Il Prof. Miguel Gotor sul contenuto del “Memoriale Moro”

MiguelGotorWikipedia copy(ASI) Torino – In occasione del 40esimo anniversario dal sequestro e dall'assassinio del Presidente della Democrazia Cristiana Aldo Moro nel 1978, stiamo facendo uno speciale storico di approfondimento sulla vicenda.

A tal proposito, abbiamo intervistato il Prof. Miguel Gotor, già Senatore durante la XVII legislatura (2013 - 2018), docente di storia moderna presso il Dipartimento di Studi Storici dell'Università di Torino che si è occupato anche del Caso “Aldo Moro”, soprattutto del carteggio epistolare e del memoriale prodotto dallo statista democristiano durante i 55 giorni della sua prigionia.

Il Prof. Miguel Gotor ha collaborato come saggista per numerose testate giornalistiche di carattere nazionale e nel 2008 ha vinto il “Premio Viareggio” per la saggistica con “Lettere dalla Prigionia”, opera dedicata agli scritti che Aldo Moro produsse nella “Prigione del Popolo” delle Brigate Rosse.

Successivamente, ha scritto nel 2011, un libro sul “Memoriale Moro”, intitolato “Il Memoriale della Repubblica. Gli Scritti di Aldo Moro dalla Prigionia e l'Anatomia del Potere Italiano” (Edizione Einaudi).

Perché il suo libro sul carteggio di Moro durante la prigionia si chiama "Il Memoriale della Repubblica"?

“Lo spunto viene dalla memoria difensiva che Moro scrisse durante il suo sequestro e che fu da subito denominata “Memoriale”. L’analisi del contenuto del testo che riporta vicende risalenti all’immediato dopoguerra e le travagliate circostanze del suo ritrovamento fra il 1978 e il 1990 mi hanno consentito di assumere il punto di vista di quelle carte e, più in generale degli scritti di Moro dalla prigionia, per ripercorrere alcuni snodi dell’intera storia repubblicana così da provare a fornire, come recita il sottotitolo, un’anatomia del potere italiano”.

Che legame esiste fra gli scritti di Moro e la crisi della Prima Repubblica?

“Non c’e’ un legame diretto anche se Moro è assolutamente consapevole della sclerosi di un intero sistema politico di cui la lotta armata che lo vede vittima è una delle manifestazioni e delle reazioni più evidenti. Gli scritti di Moro sono redatti in circostanze estreme e consentono di ripercorrere alcuni passaggi cruciali della storia italiana precedente il 1978 seguendo lo sguardo di un protagonista che scrive in circostanze eccezionali. Piuttosto sono le modalità di ritrovamento “a rate” di quelle carte ad accompagnare nei dodici anni successivi la crisi del sistema geopolitico internazionale e di riflesso quello italiano che culminerà nel 1992-1994 con un profondo cambio di fase e di protagonisti nella storia della Repubblica”.

Attualmente, non disponiamo né dell'originale del dattiloscritto redatto sul "Memoriale di Moro", né dell'originale del manoscritto di Moro, pertanto ritiene che possiamo ritenere di essere a conoscenza di tutte le notizie contenute in questo memoriale?

“Credo di avere dimostrato di no nel libro che ha ricordato dove una serie di capitoli sono dedicati alla ricostruzione delle parti mancanti e tutt’oggi censurate del memoriale”.

Che differenza c'è come qualità della fonte storica, fra il dattiloscritto ritrovato nell'appartamento "covo BR" di Via Monte Nevoso 8 nel 1978 e il manoscritto ritrovato nel 1990 nello stesso posto, dopo i lavori di restauro dei locali?

“I dattiloscritti sono la battitura a macchina del testo ritrovato nel 1990 in fotocopia di manoscritto. Sappiamo con certezza che questa battitura, in buona parte a opera di Prospero Gallinari, serviva a far uscire dalla prigione e a far circolare il testo e, inoltre, a ridurre il numero delle pagine rendendone più agevole la consultazione. La dattiloscrittura iniziò durante il sequestro, con Moro vivo, e prosegui’ nell’estate del 1978 a Firenze, dopo la sua morte. Ovviamente, quando avvenne il primo ritrovamento ufficiale, quello dei soli dattiloscritti, non si pote’ dedurre con certezza da ciò l’autorialita’ di Moro (chiunque, infatti, può battere a macchina un testo e attribuirlo a un altro), un elemento di incertezza che scomparve soltanto nel 1990 davanti all’evidenza dell’autografia di Moro, per quanto fossero state ritrovate soltanto fotocopie di manoscritto”.

