell'Arma viene crivellata dai primi colpi con un rumore fortissimo quando il lunotto posteriori dell'auto va in frantumi. Una scheggia lambisce l'orecchio di Tocci, mentre i proiettili del fucile a canna mozza si conficcano ovunque nell'abitacolo dell'auto, subito il carabiniere scelto capisce che è un agguato e ordina al collega alla guida di aumentare la velocità e di effettuare alcune manovre per portarsi fuori dall'area di tiro. Appena la radio con a bordo i carabinieri feriti lancia l'allarme, i sicari della Banda della Uno Bianca si dileguano velocemente senza che i militari possono inseguirli, perché in condizioni critiche sono costretti a recarsi in ospedale.
Subito dopo l'agguato arriva la rivendicazione di un famigerato gruppo terroristico "Falange Armata", ma le perizie balistiche riveleranno che si tratterà solo di un subdolo tentativo di depistaggio, perché si trattava delle stesse armi con le quali la banda della Uno Bianca aveva già commesso altri delitti.
Tocci, oggi, a distanza di oltre trent'anni da quella tragica vicenda, non si stanca mai di fare attività di testimonianza e lancia tramite i nostri microfoni un appello alle istituzioni affinché venga creato un numero verde per le vittime del terrorismo, di stragi e di altri gravi atti criminali, affinché le vittime non vengano dimenticate dallo Stato.
Ma, sentiamo cosa ha dichiarato ai nostri microfoni il carabiniere in congedo che non solo ricostruisce la vicenda, ma ci permette di capire meglio la dinamica dell'attentato:
Cristiano Vignali - Agenzia Stampa Italia
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