(ASI) Il segretario regionale del Pd umbro, Giacomo Leonelli, nel corso di un esclusiva intervista cortesemente concessa ad Agenzia Stampa Italia, discute quanto emerso durante la presentazione del libro “Un Marziano a Roma” ad opera dell’ex sindaco Ignazio Marino.
-Nella giornata di ieri, l’ex sindaco della capitale, Ignazio Marino, ha presentato un suo libro dal titolo “Un Marziano a Roma”. Quest’opera è in sostanza un’accusa a tutte le precedenti amministrazioni e al Pd. Cosa ne pensa a riguardo?
-Guardi il libro io non l’ho letto ma ovviamente il sindaco Marino ha un approccio che non mi convince per niente. Lui ha teorizzato che ci sia quasi una sorta di macchina “diabolica” che gli abbia come sottratto da “sotto il sedere” la poltrona di sindaco. La verità è che li c’è stata una dimissione di consiglieri comunali. Forse il consigliere comunale non l’ha mai fatto. Con questo intendo dire che non ha mai fatto politica a livello di base; consigliere comunale, consigliere circoscrizionale o municipale, Per una persona che ha raggiunto simili risultati, che ha cioè fatto campagna elettorale, che ha investito risorse e tempo e che ha avuto consensi importanti per andare a fare il consigliere comunale; dimettersi non è un atto leggero. Al di la della remunerazione economica, non può essere considerato un atto leggero, poiché significa registrare l’incapacità del tuo “capitano” a portare avanti la barca. Questo atteggiamento per il quale lui continua a fare un po’ la vittima di una vicenda che lo ha riguardato, è l’atteggiamento sbagliato. Poi dirò anche perché lo ritengo offensivo ed ingeneroso nei confronti del Partito Democratico. Prima di tutto vedo una sua difficoltà proprio a leggere la vicenda. Non c’è stata alcuna macchina diabolica che lo ha “azzoppato”. Ci sono consiglieri comunali che sanno benissimo che non rientreranno più in consiglio comunale dopo essersi dimessi, ma evidentemente si sono resi conto che non vi erano realistiche possibilità di andare avanti con quel tipo di amministrazione.
-A suo parere, in questo libro si può individuare qualche spunto di riflessione? E se si in quale direzione?
-Non vedo alcuno spunto di riflessione da quanto emerso (mi riferisco alla presentazione poiché, ripeto, io non l’ho letto). Ciò che io vedo è un rancore ingiustificato, che in dialetto romano si potrebbe anche definire “rosicamento”. Appunto un livore fuori controllo che omette completamente il fatto che c’è stato un atto di grande responsabilità dei consiglieri comunali di far cessare un’esperienza amministrativa rispetto alla quale si erano candidati e avevano speso risorse, avevano speso tempo e avevano ottenuto i consensi dei cittadini. Queste cose lui le omette sempre. Marino pone la questione come se ci fosse stato qualcuno che abbia pigiato un interruttore per “spegnere la luce”. Non è così. C’è stata una consapevolezza diffusa di una classe dirigente dell’incapacità di andare avanti. Quindi ripeto, non vedo spunti interessanti. Vedo tanto rancore e vedo sinceramente un coefficiente di offese al Partito Democratico e al segretario Matteo Renzi che sono più che stigmatizzabili. Quando si offende il segretario di un partito, non si offende la persona fisica, ma si offende il partito, in questo caso il Partito Democratico. Ignazio Marino ha avuto la possibilità di fare esperienza sia come senatore che come sindaco di Roma grazie al Pd. Un po’ più di gratitudine verso un partito che non è una sigla, ma è una moltitudine di elettori e di iscritti me la sarei aspettata; invece Marino offende a testa bassa con un livore fuori da ogni controllo.
-Parlando delle accuse mosse dall’ex sindaco della capitale: ne è emerso l’assioma proposto di un Partito Democratico non più “democratico”. Che ne pensa?
