(ASI) Perugia – Nella giornata di domenica 29 gennaio a Perugia presso il ristorante “Valentino”, si è svolta la conferenza "70 anni dopo… L’attualità politica dell’MSI". Vasta la partecipazione degli interessati che hanno potuto assistere agli interventi dei relatori di alta importanza culturale, storica e politica che sono, tra altri, il Professore Roberto Mancini, il Professore Nicola Cospito e l’Onorevole Stefano Menicacci già deputato del Movimento Sociale Italiano. Moderati da Ettore Bertolini, Direttore della testata giornalistica Agenzia Stampa Italia. A fine evento, alcuni dei relatori hanno rilasciato gentilmente delle interviste ad ASI. Quella che segue è l’intervista concessa dal Professore Roberto Mancini, il quale, oltre che ad essere una figura con un passato militantistico nell’area nazionalpopolare di cui anche l’MSI ne faceva parte, ha scritto diversi libri dal contenuto storiografico e ideologico, con un sapore anche “eretico”, come “Oltre destra e sinistra: il Socialismo Fascista” edito da “Il Borghese” e “Il sopravvissuto. Diario di un vinto” edito da “Libri per Evolvere”.
Professore Roberto Mancini, a 70 anni di distanza dalla fondazione del Movimento Sociale Italiano quali furono le idee originarie che andarono a fondare quel partito?
Professore Roberto Mancini: «Il partito nasce con il motto di Augusto De Marsanich “Ne restaurare, ne rinnegare!”. Era un partito Neofascista, soltanto che era stata varata una Carta Costituzionale dove non si poteva più essere Fascisti. Per cui ci si doveva inserire in un sistema all’interno del quale i nostri ideali facevano da contrasto. Un sistema nel quale ci richiedevano un’alleanza con il partito monarchico, responsabile – quest’ultimo – del 25 luglio, del 8 settembre e della guerra civile. Sono le logiche del compromesso, che una persona come me – che deliberatamente non ha voluto fare la politica di professione, ma ha fatto solo il professore – in riguardo ad esse ha fatto un altro tipo di scelta. Comunque all’interno di quel partito c’erano tantissime brave persone che hanno cercato di portare avanti l’idea, ma che spesso si sono dovute adattare ad un sistema. Il partito è finito molto prima di Gianfranco Fini. Nella conferenza che si è sostenuta si è parlato della scissione di Democrazia Nazionale, parere di molti è che – e forse darò scandalo nell’affermare ciò – Giorgio Almirante riuscì a salvare la sua “verginità politica” perché non era possibile fare 20 anni prima quello che ha fatto Fini 20 anni dopo. Perché anche Almirante voleva inserirsi in un certo tipo di sistema. Mi rendo conto che queste affermazioni sono molto “eretiche”, ma tutti i giovani che uscirono dall’MSI lo odiavano. Perché quando si attaccavano i manifesti o c’erano gli scontri, si racconta che il partito andava a denunciare questi giovani alla polizia. Almirante diceva sempre che noi dovevamo essere onesti, dovevamo essere corretti, ma noi lo eravamo per definizione. Quindi il Movimento Sociale ha fatto moltissimi errori in questi 70 anni, anche se noi non avremmo tenuto questa conferenza né tanto meno questa intervista se il partito non fosse esistito. Perché indubbiamente è stato un grandissimo contenitore, dal quale veniamo tutti noi; all’interno del quale ci siamo confrontati, ne siamo usciti ne siamo ritornati, però siamo ancora qui. Ecco vorrei lanciare una speranza: la speranza è quella dei giovani e di una loro adeguata formazione culturale. In conferenza è stata affermata una cosa che mi appartiene: quando c’è una buona formazione culturale si resta quello che si è. Ma quando quella formazione culturale viene a mancare tutti i tradimenti possono essere all’ordine del giorno. Per cui ripeto quello che ho detto durante la conferenza: spero che i giovani possano davvero vedere quello che la nostra generazione purtroppo, soffrendo tanto, ha soltanto sognato.».
Dandone Lei comunque un’interpretazione critica, a suo giudizio quel aspetto “sociale” del Movimento Sociale Italiano ha continuato a rimanere oppure?
