(ASI) Il decreto legge elettoralistico – 80 euro in busta paga per gli amici che in cambio devono votarlo – non esiste traccia. Desaparecido . Fermo in qualche stazione di quell’interminabile via crucis che ne doveva caratterizzare il percorso veloce.
Altro che Speedy Gonzales. Matteo Renzi è bloccato dalle contraddizioni interne al suo partito e dalle giuste resistenze delle singole Amministrazioni colpite da quei tagli lineari, che solo fino ad un momento prima la sinistra aveva continuamente criminalizzato.Al tempo stesso le finte coperture indicate nei tweet della sua conferenza stampa si stanno dimostrando per quel che sono: semplici annunci. Tigri di carta, incapaci di garantire minimamente la sostenibilità finanziaria dell’intera operazione.
Ed ecco allora l’operazione di taglia e cuci, a cui sono stati chiamati quegli odiati burocrati che lo stesso decreto vuol punire. Nelle singole Amministrazioni il terrore corre sul filo. Al tetto di 241.000 euro l’anno dovranno seguire – questa è la voce ricorrente – tagli per tutti i rami più bassi della struttura con percentuali da capogiro: 30/40 per cento della retribuzione percepita. Si spiegano così le giuste resistenze, la ricerca di soluzioni meno traumatiche. Che rischiano, tuttavia, di alterare nel profondo le decisioni prese, a cuor leggero, dall’ultimo Consiglio dei ministri.
Il rischio incombente è quello di un testo completamente diverso da quello esaminato e deliberato dall’ultimo Esecutivo. Prassi già sperimentata: si dirà. Ma un conto è limare norme discusse nei loro principi fondamentali. Un altro: introdurre varianti mai considerate. Anche su questo aspetto dovrebbe vigilare il Presidente della Repubblica, per evitare l’insorgere di pericolosi precedenti che potrebbero suonare come una violazione del principio della collegialità delle decisioni del Governo, tutelato dall’articolo 95 della Costituzione.
Anche se comprendiamo che ben altre sono le Sue preoccupazioni. Su di Lui incombe il giudizio finale dell’Europa, i cui malumori nei confronti di una manovra di stampo elettoralistico, che viola i Trattati da poco sottoscritti, si sono già manifestati. Con l’aggravante – oggi del tutto trascurata – che l’Italia si era già impegnata a realizzare il pareggio di bilancio lo scorso anno. Cosa che, non solo non è avvenuta, ma che è slittata al 2015. Siamo quindi convinti che, alla fine, il Presidente imporrà tante di quelle clausole di salvaguardia da rendere il decreto almeno digeribile alla Commissione europea. Con quali conseguenze? Lo si è visto per l’IVA: anche in quel caso, il possibile aumento era solo un’ipotetica clausola di salvaguardia. Poi si è visto com’è finita. Prepariamoci al peggio: tasse, tasse ed ancora tasse.
Dichiarazione dell'Onorevole Brunetta tratta dalla fonte: http://www.gruppopdl-berlusconipresidente.it/?p=24904