(ASI) Hong Kong sta combattendo una battaglia per la democrazia. Nel suo caso una battaglia per la sopravvivenza.
Hong Kong è l’ultimo bastione democratico rimasto in Cina, una città che per molto tempo è rimasta indipendente e solo dal 1997 è entrata a far parte del territorio cinese come Amministrazione Speciale.
Il movimento studentesco “Occupy Central with Love and Peace” combatte per avere libere elezioni nella città e contro la decisione di Pechino di imporre solamente due o tre candidati scelti da un comitato del Partito Comunista, che minaccia di usare la forza in caso di comportamenti illegali durante le proteste. Si contesta dunque la legge elettorale che verrà utilizzata per le prossime elezioni e che rischia di portare Pechino al controllo effettivo della città, rompendo la promessa ad Hong Kong di indipendenza. L’epicentro degli scontri, duranti i quali sono stati usati gas lacrimogeni dalle forze dell’ordine cinesi, è stato il centro della città, dove ha sede il governo dell’isola. Da venerdì il totale degli arresti è di 78, tra cui Joshua Wong, un ragazzo di 17 anni e leader degli studenti che successivamente è stato rilasciato. 34 invece sono i feriti.
La tensione ad Hong Kong è alta e questo ha spinto la Cina a intimare al resto del mondo di non immischiarsi negli affari cinesi, poiché si tratterebbe secondo le autorità di una questione interna. Le proteste continuano, mentre le linee di autobus vengono bloccate o soppresse e i cortei in favore della democrazia continuano a sfilare per le strade. Mentre la borsa cala a picco e le strade sono ormai inagibili, Pechino non sembra, almeno per ora, disposta a negoziare con i giovani.
In Cina una nuova generazione chiede la democrazia a gran voce, ma da Occidente, finora, è giunto solo il silenzio.
Guglielmo Cassiani Ingoni – Agenzia Stampa Italia