Professore Roberto Mancini: «C’era sicuramente una componente “sociale” portata avanti anche da Gaetano Rasi e il suo “Istituto di Studi Corporativi”, da uomini di cultura come il Professore Luigi Gallinari. Però quello che io ho sempre contestato – e l’ho ripetuto durante la conferenza – è la mancanza totale di formazione culturale dentro l’MSI. Come ho affermato durante il mio intervento, molti dei personaggi di cui io adesso parlo tutti i giorni, da militante dell’MSI non ce li spiegava nessuno. Durante la conferenza ho citato Giuseppe Solaro, ci sono personaggi come Marcello Gallian che addirittura erano dei barboni e che hanno vissuto sotto i ponti, personaggi come Berto Ricci che il giorno del suo matrimonio ha offerto cinque cappuccini e due cornetti ed era professore di matematica: personaggi bellissimi. Nessuno ci ha spiegato che ci sono Fascisti che vengono dall’Anarchismo: la corrente dell’Anarcofascismo. Ecco questa mancanza è stata l’aspetto più grave del Movimento Sociale, che però ha svolto per certi aspetti un ruolo importantissimo. Ma la domanda iniziale mia credo che sia alla base di tutto il discorso: il Fascismo è conciliabile o no con la democrazia parlamentare? Tutto lì nasce. Tutto il resto è conseguenziale. Nella nascita del Movimento Sociale i Fini sono normali, vengono fisiologici, perché in quel tipo di sistema quando ti istituzionalizzi se non ci si definisce per quello che si è, cioè Fascista, tutto il resto diventa conseguenziale. E’ per quello che sei che c’è la modernità, è per quello che sei che c’è la Socializzazione dell’economia, è per quello che sei che fai del lavoro l’unico soggetto dell’economia e sconfiggi la sinistra perché vai oltre la sinistra senza essere Comunista. Benito Mussolini odiava la destra e il Movimento Sociale è definito di destra. Nel mio libro “Oltre destra e sinistra: il Socialismo Fascista”, ci sono dei documenti che chiariscono che noi non abbiamo nulla a che vedere con la destra. Noi siamo oltre la destra e la sinistra, noi siamo per il superamento di questi steccati. E da qui nasce anche una disinformazione molto grave nei confronti dei giovani. Perché bisogna dare dei riferimenti chiari ai giovani. In un contesto che si definiva di destra, è ovvio che sia giunto un personaggio come Fini. Perché se si crede che il Fascismo sia andare a vedere il film “Berretti verdi” di John Wayne – come raccontava sempre Gianfranco Fini – e andare a difendere l’impresa americana in Vietnam, si capisce che della nostra storia non ha capito nulla.».
A 70 anni dalla fondazione del Movimento Sociale Italiano e a 20 dalla sua fine con la “Svolta di Fiuggi”, quali possono essere le battaglie di oggi che si possono anche mettere in continuità con quelle che sono le origini dell’MSI? Oggi dove è proiettato il futuro e quali battaglie possono portare avanti i partiti o i movimenti che si definiscono “alternativi”?
Professore Roberto Mancini: «La battaglia deve essere essenzialmente sociale! I nostri giovani non devono essere più costretti ad andare a cercare un posto di lavoro all’estero. In Italia mia figlia ha vinto un concorso da 5 anni – il famoso “Concorsone” bandito a Roma dalla Giunta di Gianni Alemanno – e ancora non è entrata. Fortunatamente sta entrando ora con la Giunta di Virginia Raggi che da quel punto di vista sta invece operando bene. Io credo che si debba condurre soprattutto una battaglia sociale, perché i nostri figli non avranno una pensione e saranno legati a contratti a tempo determinato, per cui bisogna battersi per creare uno “Stato Sociale”. E si può creare soltanto attraverso una rappresentanza di categorie del lavoro che non siano una rappresentanza di politici, perché la categoria rappresenta una specializzazione dell’eletto. Non un politico, di cui l’Italia possiede i politici più ignoranti del mondo: essi non sanno nemmeno chi è stato Giuseppe Mazzini e Giuseppe Garibaldi. Il futuro dei giovani e della politica deve essere una battaglia sociale al di là di quelli che possono essere gli steccati della destra e della sinistra. Bisogna ricostituire uno Stato Corporativo che vada verso un’assoluta Socializzazione. E bisogna recuperare la nostra idea, non ci dobbiamo più vergognare di essere quelli che siamo, perché con quell’idea siamo moderni e sulla base di quell’idea potremo proiettarci verso il futuro. Anch’io spero che i giovani possano avere un futuro migliore di quello che abbiamo avuto noi.»
Federico Pulcinelli – Agenzia Stampa Italia