-Guardi gli organismi all’interno del partito sono molto democratici. Sono eletti con le primarie. La direzione nazionale del Pd è di fatto figlia delle primarie i cui componenti sono stati votati dai cittadini con le primarie aperte. Gli organismi a livello territoriale sono votati dagli iscritti e funzionano all’insegna della massima democrazia interna. Che si può fare uno sforzo per rendere il Partito Democratico, soprattutto a livello territoriale, sempre meno autoreferenziale, e sempre più aperto alla società civile, lo penso anche io; ma insomma da qui a dire che si possa essere in presenza di un partito non democratico è la misura di un modo che probabilmente ha Marino di vivere il rapporto con il partito. Può darsi che lui viva questo rapporto come un rapporto totalitario. Qui torniamo alla casella iniziale: dovrebbe pensare che ci sono stati diversi consiglieri comunali del Pd che hanno deciso di staccare la spina ad un percorso sul quale avevano investito molto. Un po’ più di rispetto per queste persone forse sarebbe anche più doveroso.
-Ricordiamo che l’ex sindaco accusava di veri e propri diktat non solo il presidente Renzi, ma anche altri esponenti del Pd.
-Non esiste che un consigliere comunale di una città come Roma risponda a bacchetta a quello che un eventuale leader di corrente può sollecitare a fare. Ognuno decide con la sua testa. Parliamo di incarichi che sono stati molto sudati da quelle persone. Un consigliere comunale a Roma è un po’ come, se non anche più, di un consigliere regionale in Umbria ad esempio. Io sono consigliere regionale, e se qualcuno, chiunque esso sia, oggi mi chiamasse dicendomi dimettiti perché ti devi dimettere, io risponderei che non se ne parla nemmeno. Evidentemente li c’è stata una presa di consapevolezza da parte di tutti questi consiglieri comunali che era chiaramente impossibile andare avanti. Sinceramente è un po’ penoso che Ignazio Marino utilizzi l’alibi appunto di sconosciute “forze oscure” che abbiano “spento la luce” anziché magari fare i conti con la propria coscienza, la propria responsabilità, e anche magari incapacità, a guidare una città assai difficile come Roma. Non si può infatti omettere di riconoscere le difficoltà oggettive nell’amministrazione di una realtà vasta e complessa come quella della capitale. Ma scaricare tutte le responsabilità su imperscrutabili “forze oscure”, mi sembra una libi che regge poco.
-In questo senso, lei come segretario del partito nella nostra regione, lei può assicurarci che qui da noi non ci siano mai stati diktat dalla direzione nazionale del partito di Roma per quanto riguarda nomine ed incarichi?
- Il nostro partito ha un’articolazione territoriale. In virtù di questo il partito vive attraverso gli organi di rappresentanza territoriale. Roma può magari dare un’idea. Di solito da una mano sulla ricomposizione di vicende particolarmente delicate, se ci sono state delle lacerazioni come è giusto che sia, e come facciamo anche noi a livello regionale su dinamiche di città o circoli facenti parte della nostra regione. Questa è una tipologia di rapporto per la quale chi sta ad un livello superiore chiaramente cerca di aiutare la sintesi dei livelli inferiori. Non ci sono stati mai diktat da parte della segreteria nazionale, né del segretario, né da parte di altri esponenti nazionali su fare o non fare.
-Tornando sulla questione delle accuse mosse al premier da Marino. Quest’ultimo ha accusato Matteo Renzi di “andare a tavola con le lobby”. Che ne pensa al riguardo?
-Credo siano accuse che lasciano il tempo che trovano. Che cosa sono le Lobby? Il presidente del consiglio può incontrare il presidente di Confindustria, o il presidente di Confcommercio, o i segretari nazionali dei sindacati dei lavoratori. Di fatto è normale che sia così. Mi sembra un gettare una parola in un discorso senza che sia chiaro ne il significato della stessa, ne del discorso. Si tratta di parole che magari possono infondere allarmismo nell’opinione pubblica. Bisognerebbe capire cosa sono le Lobby per Marino, e chi intende come Lobby, perché alla fine penso che un presidente del consiglio abbia pure la necessità di incontrare figure di una certa importanza della società. Un conto è la discussione e il confronto, un altro è essere poi ostaggio eventualmente di certi poteri economici. A me pare che su questo il segretario Renzi abbia dato più volte dimostrazione di essere molto autonomo. Sicuramente non è uno che fa le cose perché gliele ordina qualcuno.
