Sconfessate le 'Famiglie Arcobaleno', Mario Adinolfi del Popolo della Famiglia commenta così le recenti sentenze della Corte Costituzionale

Papa e Adinolfi(ASI) Nel silenzio generale due sentenze della Corte Costituzionale in tre giorni cancellano definitivamente la possibilità di riferirsi ai nuclei composti da gay o lesbiche come “famiglie”.

Non è una sorpresa per il Popolo della Famiglia, che ha sempre fatto riferimento all’articolo 29 della Costituzione, che offre della famiglia una precisa definizione: “Società naturale fondata sul matrimonio”. Per anni però abbiamo subito una offensiva mediatica e culturale che obbligava a riferirsi alle “famiglie arcobaleno” come baluardo della cosiddetta “genitorialità intenzionale” da contrapporre alla ormai vetusta “genitorialità biologica”. Il passo successivo è stato vestire di legittimazione tutta mediatica la cosiddetta “omogenitorialità”. La legislatura 2013-2018, approvando leggi contro la famiglia e contro la vita come divorzio breve e Dat, si caratterizzava nel 2016 con la legge Cirinnà con il tentativo anche normativo di trasformare le coppie gay in famiglia. Monica Cirinnà e il suo mandante Sergio Lo Giudice tentarono di inserire nella legge in premessa il riferimento all’articolo 29 della Costituzione, ma furono sconfessati e dovettero cancellarlo, ripiegando sull’articolo 2 della Costituzione. Le coppie gay e lesbiche che si uniscono civilmente (poche migliaia peraltro rispetto a ventinove milioni di italiani che hanno scelto il vincolo matrimoniale) lo fanno dunque in virtù di una legge che fa esplicitamente riferimento alle “formazioni sociali particolari” (articolo 2 della Costituzione) e non alla famiglia (articolo 29 della Costituzione).

Sconfitto in Parlamento il tentativo di dare cornice giuridica alle “famiglie arcobaleno”, cosa ha fatto la potentissima e nota lobby che occupa casematte al governo, nelle televisioni, nei giornali, nell’editoria e nello spettacolo? Ha costruito un’offensiva mediatica affermando che due gay o dei lesbiche si “sposano” (non è vero, non esiste il matrimonio gay in Italia, si possono sposare solo persone di sesso diverso) e “generano figli”, *costituendo famiglia. Come possono due femmine generare figli? Non possono, serve il seme maschile. Come possono due maschi generare figli? Non possono, servono un ovulo e un utero. Sono evidenze della natura che non possono essere contestate. Per questo i padri costituenti quando nel 1947 scrivono la norma che definisce la famiglia la descrivono come “società naturale” e aggiungono il vincolo matrimoniale per validarla.

I sostenitori delle “famiglie arcobaleno” dicono che i tempi cambiano e le norme devono adeguarsi allo spirito dei tempi. Così si apre la via alla “genitorialità intenzionale” in particolare utilizzando la strada della procreazione medicalmente assistita (pma). Se la natura frappone ostacoli, l’intenzione degli aspiranti genitori può forzarla attraverso le scoperte più recenti della scienza medica. Dopo decenni di far west, finalmente nel 2004 il legislatore vara la legge 40 che regola questo ambito. E nel regolarlo all’articolo 5 comma 1 stabilisce che alla pma possono accedere solo coppie composte da persone di sesso diverso, sposate o almeno conviventi. La legge 40 contiene inoltre il divieto di fecondazione eterologa, cioè usando il seme proveniente da un donatore esterno alla coppia.

Nel 2014 la Corte Costituzionale con la sentenza numero 162 rimuove il divieto di fecondazione eterologa dalla legge 40, ma ribadisce come validi i criteri di accesso alla stessa fissati dall’articolo 5 comma 1 di quella stessa legge. Con la sentenza 221 del 2019 la Corte Costituzionale nega l’accesso alla fecondazione eterologa alle coppie lesbiche perché non rientrano in quel comma che rappresenta il “paradigma familiare”. La Corte Costituzionale (e non potrebbe fare altrimenti dato l’articolo 29 della Costituzione) con la sentenza 221 ribadisce che la famiglia è sempre e solo composta dalla coppia uomo-donna, questo è il “paradigma familiare” previsto dall’ordinamento giuridico italiano.

(ASI) Alla sentenza 221 si assomma la sentenza della Corte Costituzionale di tre giorni fa avversa al Tribunale di Pisa che chiedeva se si potesse comporre un certificato anagrafico che evidenziasse un bambino come “figlio di due mamme” inginocchiandosi all’ordinamento giuridico di un Paese straniero. Ma l’ordinamento giuridico non lo consente e in tal senso si è espressa nel maggio 2019 anche la Corte di Cassazione.

Dunque, ricapitolando: per la Costituzione del 1948 articolo 29, per l’articolo 5 comma 1 legge 40 del 2004, per la sentenza della Corte Costituzionale 162 del 2014, persino per la legge Cirinnà del 2016, infine per la sentenza della Corte Costituzionale 221 del 2019, è famiglia solo la società naturale basata su una coppia di persone di sesso diverso unite in matrimonio o almeno stabilmente conviventi. È illegale in Italia per le coppie lesbiche utilizzare la fecondazione eterologa, è illegale per le coppie gay la pratica dell’utero in affitto, le “famiglie arcobaleno” sono dunque sconfessate e l’omogenitorialità nell’ordinamento giuridico italiano non esiste.

Da oltre sei anni, da quando ho scritto Voglio la mamma (grido del bambino strappato alla madre da un preteso e folle “diritto” di due maschi a comprarselo dalla partoriente), ho affermato che l’omogenitorialità è un “falso mito di progresso” da combattere perché lede il diritto del più fragile, cioè del bimbo che ha diritto di sapere che è figlio di una mamma e di un papà, sempre. Il quotidiano La Croce, i due Family Day, il Popolo della Famiglia, O capiamo o moriamo, sono stati strumenti con cui ho messo a disposizione ogni mia energia per affermare l’evidenza. L’ho fatto con tanti compagni di viaggio e non ce n’è uno che non abbia pesantemente pagato per l’affermazione di questa chiara ma scomodissima verità.

La sentenza 221 della Corte Costituzionale chiude un percorso in termini inequivocabili. Poiché lo fa in questi termini, la sentenza 221 è stata totalmente silenziata dai media. Totalmente. Solo La Croce ci ha aperto l’edizione del 24 ottobre 2019, sarà per noi una prima pagina storica che odora di vittoria dopo la fatica. Il metodo nordcoreano con cui la nota lobby è riuscita a non far arrivare all’opinione pubblica i termini di questa fondamentale sentenza mette francamente paura e fa capire come si muovono agilmente costoro nelle casematte del potere.

Questo piccolo gruppo che fa controinformazione e resistenza, però, riesce a farsi ascoltare con i suoi artigianali mezzi che somigliano a radio e ciclostilati della clandestinità. Ma, avamposti di verità quali siano, oggi salutiamo la nostra sostanziale vittoria per i diritti dei bambini, della famiglia naturale, della verità contro la menzogna, dell’amore gratuito dei papà e delle mamme contro gli egoismi alla Bibbiano di adulti che pensavano di potere tutto senza trovare nessuno a contrastarli. Il granellino di sabbia ha inceppato il meccanismo che sembrava destinato a macinarci.

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