Le astute ambiguità della nuova legge sulla legittima difesa

(ASI) Dopo circa un mese di “studio”, il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha finalmente promulgato,  come ormai è noto a tutti, la nuova legge sulla legittima difesa. Era uno dei cavalli di battaglia della Lega.

 

Sicuramente ha migliorato la normativa precedente, la quale, tra l’altro, prevedeva la possibilità di un risarcimento se ci fosse stata una reazione da parte del derubato contro il malvivente che stava commettendo un furto o una rapina.  Una cosa abominevole, ma il nostro Paese è pieno di queste storture demenziali. Bene ha fatto, dunque, il governo gialloverde a proporre ed il Parlamento (con i voti favorevoli di FI e Fdi, oltre, ovviamente, a quelli della Lega e dei 5 Stelle) ad approvare questa nuova legge. Il Capo dello Stato, però, ha voluto chiarire alcuni aspetti che, secondo me, non chiariscono niente o sono inutili, perché ovvi. Evidentemente è stato costretto a fare questi cosiddetti rilievi, mandando tre missive alle più alte cariche dello Stato, trascinato dalle polemiche che hanno fatto le forze (in verità bisognerebbe scrivere ex tanto sono diventate deboli, anche nei ragionamenti) della sinistra. Dal Pd ai partititi, ini ini, che mesi fa, appena si è saputo del disegno di legge della Lega, hanno subito immaginato, con una fantasia penosamente distorta, una rincorsa pazzesca di tutti per comprare fucili e pistole, con le rispettive abbondanti munizioni, e pronti ad usarli contro i ladri che, ignari della nuova legge, avessero forzato la porta ed entrato nel nostro appartamento. Insomma una specie di Far West, con centinaia di morti al giorno, tanti quanti sono i furti. Questo, hanno ipotizzato, per mesi, in maniera ossessiva, nei talk show, gli opinionisti di sinistra. Così decisi e determinati a schierarsi e a difendere i ladri e i delinquenti, da lasciare interdetti i telespettatori. Poveretti. E poi si chiedono perché, nonostante tutto, i maggiori consensi sono ancora per il governo gialloverde. Un altro allarme, questo ancora più insidioso e pericoloso, era stato diffuso: con la nuova legge i magistrati non avrebbero contato più nulla, semplici passacarte. E da lì citazioni di articoli della Costituzione che non c’entravano nulla. E, allora, per evitare lo stallo o, peggio, la bocciatura, c’è voluto un aggettivo “miracoloso” che dopo vedremo.    

Prima i rilievi del Quirinale. E’ stata ricordata la “primaria ed esclusiva responsabilità dello Stato nella tutela della incolumità e della sicurezza dei cittadini”. D’accordissimo. Il problema è che qualche volta, per non dire spesso, ciò purtroppo non avviene. Detta in questi termini significa che ogniqualvolta non c’è la tutela della incolumità e della sicurezza la colpa è dello Stato. Con la logica conseguenza che così tutti i cittadini, quindi, a prescindere, ogniqualvolta ritengano di non essere stati tutelati, subendone da ciò un danno, hanno diritto a chiedere un equo risarcimento allo Stato. Se è così, ci potrebbero e ci dovrebbero essere, ogni giorno, centinaia di richieste di risarcimento danni.

“E’ evidente – aggiunge poi al secondo punto il presidente della Repubblica – che lo stato di grave turbamento” che il testo prevede come possibile condizione di non punibilità per chi si difende in casa propria da un’aggressione, “deve avere una portata obiettiva e deve essere effettivamente determinato dalla concreta situazione in cui si manifesta”. Qui mi pare che il legislatore nel mettere come presupposto, per poter reagire senza conseguenze, il “grave turbamento” sia stato abile e astuto. Ci vedo la manina di Giulia Bongiorno, l’avvocato, s’intende, non il ministro. Turbamento riporta il dizionario Treccani è “l’atto, il fatto di turbare la normale situazione o il normale svolgimento di qualche cosa”. Non vi è alcun dubbio che se uno o più persone entrano in casa all’improvviso, armati, di notte o di giorno, forzando la porta o la finestra, il turbamento (e non solo quello) è abbastanza scontato ed inevitabile. Ed è ovviamente sempre soggettivo, non capisco come possa essere oggettivo. Ma la finezza mi sembra stia nell’aggettivo “grave”, che cambia tutto, perché a stabilirlo dovrà essere, per forza di cose, un magistrato. Quindi la legge è fatta volutamente così, ambigua, per coinvolgere la magistratura, il potere giudiziario che temeva di essere escluso, e lo sarebbe stato sicuramente senza quel “grave”. In verità non capisco, nemmeno, come si possa fare a stabilire se il turbamento sia stato leggero o grave, ma questo, in fondo, conta poco, l’importante era lasciare al magistrato la discrezionalità, che è, in sostanza, il suo potere, che non bisogna assolutamente mai toccare. Infatti, il presidente dell’Anm (Associazione nazionale magistrati)  Pasquale Grasso, ha subito detto che il “grave turbamento non è un concetto giuridico, ma fattuale, che andrà verificato caso per caso”. Come volevasi dimostrare.

Questa norma mi ricorda - spero che l’accostamento non appaia irriguardoso - quelle regole del calcio per cui l’arbitro, nelle sue decisioni durante le partite, deve valutare, con l’ampia discrezionalità che gli è concessa, la “chiara occasione da gol” o la “volontarietà” del fallo. Non servono per far parlare dell’operato dell’arbitro, nei bar e in tutte le trasmissioni televisive, all’infinito; sono così concepite per lasciare discrezionalità al direttore di gara. Se le norme fossero semplici, chiare e precise i magistrati, e gli arbitri, sarebbero tenuti ad applicare le norme senza alcuna valutazione personale, il che significava togliere loro ogni potere. Cosa che, però, è evidentemente, non si può fare.             

Fortunato VinciAgenzia Stampa Italia    Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.

 

 

 

 

 

 

Foto di Tumisu da Pixabay

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