(ASI) La risposta più scontata e spontanea sarebbe nessuno: ma un problema tanto complesso non può certamente essere liquidato in maniera così semplicistica.
(ASI) La risposta più scontata e spontanea sarebbe nessuno: ma un problema tanto complesso non può certamente essere liquidato in maniera così semplicistica.
Che la scuola viva da anni un profondo malessere non è certamente una scoperta clamorosa. Le stesse continue agitazioni studentesche dimostrano al di là di qualsiasi altra considerazione lo stato di disagio in cui versano gli studenti e i docenti più sensibili. Le riforme non hanno aiutato a completare una realtà a sé stante e nessuno si pone il problema del collegamento con il lavoro; un mondo, quello del lavoro che sta conoscendo una crisi epocale senza precedenti, motivo per cui le richieste a quello dello studio sono confuse, contraddittorie, spesso prive di riscontri concreti.
Ma la certezza che il famoso “ pezzo di carta” non è più utile di per sé pone tutta una serie di interrogativi cui la società intera deve trovare risposta.
Se è infatti assodato che a scuola: gli studenti non imparano niente di utile, sono abulici, il corpo docente è demotivato, i programmi sono inadeguati, le attrezzature carenti, non sarà forse opportuno iniziare subito uno studio che porti a soluzioni integrate e coerenti?
E se è vero che l'Italia ha un numero bassissimo di laureati in confronto agli altri paesi euopei in quanto l'università è diventata una specie di super liceo dove apprendere quanto mai studiato prima, perchè questo esiguo numero di “ addottorati” va ad ingrossare le file dei disoccupati?
Evidentemente anche l'università soffre della mancanza di un ancoraggio alla realtà lavorativa. Per non parlare poi dell'obbligo scolastico a 16 anni: intento molto civile, nobile ed in linea con l'Europa, è solamente un'altra “toppa” al sistema scolastico, senza revisionarlo da cima a fondo, non si correrà il rischio di dare ai giovani una serie di nozioni indifferenziate e tardare ulteriormente il momento di affrontare degli studi mirati e finalizzati al lavoro?
L'Italia è uno strano paese, in cui la formazione professionale viene snobbata e considerata di basso livello, salvo poi accusare laureati e diplomati di essere scarsamente professionali; per quanto riguarda le lauree brevi, che sembrano essere la panacea di tanti mali, se ne attende ancora fiduciosamente l'effetto taumaturgico sull'occupazione.
In sostanza ogni ordine e grado dell'istruzione ha urgente necessita di revisione e di buone riforme: occorre rivedere a fondo i programmi di insegnamento per adeguarli alle innovazioni del lavoro contemporaneo e futuro.
E' opportuno prevedere una maggiore continuità di insegnamento tra i vari livelli di istruzione, è improrogabile provvedere ad una seria e profonda formazione permanente degli insegnanti, che non si risolva nella solita operazione burla tutta apparenza e poca sostanza. È urgente che il sistema formativo italiano nella sua interezza divenga esempio e guida sia politica che amministrativa, sia morale che ideale, per i giovani, facendoli uscire dall'attuale stato di confusione e mancanza di certezze. È opportuno ricordare che le nazioni poco disponibili ad investire nello studio mettono in gioco il proprio futuro, come ci ricordano le parole di Aristotele, il quale sosteneva che “ lo studio è la migliore previdenza per la vecchiaia”, un concetto a tutt'oggi valido per i singoli e per le collettività.
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