(ASI) Prima di affrontare il problema della morale naturale e della morale cristiana, credo sia necessario fare una sia pure superflua precisazione sul significato che intendo dare al termine “naturale” al solo scopo di evitare equivoci che potrebbero alterarne il contenuto.
Per naturale intendo tutto ciò che emana ed ha sede nella natura umana e che dall’uomo procede verso l’esterno, non viceversa.
In senso stretto, quindi, morale naturale è quella che in modo eminente emana dalla natura intima dell’uomo, ove Dio stesso l’ha collocata e che “Nihilaliud est quamimpressio divini luminis in nobis”, altro non è che il segno della luce divina (Nous) in noi secondo la ben nota definizione di 5. Tommaso (Sum. Theol. I—Il Q.9l a.2).
Ciò posto ritengo altrettanto importante fare riferimento ad una terza morale, che nulla ha a che vedere con le prime due, ma della quale bisogna necessariamente parlare in considerazione degli effetti che riversa sulla umanità contemporanea.
E’ apparsa nel mondo occidentale circa quattro secoli or sono ed ha iniziato la sua lenta ed inesorabile penetrazione a seguito della rivolta teologica di Lutero, del pensiero filosofico di Cartesio e del naturalismo illuminista di Rousseau.
Essa si è incuneata, ormai nel pensiero e nella coscienza umani con tale forza, da apparire e forse anche essere, il pensiero dominante dell’occidente (in proposito J. Maritain: Tre Riformatori Lutero, Cartesio, Rousseau ed. Morcelliana).
La conseguenza di questo fenomeno è che l’uomo moderno vive, si può dire, in un tempo che è tempo dell’umanesimo; un tempo che alla vera centralità, quella del Principio, ha opposto e sostituito quella dell’uomo sociale che tende a realizzare ogni attività e comportamento definito, che mira a soppiantare i principidella Carità con un neo-umanitarismo, tutto Rousseauiano, finalizzato allo scopo ultimo di un ateismo pratico ed universale.
Questo nuovo ordine morale convince ormai le coscienze e degrada l’uomo rendendolo impersonale o, peggio,“apersonale“; lo accompagna sempre più in quella forma di ateismo contemporaneo nella quale “egli finisce in una sottomissione riverente, prona all’onnipotente flusso della storia, [n una specie di sacroabbandono con il quale l’anima umana si getta appunto in balia al cieco dio della storia” (J.Maritain: Il significato dell’ateismo contemporaneo ed. Morcelliana). Continua.
Francesco Maiorca – Agenzia Stampa Italia