(ASI) Roma - “Uno dei temi che, nelle ultime settimane, ha attirato particolarmente l’attenzione dell’opinione pubblica e dei commentatori riguarda la proposta di legge c.d. Zan contro le discriminazioni e violenze per orientamento sessuale, genere e identità di genere, che prende il nome dal suo relatore.
La proposta al vaglio del Parlamento amplia le garanzie all’individuo estendendo le tutele già previste dal Codice penale e dalla Legge Mancino alle fattispecie discriminatorie richiamate. Non trovano fondamento le tesi dei critici del disegno di legge che sostengono si tratti di una ingiusta limitazione della propria libertà. Non esiste infatti alcuna libertà di discriminazione, né nel diritto positivo, né essa è rinvenibile nel diritto naturale. Essere liberali significa prima di tutto rispettare la libertà altrui, che trova prima declinazione nella manifestazione del modo di essere della persona che non è legittimo vanga sottoposto a discriminazioni o limitazioni di alcun tipo se non quelle a tutela dei diritti e delle libertà degli altri consociati.
Genere e orientamento sessuale sono senza ombra di dubbio elementi primari della personalità e per questo meritano quella tutela rafforzata già prevista nel nostro ordinamento per la sfera religiosa, l’etnia o la nazionalità. Se può quindi essere condiviso di principio lo spirito della normativa e le prime disposizioni fondamentali, non può non censurarsi anche dal punto di vista della redazione normativa l’art. 4 della proposta.
Tale disposizione non è altro che un’inutile superfetazione che presta il fianco alle critiche dei detrattori della Legge che hanno gioco facile, grazie a una formulazione ambigua, a paventare il pericolo di limitazione della propria libertà di pensiero già richiamata e che di per sé non sussiste. Sbaglia infatti il proponente a subordinare il pluralismo delle idee al “pericolo del compimento di atti discriminatori”. Il pluralismo è la più grande conquista dei tempi moderni e nessun’idea è in re ipsa capace a rappresentare un pericolo. Solo l’attuazione di quelle idee è elemento idoneo a giustificare la pretesa punitiva dello Stato.
E solo l’attuazione di quelle idee viola concretamente la sfera giuridica del soggetto discriminato. Ciò considerato, con convinzione rinnoviamo il nostro appoggio alla proposta legislativa in oggetto, con il suggerimento tuttavia di modificare l’articolo richiamato alfine di non prestare il fianco a chi volesse una delegittimazione totale dell’iniziativa” - Così Alessandro Bertoldi, Direttore esecutivo dell’Istituto Milton Friedman.