(ASI) È diventato un caso nazionale quello della cosiddetta “famiglia nei boschi”, i coniugi Trevallion di Palmoli (Chieti), dopo il decreto del Tribunale per i Minorenni dell’Aquila del 20 novembre 2025 che ha disposto l’allontanamento dei tre figli minorenni e la sospensione della responsabilità genitoriale.
La decisione ha provocato una reazione immediata di Pro Vita & Famiglia Onlus, prima Associazione a mobilitarsi pubblicamente sulla vicenda.
L’Associazione giudica il provvedimento una violazione del primato educativo dei genitori sancito dall’articolo 30 della Costituzione, sostenendo che non sarebbero stati accertati abusi, maltrattamenti o conseguenze dannose tali da giustificare la misura. Secondo la stessa, il semplice stile di vita scelto dai coniugi — una casa isolata immersa nella natura e percorsi educativi non convenzionali — non può essere considerato motivo sufficiente per separare i minori dai genitori.
Già il 19 novembre l’Associazione ha lanciato la petizione «Il Ministro Nordio tuteli la “famiglia nei boschi” e il primato educativo dei genitori», che al 24 novembre ha superato le 40.000 firme. L’iniziativa chiede la revoca del decreto, il ritorno immediato dei bambini nella loro abitazione e una riforma che limiti gli allontanamenti coatti ai soli casi di grave rischio, favorendo invece interventi di sostegno — dall’agibilità dell’abitazione all’assistenza sanitaria, scolastica ed economica — quando emergono criticità di carattere pratico.
Secondo l’Associazione, la vicenda rischia di costituire un precedente pericoloso. Il portavoce Jacopo Coghe avverte: «Se passa il principio che chi esce dai binari dell’omologazione politicamente corretta può vedersi portare via i figli, nessuna famiglia è più al sicuro». E aggiunge: «Se oggi si tolgono i figli a chi vive senza corrente elettrica, domani potrà accadere a qualsiasi famiglia che esca dai binari dell’omologazione». Per Coghe, un intervento giudiziario motivato soltanto da uno stile di vita non convenzionale potrebbe in futuro riguardare anche chi sceglie l’istruzione parentale, chi contesta determinati programmi scolastici o chi educa i figli secondo valori considerati non allineati alla cultura dominante.
La vicenda è giunta anche ai vertici istituzionali. Il ministro della Giustizia Carlo Nordio, su richiesta della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, ha disposto una relazione ufficiale alla Procura Generale dell’Aquila per chiarire ogni aspetto del caso. L’Associazione ha accolto positivamente l’iniziativa, giudicandola coerente con quanto chiesto nella petizione. Coghe sottolinea inoltre il ruolo della famiglia nella società: «I figli non sono proprietà dello Stato, ma appartengono prima di tutto ai loro genitori». L’Associazione collega il caso Trevallion alla sua battaglia più ampia per la libertà educativa, ribadendo la richiesta che ogni attività di educazione affettiva o sessuale nelle scuole sia svolta solo con il consenso preventivo, esplicito e informato dei genitori.
Nelle ultime ore il tema della libertà educativa è tornato anche nel dibattito politico, dopo una dichiarazione della Presidente del Consiglio sulla necessità che la scuola mantenga un ruolo sussidiario rispetto alla famiglia, in particolare per quanto riguarda percorsi di educazione sessuale e affettiva. Pur non riferendosi nello specifico al caso dei coniugi Trevallion, le parole della premier sono state interpretate dall’Associazione come un segnale di attenzione verso il principio, da essa richiamato, secondo cui «il primato educativo spetta ai genitori». Nel frattempo la mobilitazione prosegue sul sito provitaefamiglia.it, dove la petizione continua a raccogliere adesioni, mentre si attendono gli esiti della relazione chiesta dal Ministero della Giustizia.



