(ASI) Pripyat – Il 26 aprile 2019, è stato il trentatreesimo anniversario del disastro nucleare di Chernobyl. A Pripyat, a 100 km da Kiev, nell'Ucraina settentrionale, nelle prime ore della mattinata, all'1.23 del 26 aprile 1986, era in corso un test di sicurezza nella centrale atomica sovietica di Chernobyl e alcuni dispositivi erano stati disattivati, nonostante la tecnologia non fosse proprio quella dei reattori di ultima generazione.
Infatti, mai tale scelta si rivelerà più sbagliata, poiché in meno di un minuto, il reattore 4, di derivazione militare Rbmk, raggiunse 120 volte la sua potenza massima, esplodendo, cacciando fuori fumi, polveri, e vapori radioattivi, uccidendo, anche a distanza di anni, un numero imprecisato di persone (le cui cifre esatte si confondono nelle statistiche dell’incidenza e delle morti per tumore), stravolgendo l'esistenza di milioni di uomini.
Ma come sarebbe avvenuto l'incidente nella centrale nucleare? In base alle testimonianze delle cronache, quando ormai era troppo tardi, il responsabile del turno di notte, pochi istanti prima dell'esplosione, pigiò il tasto di arresto d'emergenza.
Dopo l'esplosione, le autorità sovietiche locali prima e nazionali poi, tennero nascosto per molto tempo o non riuscirono realmente a comprendere subito, dato lo sviluppo non evolutissimo dei mezzi di comunicazione dell'epoca, la gravità della situazione, e fu perso tempo prezioso utile a limitare i danni.
I cittadini di Pripyat furono ovviamente i primi a rendersi conto di quanto accaduto, quando un bagliore accecante proveniente dalla centrale nucleare illuminò le tenebre.
I primi due - tre giorni i Russi tentarono di cavarsela da soli, mandando soccorritori che puntualmente morivano di radiazioni.
Dalla parte occidentale della cortina della "Guerra Fredda" lo seppero solo dopo, con i telegiornali che sconsigliavano di uscire sotto la pioggia per il pericolo di radiazioni portate dalle nuvole mosse dal vento e il divieto di assunzione di determinati cibi che sono più sensibili all'assorbimento di radiazioni (ad esempio il latte, gli ortaggi e le verdure).
A distanza di oltre trent'anni, solo dalla fine del 2018 il reattore danneggiato di Chernobyl ha un nuovo scudo di sicurezza garantito per 100 anni, "New Safe Confinement" (NSC), posizionato sopra al vecchio "sarcofago", realizzato nel 1986 dal sacrificio e dal coraggio dei tecnici e degli operai sovietici (i cosiddetti "liquidatori"), garantito solo fino al 2023.
L'NSC, fatto di un reticolo a forma di arco rivestito da un doppio pannello, esternamente d'acciaio e internamente di policarbonato, dovrebbe prevenire contaminazioni radioattive, proteggere il reattore danneggiato, favorirne lo smantellamento.
L'opera, commissionata dallo Stato dell'Ucraina, in costruzione per quattordici anni, è stata realizzata dal consorzio francese "Novarka", nato dalla "Vinci Construction Grands Projets" e dalla "Bouygues Travaux Publics".
Nel progetto è stata coinvolta anche l'Italia tramite la Cimolai, azienda pordenonese specializzata nella realizzazione di strutture metalliche.
Così finalmente, quest'anno, si può commemorare il trentatreesimo anniversario della sciagura nucleare col conforto di aver scongiurato il peggio probabilmente per un secolo, in attesa che la tecnologia nei prossimi decenni trovi una soluzione definitiva al problema di questo vulcano nucleare perennemente acceso.
Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia
Nella foto allegata presa da Wikipedia il nuovo scudo protettivo NSC