C'e qualche contenuto interessante del "Memoriale Moro" di cui è venuto a conoscenza durante i suoi studi di cui vuole parlarci?

“Sono di particolare interesse le parti relative alla formazione giovanile di Moro, ai meccanismi di funzionamento della strategia della tensione dal 1969 in poi, e quelle indirizzate a Paolo Emilio Taviani, che a metà degli anni Cinquanta era stato il principale garante politico di “Gladio”. Naturalmente, trattandosi di un testo censurato, sono proprio le parti mancanti quelle di maggiore rilevanza”.

Cosa è successo, secondo lei, dopo il ritrovamento delle carte di Moro nel 1978? Qualcuno le ha modificate prima che gli inquirenti le esaminassero?

“Credo di avere motivato con sufficiente chiarezza storica che sia i dattiloscritti sia le fotocopie dei manoscritti siano stati oggetto di una duplice, parallela e autonoma manipolazione censoria non operata dai brigatisti arrestati a via Monte Nevoso nei primi giorni dell’ottobre 1978”.

 

Ci parli dell'organizzazione del "Memoriale Moro", come è fatto e quali segreti contiene....

 

“Non posso che rimandare chi ci legge al mio libro dove troverà tutto spiegato in dettaglio e in modo analitico. In ogni caso le parti censurate del memoriale riguardano alcuni episodi della vita politica nazionale (ad esempio il cosiddetto “golpe Borghese”) su cui erano ancora aperte delle inchieste giudiziarie o i rapporti internazionali dell’Italia allora tutelati da riservatezza o da segreto (ad esempio la fuga del gerarca nazista Kappler o le relazioni con il Medio Oriente e l’incandescente fronte arabo-israeliano)”.

C'è stata una censura secondo lei? Se sì, da cosa si potrebbe capire?

 

“C’e’ stata e si deduce da molteplici fattori probatori di tipo logico, indiziario, testimoniale diretto o indiretto e filologico che sono dettagliatamente esposti nel mio libro. È l’insieme di questi elementi che sostanzia sul piano della prova storica l’idea di una censura del memoriale”.

 

Ci sarebbero dei testimoni che sostengono di aver letto parti del memoriale che non sono presenti né nella versione dattiloscritta del 1978, né nella versione manoscritta del 1990. Ci farebbe qualche esempio di notizie che sono state dette e che non sono riportate nelle copie rese pubbliche....

“Ad esempio le vicende relative alla fuga di Kappler o al cosiddetto “golpe Borghese” rispettivamente accreditate dalla brigatista Nadia Mantovani e dal giornalista Carmine Pecorelli”.

Secondo lei, il manoscritto fotocopiato rinvenuto nel 1990, ha dei contenuti già in possesso dei servizi segreti da tempo?

“Non ho acquisito elementi sufficienti per affermarlo con certezza. Ritengo però che ci siano stati dei “lettori precoci” che hanno assunto notizie riservate fino al 1990 o dalla lettura della versione integrale dei dattiloscritti o da quella delle fotocopie dei manoscritti”.

Secondo lei, perché le Brigate Rosse, non hanno utilizzato le carte per renderle pubbliche e destabilizzare il governo?

“Perché da un certo momento in poi hanno perduto il controllo degli originali (conservano, infatti, solo le fotocopie dei manoscritti) e l’antiterrorismo, che si muove con il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa per recuperarle dall’agosto 1978 in poi su tutto il territorio nazionale, agisce con straordinaria efficacia”.

C'è stato un patto segreto per la gestione di queste carte?

 

“Non credo ci sia stato un patto, ma uno scontro subdolo e feroce che ha avuto vinti e vincitori ed è proseguito dopo la morte di Moro”.

Cristiano Vignali – Agenzia Stampa Italia

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