Quella volta che Rigore dell’implacabile Teotino anticipò Calciopoli chiedendo la testa dell’arbitro De Santis. E a Perugia qualcuno pensò che con un altro errore avrebbe purificato il passato

ZittiZitti(ASI) Quella volta che Rigore dell’implacabile Teotino anticipò Calciopoli chiedendo la testa dell’arbitro De Santis. E a Perugia qualcuno pensò che con un altro errore avrebbe purificato il passato.

Dove eravamo rimasti ? Anno di grazia 2000, il calcio di casa nostra è una polveriera: accuse, sospetti e minacce, un mix che accende il dibattito e il solito Rigore fotografa tutto, ma proprio tutto, lasciando ovviamente la parola anche a chi viene messo sotto pressione. 

“La Lazio? Si rivolga alla Magistratura. Parlano di campionato irregolare? Allora portino le prove, altrimenti si tratta di calunnia e diffamazione. L’arbitro De Santis è uno dei migliori giovani altrimenti non sarebbe diventato internazionale”. Questo sostiene Antonio Giraudo durante un’intervista rilasciata a Gianfranco Teotino all’indomani della vittoria della Juventus per 1-0 contro il Parma. 

De Santis, errori in serie e Rigore ne chiede la testa

La Juventus è sotto attacco. A far gridare allo scandalo è proprio l’arbitraggio di De Santis. Errori gravi che sembrano indirizzare lo scudetto verso Torino. Il primo lapsus quando sullo 0-0 non punisce con un calcio di rigore un fallo di Tacchinardi su Fuser. Il secondo, ancor più evidente, al minuto ‘89 quando annulla la rete del pareggio di Cannavaro per un fallo che vede solo lui. La Juventus, come spesso le capita, pensa di avere dei nemici, e alla fatidica domanda posta dal direttore di Rigore, Giraudo risponde con un “La vengo a trovare a Roma per questa risposta”. 

Teotino e il suo settimanale sempre sul pezzo, chiedono la testa di De Santis e lo fanno con un fondo pubblicato il 12 maggio 2000. Ecco uno stralcio, e si noti la chiarezza proprio per la migliore trasparenza del nostro calcio. 

“Dal primo numero di Rigore, abbiamo sempre sostenuto la stessa tesi: e cioè che l’attuale organizzazione del sistema arbitrale e l’assenza di ogni controllo da parte della Federcalcio rende inevitabile il moltiplicarsi degli errori. Se gli arbitri sanno che le carriere non dipendono dai loro dirigenti, ma da un ristretto numero di società ricche e potenti, è chiaro che per queste società avranno sempre un occhio di riguardo. Quanto è successo domenica scorsa appartiene però alla sfera del surreale, è la realtà che supera la fantasia. Per restituire credibilità al campionato, la Federcalcio, se esistesse, avrebbe una sola strada: licenziare in tronco l’arbitro che ha commesso un simile misfatto. Il signor De Santis non deve arbitrare mai più: per ciò che ha fatto in campo e per quanto ha detto a fine partita. Un provvedimento senza precedenti, ma la storia è spietata con i suoi protagonisti: arriva sempre il momento in cui qualche colpevole paga più di altri colpevoli”. 

Le dichiarazioni dall’Ansa e la combriccola romana

La goccia che fa traboccare il vaso e che fa allarmare Rigore è un contatto - tra l’altro non consentito in termini di regolamento e non autorizzato da Bergamo e Pairetto - tra De Santis e Piercarlo Presutti, capo della redazione sportiva dell’Ansa. I sospetti dell’epoca ricadono su Moggi, pronto a suggerire a De Santis di contattare Presutti. Il motivo? Rilasciare dichiarazioni sulle motivazioni che lo avrebbero indotto ad annullare la rete di Cannavaro. De Santis dichiarerà all’Ansa: 

“Ho fischiato prima che Cannavaro colpisse di testa”. 

Ma i dubbi si alimentano, soprattutto pensando razionalmente che chi non agisce - o ha agito - in malafede non ha motivo di giustificare il proprio operato. De Santis specifica, inoltre, di non aver contattato Presutti, ma di aver ricevuto una telefonata dallo stesso giornalista. La sostanza, di fatto, non cambierà. Qualche anno più tardi, a proposito di De Santis e dei suoi rapporti con Moggi, Franco Dal Cin parlerà di combriccola romana degli arbitri, denunciando l’arbitro Palanca e il sistema Moggi utilizzato in serie B per favorire il Messina a discapito del suo Venezia.

Dal Cin dichiarerà: “Noi (il Venezia ndr) giocavamo a Bari (stagione 2003/04 campionato di serie B, ndr), campo neutro, col Messina. Appena c'è la designazione incrocio Cellino, Zamparini e Spinelli che mi dicono: sei morto, Palanca ti impallina. E accade davvero, rigore contro, giocatore che protesta, espulso, Venezia in nove e fine del mondo con Soviero che assalta la panchina siciliana. La giustizia sportiva mi processa e mi condanna: 4 mesi di squalifica e 30mila euro di multa. I magistrati napoletani non la pensano così e mettono sotto inchiesta Gabriele e Palanca. La mia squalifica dopo Genoa-Venezia (serie B 2004/05 ndr)? Io non so nulla della valigetta, avevo già ceduto il Venezia a Gallo e Pagliara, ma vengo squalificato per 5 anni perché mi sono presentato, senza avvocato, al processo sportivo e ho raccontato la verità. Signori, nelle ultime due giornate del campionato le squadre senza obiettivi da raggiungere, perdono puntualmente. È il sistema. Si sono scandalizzati e mi hanno stangato. Moggi sapeva che ero stato a Napoli a parlare coi giudici. All'epoca nessuno di noi disponeva delle prove, ora ci sono grazie alla intercettazioni. Controllava tutto l'apparato, anche la Caf".

