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(ASI) Prendiamo i recenti fatti che dall' India alla Nigeria gettano cattiva luce sull' immagine internazionale dell' Italia. In primo luogo la detenzione dei due fucilieri La Torre e Girone, accusati di aver ucciso due pescatori del luogo, operata peraltro in maniera ingannevole dalle autorità indiane, sulla base di una presunta giurisdizione territoriale dello stato del Kerala; in secondo luogo la vicenda del tentato e malriuscito colpo di mano dei reparti speciali delle forze armate britanniche contro un gruppo armato nigeriano, nel quale hanno perso la vita entrambi gli ostaggi che si sarebbero voluti liberare, dei quali uno, Lamolinara, italiano.


Soprassedendo ad un' analisi minuziosa dello svolgimento dei due avvenimenti, che è già stata oggetto di copiosi approfondimenti, da una lettura in parallelo di questi fatti è possibile trarre alcune riflessioni sulla politica estera del nostro Paese.

Nel caso indiano, pur dovendo leggere l' adescamento e la successiva detenzione dei nostri militari da parte della polizia del luogo come un messaggio di forza in vista delle elezioni amministrative nel distretto federale del Kerala, piuttosto che di una sfortunata coincidenza si deve parlare di un forte segnale nella direzione dell' affievolimento del prestigio che l' Italia gode nella comunità internazionale. Per intendersi, non è credibile che un comportamento simile sarebbe stato tenuto nei confronti di cittadini statunitensi o cinesi, per il solo timore di irritare i rispettivi Esecutivi.

Nel caso nigeriano il punto dell' aspra contesa diplomatica è l' assenza totale, sebbene da Londra sia inizialmente arrivata una recisa smentita a riguardo, di consultazione con Roma prima di intraprendere un attacco nel quale sarebbe stata a rischio anche la vita di un cittadino italiano.

Chiarito che le successive dichiarazioni del titolare britannico degli esteri Hague, in base alle quali l' avvertimento sarebbe giunto in corso di esecuzione del blitz- il che equivale a dar notizia quel tanto prima che la cosa si sappia sui giornali ed in ultima analisi a non dare affatto preavviso- sono servite solo a dare una parvenza di delucidazione, ma non a evidenziare le reali ragioni e dinamiche dell' accaduto, anche in questa situazione rifulge la scarsa considerazione di cui il Bel Paese gode presso gli altri Stati.

Se consideriamo che odiernamente, più che in passato, l' influenza che uno Stato può esercitare in politica estera è funzione del peso economico che questi detiene nello scacchiere globale, non c' è da meravigliarsi che in un momento di grave difficoltà interna economica finanziaria e produttiva, l' Italia debba sottostare alle regole che al gioco vogliono imporre India e Regno Unito, il quale,per fare un esempio, ha la forza di mantenersi al di fuori del fronte comune comunitario sulle misure da adottare per regolamentare i mercati finanziari.

Altro indicatore poco indagato della forza britannica in ambito internazionale è costituito dal fatto che le emissioni obbligazionarie elleniche che seguiranno la rinegoziazione del debito pubblico di Atene saranno sottoposte alla regolamentazione britannica in materia, che evidentemente è presa ad esempio di affidabilità e sicurezza.

Tuttavia i motivi del declino politico-diplomatico patito negli ultimi tempi dall' Italia non sono da riscontrare unicamente in processi macroeconomici, bensì anche in ambito interno, nella litigiosità esasperata della politica che è sempre più occupata a mostrare un' opposizione ad oltranza di uno schieramento nei confronti dell' altro- nella fase attuale di tripolarismo con risultati ancor più caotici- piuttosto che a risolvere i problemi. Semplificando, è mai possibile che all' estero si abbia riguardo verso uno Stato che in più di un' occasione mostra bassissima coesione interna? Basterebbe ricordare la grottesca spaccatura nell' allora maggioranza Pdl- Lega sulla questione dell' intervento in Libia. In quale altro Paese al mondo si trova un Esecutivo diviso a tal punto su una questione di così vitale importanza?

Per risolvere simili impasse occorre un cambiamento di mentalità da parte della classe politica, nel senso di saper metter da parte le convinzioni proprie nel momento in cui sia in gioco l' immagine dell' Italia, che dovrebbe esser unitaria all' esterno. Occorre però che anche l' Europa faccia di più. Se è positivo che gli sproni in materia economica provenienti da Bruxelles spingano a metter mano a situazioni che altrimenti sarebbero trascurate, ad oneri nazionali in tema di bilanci pubblici, sistema previdenziale e mercato del lavoro, dovrebbero corrispondere altrettanti oneri comunitari sulla difesa di ognuno degli stati membri in caso di controversie internazionali.

Il celebre brocardo latino " protego, ergo obligo", che in tante occasioni nella storia ha dimostrato di esser una corretta chiave di lettura dei rapporti di forza tra i soggetti della politica internazionale, può trovare proficua applicazione anche in questa fase storica. Se dall' Unione continueranno ad arrivare ai membri unicamente richieste, che il più delle volte portano ad un ridimensionamento dei livelli di vita dei rispettivi cittadini, cui d' altro canto troppo ottimisticamente si era rimasti attaccati ed invece non sarà assicurata alcuna protezione o garanzia in certe circostanze, quando più che mai sarebbe utile poter fare fronte comune nei confronti di altri soggetti, allora è lecito dubitare della solidità delle istituzioni comunitarie nel lungo periodo.

Si tratta di una sfida, di fronte alla quale non si può volger altrove lo sguardo. Urge porre mente alla forma che l' Unione Europea vuole assumere tanto al suo interno, quanto all' esterno in uno scenario mondiale che non permette di indulgere davanti all' incalzare di nuove potenze da Oriente ( Cina, India) ed Occidente ( Brasile). Di fronte a questa urgenza, l' auspicio per l' Italia, la quale sulle macerie del secondo conflitto mondiale è stata tra le prime a sognare prima e a progettare poi un " vecchio continente" unito, è che sappia farsi portatrice di simili istanze, poiché le implicazioni che ne scaturiscono si proiettano molto oltre le due vicende esaminate.

 Damiano Cuppone Agenzia Stampa Italia

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