(ASI) Quando si finiranno di raccogliere i cocci del Pd, si dovrà pensare anche alla legge elettorale. La Corte Costituzionali ha fatto conoscere, da più di un mese, le motivazioni con le quali ha stroncato l’Italicum, la “meravigliosa” legge elettorale voluta a tutti i costi da Matteo Renzi e fatta approvare dal Parlamento anche con molti voti di fiducia, la qualcosa è stata un’indebita forzatura (anti) costituzionale del tutto inaccettabile.
Ma è inutile indignarsi: se in Italia c’è una legge che è poco applicata, ignorata, assai spesso violata, è proprio la Costituzione. Tornando alla Consulta c’è da rilevare che nelle 100 pagine di motivazioni, i giudici hanno voluto ribadire che il legislatore ha sempre la più ampia discrezionalità in materia elettorale, e ogni sistema elettorale, se pure deve favorire la formazione di un governo stabile non può che essere primariamente destinato ad assicurare il valore costituzionale della rappresentatività”. Quindi prima la rappresentatività e poi la stabilità, non il contrario. Per questo ha bocciato il ballottaggio che avrebbe potuto consentire ad una forza politica, uscita nettamente minoritaria dalla prima tornata elettorale, di ottenere, vincendo appunto il ballottaggio, una netta maggioranza (55% dei seggi) in contrasto con quelle che erano state le indicazioni degli elettori. E’ invece legittimo - secondo la Corte - il previsto premio di maggioranza per una forza che raggiunga il 40% dei voti. Una interpretazione corretta e del tutto condivisibile.
Non capisco però - tenendo presente questo principio di rappresentatività, che mi sembra sia stato la stella polare di tutto il ragionamento della Corte - come non sia stata censurata la possibilità di presentare (scelti dai segretari dei partiti, un particolare che non è affatto un dettaglio) i capilista bloccati, candidati in 10 collegi. Sì, ne ha mitigato i capricciosi e discrezionali effetti, obbligando il sorteggio, ma l’ambiguità delle nomine rimane, tanto è vero che, come hanno riportato diversi giornali, con questa legge quasi trequarti dei parlamentari (460 su 630) verrebbero nominati, cioè scelti dai segretari dei partiti. E non si spiega perché la Corte non sia intervenuta nel merito e si sia inspiegabilmente fermata, perché, non c’è alcun dubbio, lasciando le cose come stanno che si faccia scempio del secondo comma dell’art. 1 “La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. La Corte in qualche passaggio si preoccupa - e lo rileva opportunamente - che non ci sia una “sproporzionata distorsione della rappresentatività dell’organo elettivo”, tanto che invita il Parlamento a farsene carico. “Appartiene con evidenza alla responsabilità del legislatore sostituire tale criterio, con altra più adeguata regola, rispettosa della volontà degli elettori”. Certo, ma se il legislatore non se ne farà carico, come sembra voglia fare, rimarrebbe un Parlamento in cui come abbiamo visto tre quarti dei suoi componenti saranno scelti e nominati dai segretari dei partiti. In questo caso non ci sarebbe solo una distorsione, diventerebbe un’altra cosa, sicuramente non sarebbe un organo elettivo. E come tale illegittimo, in contrasto, peraltro evidentissimo, con il dettato costituzionale sopra richiamato.
Un altro problema è la questione delle leggi elettorali per Camera e Senato. Quelle attuali sono diverse, ma non si sa cosa verrà deciso, visto che sono giacenti 18 proposte di nuove leggi elettorali. La Corte a tale proposito rileva che “i sistemi elettorali adottati, pur se differenti, non devono ostacolare, all’esito delle elezioni, la formazione di maggioranze omogenee”. Sembra di capire che l’obiettivo principale non siano tanto i sistemi di elezione quanto il fatto che, poi, ad elezioni avvenute ci sia, alla Camera e al Senato, la stessa maggioranza, con lo scopo di consentire la governabilità. E’ un po’ quello che da qualche tempo ripete anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Ma l’obiettivo non è facile da raggiungere, e per almeno due ragioni. Prima di tutto per il caos e le rivalità che attualmente ci sono tra i vari partiti e movimenti, e all’interno di essi, per cui ci vuole uno straordinario ottimismo immaginare il parto di una legge elettorale adeguata alle esigenze del Paese. E poi perché gli elettori sono diversi. Nell’ultima consultazione - secondo i dati forniti dall’Istat - sono stati 50,5 milioni gli elettori per la Camera e 46,2 milioni per il Senato. Una differenza di ben 4,3 milioni di elettori, e di età diversa, che rendono mai sicura e scontata l’omogeneità del risultato e di conseguenza è sempre fortemente a rischio la governabilità. La quale - è doveroso aggiungere - dipende molto anche dalla volontà, dall’onestà e dalla capacità dei (tanti) nominati e dei (pochi) eletti. Requisiti che è difficile trovare, così che lo scenario appare ancora più incerto e difficile.
Fortunato Vinci –Agenzia Stampa Italia