di Attila J.L. Grieco

(ASI) Ballottaggio sotto le stelle. A Torino l’exploit di Chiara Appendino costringe Piero Fassino al barrage del 19 giugno. Finisce con 11 punti percentuali di distacco tra il sindaco uscente (41,9%) e l’esponente pentastellata (30,9%).

Trattandosi di verdetto ampiamente previsto alla vigilia, a rilevare i gradi della notizia è l’entità delle preferenze raccolte dalla 31enne nata a Moncalieri, che fanno del Movimento 5 Stelle (29,9%) il primo partito del capoluogo sabaudo per una manciata di voti. Un dato che diventa ancor più rilevante se paragonato a quanto riuscì a fare cinque anni fa Vittorio Bertola (4,9%), candidato di un movimento alle primissime esperienze elettorali.

Niente bis immediato, dunque, per Piero Fassino, che nella tornata del 2011 capeggiò il solido fronte di centrosinistra (Pd+Sel) raccogliendo il 56,6%, quota sufficiente ad assicurarsi al primo turno il posto d’onore nella Sala Rossa di Palazzo Civico, proseguendo nel solco ventennale battuto da Valentino Castellani (Ulivo, due mandati dal 1993 al 2001) e Sergio Chiamparino (Ds-Pd, 2001-2011).

Una tornata elettorale caratterizzata dalla polverizzazione delle proposte, con 17 candidati sindaco e ben 34 liste collegate. Ne ha fatto le spese soprattutto il centrodestra, che si è presentato con tre candidati diversi precludendosi, di fatto, ogni velleità di ballottaggio. Alberto Morano (Lega+Fratelli d’Italia) ha chiuso con l’8,4% delle preferenze, Osvaldo Napoli (Forza Italia) 5,3%, mentre Roberto Rosso, sconfitto nel 2001 da Chiamparino, oggi a capo di varie liste civiche in quota Udc, ha superato di pochissimo la soglia del 5%. Molto male anche l’ala sinistra esterna al Pd: il sindacalista Giorgio Airaudo si ferma al 3,7%, mentre Marco Rizzo, che ha rispolverato la denominazione Partito Comunista, è addirittura sotto l’1%.

“SONO FELICISSIMA”. Intervenendo al Cortile del Maglio, zona Porta Palazzo, pochi minuti prima delle 3 del mattino, Chiara Appendino non ha nascosto tutta la sua soddisfazione per un risultato definito “storico”: «Sono quindici anni che questa città non va al ballottaggio, siamo fieri di poterlo fare e cominciare una nuova fase. Questo è solo l’inizio, perché la sfida è governare la città». Il margine di 11 punti da Fassino autorizza sogni di gloria all’interno del Movimento, date le possibilità di sostegno, per altro già espresse o fatte intendere alla vigilia da parte dei candidati fuori dal ballottaggio (vedi Morano, Rosso e Airaudo). «I voti sono di proprietà dei cittadini torinesi - il dribbling della Appendino - noi abbiamo fatto un programma con la gente e in mezzo alla gente. Continueremo con la nostra proposta per le prossime due settimane e loro decideranno se è la proposta che vogliono».

“SALDAMENTE IN TESTA”. Venti minuti dopo è la volta di Piero Fassino, che sceglie la sala stampa adibita a Palazzo Civico. Ad un terzo degli spogli, il sindaco uscente ostenta tranquillità: «Il voto di Torino ci vede saldamente in testa con 10 punti rispetto alla principale antagonista. Da questo 40% ripartiamo per affrontare il ballottaggio». A proposito di ballottaggio e di eventuali apparentamenti, Fassino mette in chiaro le cose: «Non è un voto né per il Governo, né per ridefinire gli equilibri parlamentari. È un voto al cui centro devono esserci le città e il loro futuro, per non interrompere il percorsi di innovazione che abbiamo perseguito in questi anni e che è servito a contrastare e contenere la crisi e preparare la città ad agganciare una ripresa che molti segnali ci dicono essere davanti a noi».

AFFLUENZA SEMPRE PIÙ IN CALO. Se a livello nazionale crolla l’affluenza alle urne (62,1%, a fronte del 67,4% dell’ultima tornata elettorale, che fu spalmata su due giorni), Torino non fa eccezione: si è presentato al seggio il 57,2% degli aventi diritto, con un saldo passivo di quasi 10 punti percentuali in cinque anni (66,5% nel 2011). Per Fassino, è questione di «crisi sociale, che in questi anni si è sentita in Europa, così come in Italia e nelle grandi città. Crisi che ha indotto nell’opinione pubblica una condizione di malessere, disagio e disaffezione che si riversa su una minore partecipazione». Per la candidata 5 Stelle, invece, «è l’unico aspetto triste della giornata elettorale».


Redazione Agenzia Stampa Italia

 

 

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