A Perugia piove sul... bagnato 

Tornando al campionato 1999/2000 e senza addentrarci troppo in questioni future che macchieranno per sempre il calcio italiano, la Juventus è prossima alla trasferta di Perugia e Luciano Gaucci dal suo bunker di piazza Maggiore a Roma, torna a parlare. Rigore ne riporta le parole:

“In caso di sconfitta domenica contro la Juventus i miei finiranno in ritiro forzato fino al 30 giugno. Garantito. Il fatto é che i giocatori, se non hanno niente da perdere, fanno il loro comodo. Allora io farò in modo che abbiano qualcosa da perdere: un mese e mezzo di ferie. Se non fanno risultato con la Juventus, resteranno a sgobbare fino all’ultimo, a costo di inventarci un’amichevole ogni tre giorni. Non farò altro che applicare le regole contrattuali. Juve o Lazio? Mi interessa solo la regolarità del campionato. Detto questo l’esito più giusto mi sembrerebbe uno spareggio. Faremo in modo che accada”. 

Appare quantomai curioso, l’appello lanciato da due romanisti doc come Lucio Caracciolo e Paolo Franchi, sempre su Rigore: 

“Mai avremmo immaginato di poter pensare di fare il tifo per lo scudetto della Lazio. Se questo accade è tutta colpa della Juve e della juventinità, cioè della totale mancanza di senso del pudore che affligge probabilmente il mondo intero, di sicuro l’Italia. Ad accentuare a dismisura il nostro spaesamento contribuisce assai anche la consapevolezza di avere in casa un presidente che abbaia ma non morde e un allenatore che dello stile Juventus (ipocrisia +protervia, protervia + ipocrisia) è una specie di manifesto, speriamo involontario. Così che smarrita la stella polare, saremmo quasi tentati di sperare che una vittoria della Lazio (evento di per sé ovviamente agghiacciante) potrebbe persino essere d’aiuto a liberarci dalla sciroccosa coppia che avvilisce le nostre domeniche”. Chiaro il riferimento a Sensi e Capello. 

Il 14 maggio 2000 sotto un acquazzone e con il campo impraticabile, il Perugia sconfigge la Juventus. Una rete di... Calori gela la Vecchia Signora e la Lazio si laurea campione d’Italia. Ad arbitrare è Pierluigi Collina che, appeso il fischietto al chiodo, dichiarerà di essere tifoso della Lazio. Una partita che non avrebbe dovuto continuare data la maturata impraticabilità del campo tra primo e secondo tempo, ma qualcuno pensò che con un altro errore si potesse far luce sull’oscurità del passato. Niente di più sbagliato. La Lazio si cuce il tricolore sul petto; una squadra che, per alcune cose, ricorda quella del ‘74 che si amava in campo ma si odiava fuori. Ventisei anni dopo ancora clan, come quello degli argentini con l’aggiunta di Salas, quello dei sampdoriani con Mancini e Mihajlovic, degli italiani con Nesta e Marchegiani, e qualche cane sciolto come Boksic. Eriksson ha gestito la bolgia infernale, talvolta uscendo con le ossa rotte, spesso con la fermezza di chi, nei momenti cruciali sa mescolare alla perfezione diplomazia e capacità di comandare. 

I disastri arbitrali analizzati secondo... Rigore!

Rigore analizza i disastri arbitrali, la criticatissima gestione del tandem Bergamo-Pairetto e prende in esame la successione di Gonella facendo il nome di Lanese e descrivendolo minuziosamente. Lanese è ossessionato dalla carriera federale. Uomo di area democristiana, in ottimi rapporti con Matarrese, e candidato sostenuto da diverse regioni, il Veneto di Buso, l’Emilia di Vecchiatini, la Campania di Pezzella, la Puglia dove comanda Paparesta, personaggi insomma che - come puntualizza Il settimanale  - avevano avuto l’idea di fondare l’anti sindacato da contrapporre al Siac di Cerina.

Le trame non finiscono mai in certi ambienti: Gonella perde alleati preziosi e la conferma  arriva - sin occasione di una premiazione a Como - alla presenza di Tavecchio, successore di Giulivi alla Lega Nazionale Dilettanti. Presenti, inoltre, Quartuccio, responsabile della Can D, Pairetto, fraterno amico di Lanese e, ovviamente lo stesso Lanese arrivato in riva al lago non certo per conoscere Lucia Mondella e fare uno sgarbo a Renzo Tramaglino, ma alla ricerca di consensi, possibilmente senza Gonella tra i piedi. Nuove alleanze nelle stanze dei poteri, vecchi alleati messi da parte e trame tessute per interessi privati. Né più, né meno di quanto accade in politica.

La notizia riportata da Rigore fa litigare Pairetto e Bergamo. Il primo aveva partecipato con Lanese alla festa della sezione di Como, mentre il secondo, fedele all’accordo col collega – quest’anno non andiamo da nessuna parte, va bene Gigi? – aveva deciso di restare a casa. Bergamo scopre su “Rigore” che Pairetto era a Como e chi l’ha sentito, giura che non l’abbia presa bene. Un camaleontismo continuo, e Rigore, naturalmente, registra i colpi di scena, ciò che avviene dietro le quinte. La rilettura di quell’epoca del pallone solo in apparenza é un esercizio di nostalgia. Cambiano i tempi e le trame sono quantomeno simili. Un Rigore sarebbe ancora utilissimo.

Nella prossima puntata promettiamo di svelare grazie al fiuto della redazione più tenace del momento quali erano gli occhi che qualcuno voleva quantomeno distrarre e quale voce era da zittire. 

Raffaele Garinella – Agenzia Stampa Italia

Twitter: @RGarinella

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