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D: Otto anni di ARUSIA, un osservatorio privilegiato sull’agricoltura umbra e non solo, in molti Le riconoscono di aver saputo preservare le ragioni per cui l’ARUSIA era nata, cioè lo sviluppo e l’innovazione dell’agricoltura umbra, nonostante sia diventato nel tempo molto esteso il ruolo tecnico-amministrativo di istruttoria delle domande presentate sui bandi regionali per le misure ed i finanziamenti del Piano di sviluppo rurale.
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R: Si, nel tempo l’ARUSIA ha gestito in misura crescente l’istruttoria tecnica ed amministrativa di alcune misure del Piano di Sviluppo Rurale, che è il principale strumento a sostegno dell’integrazione e dell’innovazione nel comparto agricolo. Anche nello svolgere questo ruolo più “burocratico”, comunque, abbiamo cercato di innovare e snellire le procedure di istruttoria delle domande su progetti di sviluppo presentati dalle imprese agricole. Per esempio, abbiamo introdotto una maggiore informatizzazione attraverso il SIAR (sistema agricolo informativo regionale) le cui procedure sono utilizzabili on-line dagli utenti pubblici e privati a ciò abilitati. Inoltre, siamo riusciti ad avere da Agea (Organismo pagatore a livello centrale) le banche dati, in formato utile per l’istruttoria delle domande di aiuto presentate non solo per l’anno 2010, ma anche per 2008, permettendo di recuperare i ritardi accumulati nell’evasione delle domande. Si tratta di numeri non trascurabili, dal momento che nel periodo 2008-2010 sono state presentate quasi 36.500 domande di cui 13.500 di aiuto e 23.000 di pagamento. Entro il mese di giugno 2010 Arusia ha provveduto ad approvare 26 graduatorie per varie annualità: la somma totale delle spettanze agli agricoltori umbri sfiora i 40 milioni di euro. A partire dal mese di luglio 2010 l’A.R.U.S.I.A. ha potuto avviare l’istruttoria delle domande, pervenendo alla emissione di alcuni elenchi di liquidazione per altri 30 milioni di euro circa. Va inoltre sottolineato l’imponente lavoro istruttorio legato alle pratiche della Misura 121 (Ammodernamento delle aziende agricole), che ha portato alla gestione di circa 700 domande e alla approvazione di piani di investimento per circa 131 milioni di euro, cui corrisponde un contributo totale pari a circa 54 milioni di euro. Si tratta nel complesso di cifre molto significative, che costituiscono uno strumento fondamentale per finanziare la modernizzazione dell’agricoltura umbra.
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D: E sul piano più puramente dello sviluppo e dell’innovazione cosa è stato fatto?
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R: Abbiamo continuato a seguire con cura queste funzioni che non solo erano le ragioni fondative di ARUSIA, ma rappresentano le uniche armi dell’agricoltura umbra per affermarsi nel sistema competitivo globalizzato. Le parole chiave sono la qualità dei prodotti, la tracciabilità, la garanzia organolettica, il rispetto delle condizioni igienico-sanitarie delle produzioni. In vari settori abbiamo puntato a questi obiettivi con progetti il cui spessore è stato garantito, tra l’altro, da uno stretto raccordo con l’Università di Perugia.
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D: Vuol citarne alcuni a titolo di esempio?
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R: Nell’olivicoltura l’innovazione dei macchinari e la meccanizzazione di tutte le operazioni colturali, e soprattutto della raccolta e potatura, con un abbattimento dei costi di produzione del 70-90% e la diminuzione dei rischi di incidenti sul lavoro. Nella vitivinicoltura, il reinserimento di vitigni tradizionali, come il vin santo ed il muffato dell’orvietano; la caratterizzazione e valorizzazione di vitigni locali come il Pecorino di Norcia e il Moscato di Nocera. Stessa cosa nella frutticoltura, ad esempio con la Pesca di Montecorona; mentre, nella cerealicoltura si stanno facendo sperimentazioni su diverse varietà di grano tenero e duro e di orzo per testare quelle più idonee alla coltivazione nel nostro territorio per caratteristiche qualitative e di resistenza alle patologia. Nella zootecnia si è molto lavorato sullo sviluppo dell’allevamento suinicolo all’aperto, per il quale è stato redatto un apposito manuale e promossa un’apposita filiera, nella quale molte aziende chiedono di entrare. Nel campo della tutela della biodiversità è stata avviata una sperimentazione sin dal 2006, congiuntamente con Syngenta e con l’Università di Perugia, volta a realizzare delle fasce di terreno a lato di più ampi spazi di coltura in cui favorire lo sviluppo di insetti pronubi, la cui presenza determina un migliore sviluppo, qualitativo e quantitativo, delle colture limitrofe, una maggiore tutela della biodiversità ed il miglioramento delle condizioni ambientali dell’ambiente agrario. Nel settore delle bioenergie, Arusia sta svolgendo un ruolo di informazione, orientamento, supporto tecnico e istituzionale finalizzato all’accesso alle misure e alle opportunità per le singole aziende e alla nascita di progetti integrati di filiera bioenergetica. Negli ultimi anni è enormemente cresciuto l’interesse verso la produzione di energia da fonti agricole, alla luce anche degli obblighi, assunti dai Paesi dell’Unione europea, di incrementare negli anni a venire la quota di energia prodotta da fonti rinnovabili. Questo settore è ormai al centro dell’attenzione, perché è un’interessante fonte di integrazione del reddito e di incremento dell’autosostentamento energetico delle aziende agricole, oltreché un’opportunità per risolvere i problemi legati allo smaltimento dei reflui zootecnici e dei residui delle lavorazioni dell’industria agroalimentare.
