(ASI) Con il 53,8% delle preferenze, Elli Schlein è diventata la prima donna alla guida del Pd, sconfiggendo il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini.
A cinque mesi dal trionfo del centro-destra capeggiato da Giorgia Meloni e dal varo del primo governo guidato da una donna, l'Italia vede un'altra donna nominata leader di una principale formazione politica, il centro-sinistra in questo caso.
Nata a Lugano nel 1985, Elena Ethel Schlein ha alle spalle una storia familiare forgiata da diverse culture. I genitori sono due professori universitari. Il padre, politologo statunitense, nasce in una famiglia ebraica askhenazita proveniente dalla regione di Leopoli (allora in Polonia e attualmente nell’Ucraina occidentale), la madre, italiana, è una giurista. Il nonno materno, Agostino Viviani, avvocato, è stato senatore socialista negli anni settanta.
Che sinistra sarà?
La nuova sinistra, saldamente dalla parte degli Stati Uniti, sideralmente distante da tutto ciò che Gramsci poteva augurarsi, scopre Elli Schlein, il meglio attualmente in circolazione però, da mettere in piazza per la nuova sinistra liberale.
Elli è pronta a battagliare contro la destra del governo, quella che si proponeva come rottura ( alle manovre scellerate di Draghi) ma che per ora si è rilevata piena continuità con il passato ( armi all’Ucraina per tutto il 2023) e abile a glissare sui pestaggi squadristi ( da Meloni a Valditara). La Schlein, rappresenta quelle nuove correnti della globalizzazione di sinistra, quella green, LGBT, in supporto alla sensibilità genderfluid e alle minoranze da proteggere (come i migranti). Diseguaglianza, clima e precarietà sono le tre sfide alla base del suo pensiero, una sorta di nuovo contratto sociale in grado di redistribuire chi più ha verso chi meno possiede.
Anti-renziana
Volontaria nella campagna elettorale di Barack Obama, nel 2013 la Schlein lanciò insieme ad altri OccupyPd, nata per protestare contro i 101 che affossarono l’elezione di Romano Prodi al Quirinale e proponendo 102 (una in più) idee per cambiare il centrosinistra. L’anno dopo venne candidata con le liste del Pd alle Europee vincendo. Uscì dal partito, insieme a Pippo Civati in aperto contrasto con Matteo Renzi, per fondare Possibile, altra esperienza da cui poi si allontanò.
La battaglia alle Regionali
Successivamente decise di non ricandidarsi alle elezioni Europee, tornando in campo per le Regionali di gennaio 2020, dando vita ad un rassemblement ecologista-progressista, con l’obiettivo di raccogliere tutte le forze di sinistra che sostenevano Bonaccini in quel momento fortemente minacciate dal centrodestra.
Bonaccini alla fine vinse e si riconfermò presidente, mentre Emilia-Romagna Coraggiosa, questo il nome del movimento capitanato dalla Schlein, contribui’ con il 3,8%. A Bologna, da sola, ne prese più dei big del Pd. “Non vogliamo fare la sinistra della ztl, perché la sinistra può e deve tornare a parlare a quei territori che si sono sentiti un po’ abbandonati”, commentò.
Le primarie
Entrata di diritto in giunta, Bonaccini decise di affidarle l’incarico di vicepresidente con delega al Welfare, ruolo che ha rivestito per gli ultimi tre anni, attraversando tutto il periodo Covid. Da vicepresidente si è candidata alle Politiche nel settembre 2022, capolista, ottenendo un seggio alla Camera, pur rimanendo ancora non iscritta al Pd. Due settimane dopo la discesa in campo di Stefano Bonaccini, ha annunciato la scelta di correre per la segreteria del Pd sfidando proprio il presidente dell’Emilia Romagna, con il risultato finale, che tutti conosciamo.
Una battaglia interna?
Insomma, come la Schlein voglia spingere il proprio partito alla lotta contro le destre sui temi principali (lavoro, scuola, sanità, migranti, diritti civili, ambiente ), ci sembra a grandi linee abbastanza chiaro, almeno a parole. Più complicata sembra la partita interna, invece, ovvero quella che dovrà giocare con le opposizioni in seno al suo partito.
Quello ricevuto dai militanti di partito con le primarie resta un segnale chiaro: l’intento di cambiare davvero volto, metodo e visione. D’altra parte, il Pd è nato come un’organizzazione strutturata soprattutto in vista della gestione del potere, costruita su gruppi e correnti più che sue idee e passioni politiche. Il meccanismo delle primarie ha radicalizzato sempre più questa sua natura ibrida, virando verso un profondo rinnovo del partito.
“Tra le candidature in campo, sono l’unica che non ha fatto parte del gruppo dirigente del Partito democratico negli ultimi dieci anni”, ha affermato la Schlein. Ecco che quindi, mi si permetta, sembra passi l’idea di un partito che non piace a nessuno, neppure a chi si batte per guidarlo. A queste condizioni, salvo grandi mutamenti, quella interna verso alcune sacche di resistenza (alla poltrona), potrebbe essere la sfida più aspra di quella sbandierata verso la destra italiana.
Emilio Cassese - Agenzia Stampa Italia