(ASI) Coi ballottaggi di ieri, le elezioni amministrative di questa tornata del 2017 hanno segnato un dato incontrovertibile: il forte ritorno del centrodestra sulla scena politica nazionale.
Agonizzante sino all'anno scorso, quando tra Roma e Torino non era nemmeno arrivato al secondo turno lasciando il proscenio della sfida finale al Partito Democratico e al Movimento 5 Stelle, l'asse tra Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d'Italia oggi sfonda in quasi tutti i capoluoghi di provincia coinvolti.
Al centrodestra vanno infatti Genova, Verona, Piacenza, La Spezia, Monza, Como, Asti, Alessandria, Gorizia, Pistoia, L'Aquila, Lodi, Rieti, Catanzaro e Oristano. Il centrosinistra si aggiudica invece Padova, Taranto, Lecce e Lucca. Le coalizioni a guida PD, inoltre, perdono i ballottaggi anche a Parma, dove il sindaco uscente Pizzarotti (ex 5 Stelle) si conferma col 57,8% dei consensi, e a Carrara ("vice-capoluogo" della provincia di Massa-Carrara con 62.000 abitanti), dove il grillino De Pasquale ha trionfato con oltre il 65% dei voti.
Il risultato più eclatante è senza dubbio la vittoria del centro-destra a Genova, sia perché con i suoi 584.000 abitanti era la città più grande fra tutte quelle andate al voto, sia perché mai prima di ieri nella storia repubblicana la destra aveva conquistato la città della Lanterna, che dal 1975 - ultima esperienza democristiana - era stata ininterrottamente governata da sindaci espressione di forze di sinistra o di centrosinistra. La Liguria, inoltre, sembra trasformarsi in un nuovo laboratorio politico unitario per la coalizione che, dopo aver conquistato la Regione due anni fa, eleggendo Enrico Toti, ed il Comune di Savona lo scorso anno, sostenendo l'indipendente Ilaria Caprioglio, in un solo colpo si prende il capoluogo regionale e La Spezia.
Proprio nella città del Levante (94.000 abitanti), dove dal 1971 aveva governato la sinistra di tradizione comunista e post-comunista, con la sola eccezione dei socialisti Montefiori e Burrafato tra il 1985 e il 1992, Pierluigi Peracchini ha sconfitto nettamente lo sfidante Paolo Manfredini con quasi il 60% dei consensi. In Emilia, oltre a Parma, il PD esce sconfitto anche a Piacenza, città tradizionalmente distinta dal resto della regione, con diverse esperienze storiche democristiane e socialdemocratiche, influenzata com'è dalle dinamiche lombarde. Eppure, il nuovo sindaco Patrizia Barbieri riporta il centrodestra alla guida della città ducale dopo ben quindici anni di giunte di centrosinistra. Storico è invece il risultato di Vignola (25.000 abitanti), in provincia di Modena, dove il trentunenne leghista Simone Pelloni ha scardinato lo storico baluardo "rosso" locale.
In Toscana, se Lucca, dove il piddino Alessandro Tambellini vince di misura (50,52%) sullo sfidante di centrodestra Remo Santini, ha una storia peculiare e per certi aspetti simile a quella di Piacenza in Emilia, Pistoia non aveva invece mai conosciuto alternanza nemmeno all'interno della stessa sinistra, con il dominio indiscusso del Partito Comunista Italiano tra il 1946 ed il 1992 e dei post-comunisti (PDS, DS e PD) negli anni della Seconda Repubblica. Nell'ormai ex roccaforte "rossa" dell'alta Toscana (90.000 abitanti), ad affermarsi è addirittura Alessandro Tomasi, esponente di Fratelli d'Italia, uno dei partiti più a destra della coalizione.
Anche nelle altre "terre rosse" dell'Umbria e delle Marche, i ballottaggi premiano il centrodestra a Todi (17.000 abitanti), in provincia di Perugia, e a Civitanova Marche (42.000 abitanti), in provincia di Macerata, mentre a Fabriano (31.000 abitanti), in provincia di Ancona, è il Movimento 5 Stelle ad imporsi nettamente sul candidato del PD.
Altro centro di provincia emblematico sul piano simbolico è Sesto San Giovanni, la cosiddetta Stalingrado d'Italia, alle porte di Milano, dove i circa 82.000 abitanti del territorio comunale nel prossimo quinquennio saranno amministrati da Roberto Di Stefano, che ha ottenuto il 58% dei consensi ai danni del sindaco uscente Monica Chittò.
Tanti e tali numeri ci dicono che i quartieri delle grandi città decadute, come Genova, e la gran parte delle realtà di provincia del nostro Paese lanciano un grido di insofferenza nei confronti delle locali gestioni di centrosinistra ma anche del governo centrale. Ad intrecciare le decisioni prese (o non prese) a livello nazionale con gli effetti a pioggia a livello locale, almeno a prima vista per chi vive la quotidianità, sono i problemi più impattanti:
- L'emergenza migratoria sta riempiendo interi quartieri di sedicenti profughi che, in attesa del responso sulla domanda presentata, costituiscono un grande problema in termini di ordine pubblico, sicurezza e decoro dei centri urbani
- La pressione fiscale resta altissima, nonostante il piccolo calo registrato lo scorso anno, ed intollerabile per cittadini, esercenti e piccole e medie imprese
- I trasporti e le infrastrutture rappresentano ancora una nota dolente in molte città minori, isolate dalle grandi arterie di collegamento stradale e ferroviario, dove perfino i servizi del trasporto locale lasciano a desiderare tra disservizi, scarsa manutenzione e ritardi
In questo senso, Matteo Salvini è stato probabilmente l'unico leader nazionale ad aver interpretato le sensazioni della maggior parte degli italiani, sfruttando al meglio gli strumenti di quel citizen journalism che noi giornalisti cerchiamo da anni di capire, studiare ed incasellare nella complessità dell'odierna informazione digitale. Con un tablet ed un paio di collaboratori ha girato l'Italia per oltre un mese, trasmettendo in diretta sulla sua pagina Facebook le sue "passeggiate" nei quartieri più difficili delle città italiane, da Palermo a Verona, da Alessandria a Pistoia, da Todi a Santeramo in Colle e via dicendo. Ha così interagito sia con i passanti che lo incontravano dal vivo sia con gli utenti che lo seguivano e commentavano attraverso la rete, mettendo idealmente in contatto gli uni con gli altri.
Al di là delle particolarità locali e del consenso raccolto dalla Lega Nord o da Noi con Salvini nelle singole città chiamate al voto, il segretario del Carroccio ha saputo trasmettere a decine di migliaia di utenti della rete un'immagine unificata e unificante di un Paese stanco, stremato e accomunato da problemi simili da Nord a Sud: parchi o stazioni prese d'assalto da immigrati, nullafacenti o sbandati; risse e spaccio in pieno giorno; attività commerciali chiuse; quartieri degradati; fabbriche abbandonate.
Poco importa che questa raffigurazione, come sempre avviene in politica, sia stata caricata di retorica elettorale, perché quello che Salvini ha mostrato in presa diretta - comprese le strette di mano o le parole scambiate con i passanti - era tutto reale e, con qualche click, ha distrutto la narrazione ottimistica del Paese, evidentemente alterata, che Matteo Renzi aveva fornito durante la campagna per le primarie di un partito sempre più chiuso in sé stesso, che osserva l'Italia da una torre d'avorio.
Andrea Fais - Agenzia Stampa Italia