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D: Orsini, dopo anni dedicati alle problematiche dell’agricoltura umbra, se dovesse dire in poche battute come sta il Settore e se lo stesso può rappresentare ancora una prospettiva occupazionale, come se la caverebbe?
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R: Non sta benissimo, risente della crisi generale come l’agricoltura nazionale e come tutti i settori produttivi. L’impresa agricola umbra può sopravvivere se e nella misura in cui ha un approccio multifunzionale e di filiera corta, oltreché i necessari supporti di finanziamento. La multifunzionalità significa che non solo fa prodotti agricoli, ma che si differenzia e integra il reddito con altre attività collaterali, come l’accoglienza turistica rurale (agriturismo, case vacanza, etc.) o le energie alternative (biogas e fotovoltaico). La filiera corta vuol dire che si passa dal produttore al consumatore senza intermediazioni e polverizzazioni dei ricavi. Questo presuppone che la coltivazione sia di qualità, intensiva e non estensiva, insomma di eccellenza. Solo così l’agricoltura umbra può produrre redditi e occupazione e devo dire che le nostre aziende hanno ormai raggiunto piena consapevolezza della cosa.
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D: Adolfo Orsini è stato e rimane un uomo politico di razza, non possiamo farci sfuggire l’occasione per chiederLe una breve analisi su quella che ormai molti definiscono la crisi irreversibile e l’autoreferenzialità della politica, a tutti i livelli, quindi Umbria compresa.
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R: Dopo tangentopoli, la “nuova” politica ha pensato di dover liquidare le vecchie forze politiche per meglio interpretare i bisogni dei cittadini. Ma il risultato è stato deludente, sia a destra che a sinistra. Le aspettative dei giovani, in particolare, sono state completamente deluse. Le generazioni precedenti hanno vissuto la politica che aveva al centro del confronto valori, moralità, problemi dei territori, progetti e cose da fare per la gente. Oggi, l’onda “berlusconiana” per certi tratti ha contagiato anche la classe dirigente del centro sinistra ed è ormai generalizzata una personalizzazione della politica che nulla ha a che fare con la tutela degli interessi generali. L’Umbria non è purtroppo esente da questo processo, anzi, vi sono delle accentuazioni dovute proprio al fatto che qui siamo forza di governo. Anche molti giovani che si avvicinano alla politica, non vedono l’impegno politico come impegno sociale e di servizio, ma come il trampolino di lancio per “carriere” nelle istituzioni.
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D: C’entra qualcosa questo ragionamento con le recenti primarie per le comunali di Città di Castello, la città di cui Lei è stato sindaco per dieci anni, dove il candidato del PD è stato battuto da quello dei socialisti?
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R: Anche a Castello la politica non ha dato il meglio di sé; voglio parlare di casa mia, e mi riferisco in particolare alle divisioni interne al PD, che hanno favorito spaccature nel centrosinistra, che si presenterà con tre liste distinte. In più, però, a Castello, come pure a Gubbio, si è verificato un fatto che ha inquinato la limpidità delle scelte, ovvero che il centro-destra, con un voto organizzato e non spontaneo, ha influito sull’esito delle primarie del centrosinistra. Voglio precisare che non ci saranno, comunque, conseguenze sconvolgenti alle elezioni comunali, perché la classe dirigente del centro-destra rimane non competitiva e non all’altezza della prova. Però, resta il fatto che uno strumento democratico come le primarie, è diventato un’occasione in cui le furbizie trasversali hanno prevalso sul confronto e sulle scelte basate su progetti politici diversi. Le primarie vanno perciò non abolite, specie quelle per il Parlamento nazionale se resta l’attuale legge che nomina e non elegge i candidati; però, vanno ripensate, introducendo regole e meccanismi come per esempio il registro degli aventi diritto al voto, da redigere in tempi non sospetti e previo pagamento di un contributo, tanto per rendere più certo il legame tra chi vota e la coalizione per le cui primarie va a votare.
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D: Da ex sindaco della Sua città, su quali punti ritiene che dovrà concentrarsi la prossima amministrazione comunale che uscirà dalle elezioni?
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R: C’è una priorità su tutte: politiche di nuovo sviluppo per l’occupazione e la stabilizzazione dei precari. Città di castello produce un terzo del PIL umbro, per la forte presenza di aziende manifatturiere sul suo territorio, quindi sta soffrendo molto più di altre zone l’attuale crisi. In concreto, ed in pillole: un’ottica moderna per rivalutare il centro storico, oggi non più vissuto dai tifernati; il rilancio e la promozione delle attività culturali e delle risorse artistiche e ambientali come fattori di sviluppo economico legati al turismo; un generale ripensamento nel settore urbanistico, evitando politiche espansive e di consumo del territorio per privilegiare il riuso del patrimonio esistente, e ciò sia nel centro storico, sia nelle altre zone abitative, che in quelle industriali; infine, una riqualificazione del tessuto urbano delle frazioni, spesso cresciute impetuosamente a scapito di luoghi e spazi che ne facilitino la vivibilità e la socializzazione.
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D: Pensa che chi deve ascolterà i suoi suggerimenti?
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R: Ritengo di si, ma non solo e non tanto perché vengono da me, quanto e soprattutto perché sono espressione delle esigenze sentite dai cittadini. La “vecchia politica”, di cui sono stato un assiduo e non pentito frequentatore, non avrebbe rischiato di trascurarle per correre dietro a carrierismi e intrighi più o meno trasversali.