-A parere suo da questa vicenda il Pd rischia di uscirne con un danno di immagine ?
- Guardi, le rispondo giuridicamente, nel senso che gli estremi del tentativo da parte del sindaco Marino ci sono tutti. Quando si mette in atto una serie di attività tese alla realizzazione di dato evento, quindi tese alla realizzazione del reato, si configura il tentativo. In questo caso vi è il tentativo da parte dell’ex sindaco Marino di creare il massimo disagio e danno possibile al Partito Democratico nel prossimo turno elettorale di Roma, e in particolare alle amministrative di Roma. Che però questo tentativo si concretizzi e che riesca nel suo intento, credo di no e spero anche di no. A Roma il Pd candida una figura di che è di spiccata levatura morale oltre che di spiccata capacità sia per il ruolo parlamentare, sia per il ruolo in Campidoglio che è Roberto Giachetti, dopo peraltro delle primarie che lo hanno confermato candidato; credo che questo tentativo non attecchirà. Di certo la volontà di Marino è quella di portare danni al Pd. Si potrebbe dire che gli indizi siano “gravi, precisi e concordanti”. Ripeto, dispiace perché il sindaco Marino ha fatto una carriera di tutto rispetto che tanti militanti ed iscritti di base non potranno fare. Questo non certo perché non gli viene consentito, ma perché non hanno avuto questo tipo di “cursus honorum”. Marino ha avuto questa possibilità grazie al Pd di fare il senatore, perciò percepirà un vitalizio grazie al Pd. Un po’ più di gratitudine verso un partito che non è solo una sigla, ma è composto da tanti uomini e donne, sarebbe stato più usuale.
-Che lei sappia, il Pd intende prendere provvedimenti per la propria tutela?
-Non lo so. Credo che le valutazioni in tal senso saranno fatte dalla direzione nazionale e dal segretario. Io però non nego che mi sono sentito molto offeso perché conosco il Partito Democratico. Noi in Umbria abbiamo 10.000 iscritti e di questi 10.000, tolti quelli che fanno i deputati, quelli che fanno i consiglieri regionali e diciamo pochi altri, è tutto volontariato. Si tratta di gente che si impegna e che crede in un’idea, che crede in una grande comunità. Insomma sentirsi dire certe cose è offensivo per tutti loro.
-Lei come riterrebbe opportuno agire per tutelare l’immagine del partito?
-Io sinceramente verificherei in tutte le sedi ogni tipo di fattispecie. Certo non nego, anche e soprattutto rispetto alle precedenti domande che mi rivolgeva circa quale danno d’immagine si possa configurare a carico del Pd. Credo che alla fine i cittadini, anche romani, abbiano la sensazione di una mossa della peggior specie da parte di chi ha dimostrato nei fatti di non essere all’altezza della situazione. Certo si trattava di una situazione molto difficile, ma certamente non ci si candida perché l’ha “ordinato il dottore”. Evidentemente era un incarico che pensava di poter portare avanti. Non è invece stato in grado. Non ne è stato all’altezza di quella situazione e complessivamente su questo mi pare che gli indicatori siano più che chiari e scaricare su una sorta di “forza oscura” questa incapacità di governo, sicuramente dopo una vicenda di governo non semplice, mi sembra un atto ingeneroso verso tutta la comunità. Rispetto alla domanda che mi ha fatto precedentemente, ripeto che deve valutare il Partito Democratico. Probabilmente lasciar cadere nel dimenticatoio quella che è un’accozzaglia di rancore e livore per un esperienza finita male potrebbe anche essere la cosa migliore per non accordare eccessivo peso alla vicenda.
Alexandru Rares Cenusa – Agenzia Stampa Italia
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