(ASI) – Sono passati ormai 6 giorni dalla notte del sisma che ha completamente distrutto i paesi di Amatrice e di Accumoli. Molti sono stati i danni, intere frazioni e paesini sono stati ridotti a cumuli di macerie. 292 i morti, e un numero imprecisato di persone disperse con le operazioni di ricerca e recupero ancora in corso.
Migliaia di persone che hanno visto le proprie case, spesso appartenute alle rispettive famiglie da generazioni, sparire portando con se i ricordi e le testimonianze di una vita intera, lasciando i sopravvissuti al freddo degli Appennini. Di sicuro le immagini del centro di Amatrice raso al suolo, della scuola Romolo Capranica crollata su se stessa e del campanile di Accumoli che crollando ha strappato alla vita un intera famiglia, sono già entrate a far parte della storia prima ancora di essere entrate nelle case degli italiani veicolate dai mezzi d’informazione. Eppure vi sono immagini che non sono entrate a far parte dell’immaginario collettivo; quelle dei borghi di Norcia e della frazioni di San Pellegrino dove ci sono 800 sfollati.
Norcia vittima della “qualità”?
All’indomani del terremoto, Norcia, e le frazioni limitrofe, pur trovandosi a breve distanza dall’epicentro delle scosse telluriche principali dei primi giorni dello sciame sismico, non ha sicuramente riportato le devastazioni delle zone del reatino e del marchigiano. Nel piccolo borgo umbro i danni hanno riguardato soprattutto il patrimonio artistico e culturale. Molti crolli hanno interessato chiese e mura antiche, ma sostanzialmente le abitazioni private e le strutture pubbliche, interessate dalle ricostruzioni post sisma del ’79 e del ’97, hanno retto bene allo sciame sismico impedendo che vi fossero vittime. Tutto questo aveva raccolto il plauso di molti esponenti della politica e degli ambienti scientifici come quello del professor Enzo Boschi, ex presidente dell‘Istituto Nazionale di Geologia e Vulcanologia (INGV), che aveva parlato di “esempio virtuoso”. Ma in effetti, anche in assenza di vittime tra la popolazione, i danni alle strutture pubbliche e private non sono certo trascurabili. Oltre ai già citati danni al patrimonio artistico, vanno elencati anche quelli alla viabilità, con la strada provinciale “Tre Valli umbre” interrotta in più punti per il crollo di una galleria e di un viadotto, oltre a lesioni gravi ad altre opera in muratura che ne hanno consigliato la sospensione del traffico e la messa in sicurezza. Sul fronte privato molte sono state le abitazioni che, pur non crollando, sono rimaste lesionate in modo grave. I sopralluoghi sono ancora in corso ma già 800 sono le persone che hanno dovuto lasciare le proprie abitazioni poiché i gravi danni riportati le avevano rese inagibili, o comunque a rischio. La frazione di San Pellegrino è risultata la più colpita. Il centro storico del piccolo paesino è completamente inagibile. Tra crolli e lesioni gravi alle strutture, non sono state risparmiate ne le abitazioni provate, ne gli edifici di pubblico interesse. Del resto la costruzione di molti degli edifici risale al passato antico della frazione o agli inizi del secolo scorso, mentre altri risalgono agli anni del dopoguerra fino ai primi ’80.
L’appello di Marco Squarta
Gli sfollati d’Umbria sono stati dunque oggettivamente trascurati dai mezzi d’informazione e rischiano ora di essere vittima della buona ricostruzione seguita ai sismi del ’79 e del ’97. Le comunità locali della Valnerina hanno infatti già lanciato l’allarme e si sono appellate alle istituzioni pubbliche affinché non siano trattati come terremotati di serie “B” a rischio di finire nel dimenticatoio. A raccogliere questo appello è stato il consigliere regionale Marco Squarta di Fratelli d’Italia, che a sua volta se ne è fatto portavoce. “Anche se la notizia è passata quasi inosservata in Umbria abbiamo circa 800 sfollati. Basta andare a Norcia per vedere tutte quelle persone che ora vivono nelle tende.
Immaginate i disagi per anziani e bambini e l'autunno, particolarmente rigido in Valnerina, sta per arrivare.
Queste persone meritano una sistemazione dignitosa. Non possono stare per molto nelle tende.
I soldi ci sono e si devono trovare” – ha fatto sapere Squarta.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia