Poste, M5S: "Padoan nega conflitto d'interessi CdP e consulenze d'oro"

(ASI) Roma – “Mentre parenti illustri, come il fratello del ministro dell’Interno Alfano, vengono assunti In Poste Italiane con stipendi da oltre 160mila euro l’anno, il ministro Padoan ha il coraggio di affermare che i costi del personale dell’azienda sono perfettamente in linea, senza trattamenti di favore.
Il Ministro ha affermato ciò benché la stessa Corte dei Conti abbia lanciato l’allarme stipendi, aumentati di oltre il 12%, corrisposti ai dirigenti dell’azienda con consulenze esterne da 500mila euro l’anno, e tutto ciò mentre si tagliano posti di lavoro e servizi essenziali per i cittadini”. Così i deputati del M5S sulle dichiarazioni del ministro dello Sviluppo Economico, Padoan, audito oggi in Commissione Trasporti. “Il ministro Padoan non ha invece risposto a nessuna delle nostre domande sulle principali criticità legate al processo di privatizzazione di Poste Italiane – riporta Arianna Spessotto, deputata 5stelle che ha interrogato il ministro – Padoan ha negato l'esistenza di conflitti d'interesse per le quote cedute a Cassa Depositi e Prestiti e non è stato in grado di spiegarci perché Poste paga 5 milioni di euro per essere associato a Confindustria nonostante gli stessi sindacati abbiano confermato di non aver percepito negli anni alcun servizio a fronte di questo generoso esborso di soldi pubblici.

Questo Governo, che soli pochi mesi fa negava nel modo più assoluto al Parlamento l'intenzione di cedere ulteriori quote azionarie oltre il 40%, ha un atteggiamento schizofrenico e non sembra assolutamente interessato al fatto che questa ulteriore svendita di Poste sia un'operazione totalmente anti-economica visto che, si stima, farà perdere allo Stato circa 500 milioni di euro l’anno, dopo che la prima fase di privatizzazione ne già bruciati 157 milioni.

E’ chiara ormai la volontà del Governo di procedere, attraverso la seconda fase di dismissione, con lo spacchettamento dei servizi, prediligendo i servizi finanziari e assicurativi, quando Poste avrebbe potuto essere sfruttata per l’implementazione dei servizi digitali del nostro Paese. Basta guardare l’esempio inglese della ‘Royal mail’ per capire che la trasformazione di Poste italiane in una società privata, non apporterà alcun beneficio ai cittadini, che già stanno subendo, sulla propria pelle, le conseguenze di questa privatizzazione, mentre il debito pubblico continua ad aumentare e le azioni della società non sono cresciute, a seguito della prima tranche di vendita e nonostante le rosee previsioni del Governo. E così, mentre gli uffici postali continuano a chiudere, Padoan ha sostenuto pubblicamente che la società ha migliorato i livelli di efficienza dei suoi servizi”. “Chiediamo che sia fermata subito la privatizzazione di Poste Italiane che si sta configurando come una vera e propria svendita del patrimonio dei cittadini e del servizio pubblico, a esclusivo vantaggio della regola del profitto di pochi".

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