(ASI) La Repubblica italiana, ufficialmente fondata sul lavoro, si basa invece su vari misteri.
Uno di questi è sicuramente quello relativo al Dc-9 Itavia caduto nel mare di Ustica.
Le indagini su questa vicenda non sono mai mancate, anche se attualmente le uniche certezze derivano dal fatto che secondo i periti sui resti del velivolo ci sarebbero tracce di esplosivi in proporzioni compatibili anche con ordigni militari; secondo alcuni analisti inoltre i ritrovamenti sarebbero compatibili sia con l’ipotesi relativa ad un missile sia con quella di una bomba esplosa a bordo.
Se a Roma e dintorni quasi 30 anni si brancola ancora nel buio, a Tripoli sembravano saperla molto lunga, non a caso in più di una occasione Gheddafi ha accusato gli americani di aver buttato giù il Dc-9 scambiandolo con uno libico su cui erano sicuri si trovasse lui, che in quegli anni stava portando avanti una politica di avvicinamento al blocco sovietico. Queste accuse furono lanciate per la prima volta nel 1988, anche se a dire il vero il leader libico non ha mai fornito adeguate prove a supporto della sua argomentazione.
Per inquadrare meglio il clima di quegli anni, ma anche gli avvenimenti di quel periodo, va ricordato che tre settimane dopo la strage di Ustica, stando alla ricostruzione ufficiale, sulla Sila venne ritrovato un aereo, per la precisione un Mig23 libico, che, sempre secondo la ricostruzione ufficiale, era precipitato alcuni giorni prima e che “è elevata la probabilità che tale caduta sia correlata con l’incidente occorso al Dc9”.
Opportuno poi tenere a mente la vicenda del maresciallo Mario Alberto Dettori, suicidatosi anche se il giudice Priore mette in dubbio le cause del decesso, all’epoca dei fatti controllore di Difesa a Poggio Ballone avrebbe confidato a chi gli era più vicino che quella sera s’era sfiorata la guerra nei cieli italiani con la presenza di aerei libici.
A rendere la vicenda ancora più ingarbugliata poi una telefonata anonima che qualche anno fa andò in onda durante la trasmissione televisiva Telefono giallo, in cui un maresciallo, che preferì, per ovvie ragioni mantenere l’anonimato, affermò: “La tragedia di Ustica fu causata da una battaglia aerea fra due Tomcat americani e il Mig 23 libico precipitato sui monti della Sila. Non è forse tutta la verità, ma è certo la verità”
Il quadro che emerge è sempre più inquietante e si fa ancora più ingarbugliato se si tiene presente quello che era il cielo italiano in quegli anni. La zona sud del Tirreno era infatti utilizzata per le esercitazioni della Nato, nonostante ciò però fu più volte accertata la presenza di aeri militari di Tripoli nel cielo italiano a causa della necessità dell’aeronautica libica di trasferire i vari aerei da combattimento da e per la Jugoslavia, ove veniva prestata la manutenzione ai Mig ed ai Sukhoi sovietici dell’aviazione di Gheddafi. Il governo italiano sapeva e taceva, i libici erano nel pacchetto azionario della Fiat e non si poteva certo opporre, anche se per non avere problemi con l’alleato a stelle e strisce doveva mascherare la presenza di questi aerei. Probabile però che alla fine Washington abbia scoperto il trucco e prese le contromisure.
Per carità, non siamo in presenze di prove ma scuramente su Ustica bisogna ancora scrivere molte pagine, così come sulla strage di Bologna che la seguì di poco.
Fabrizio Di Ernesto – Agenzia Stampa Italia