(ASI) Roma - “È stato un incontro inconcludente. Su un tema così rilevante, che interessa 3,6 milioni di lavoratori, dal governo non abbiamo ascoltato alcuna proposta se non quella di coinvolgere il Cnel.
Non mi pare ci fosse, da parte della presidente del Consiglio, la giusta conoscenza della nostra pdl. Le abbiamo ribadito i contenuti del testo, che punta a rafforzare la contrattazione collettiva “sana” e a fissare una soglia minima inderogabile di 9 euro lordi l’ora laddove il trattamento economico minimo previsto dai contratti collettivi nazionali stipulati dalle associazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative sia inferiore. Se non interviene come hanno fatto Germania e Francia la situazione nel nostro Paese non migliorerà”. Lo ha detto l’ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo (M5S) in un’intervista al Manifesto.
La coordinatrice del Comitato per le politiche del lavoro del M5S ha poi smentito l’ipotesi secondo cui con il salario minimo legale le imprese potrebbero uscire dalla contrattazione collettiva: “Proprio l’art. 2 del ddl - ha spiegato - indica per l’applicazione del Tec e del Tem i Ccnl stipulati dalle sigle sindacali e dalle organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative. Quindi non c’è alcun rischio né pericolo che tale scenario possa verificarsi. È quando si punta sulla qualità del lavoro che aumenta la produttività”. Salario minimo come punto di partenza per saldare le opposizioni? “Sui temi condivisi è importante unirsi. Intanto, nei prossimi giorni lanceremo una raccolta firme per far sentire al governo la voce dei cittadini” ha risposto Catalfo.