A osservare il comportamento dei singoli o, meglio, ad ascoltare i commenti sulle reti specializzate, soprattutto a livello locale, ci si rende conto che il livello di “critica” raggiunto è tale che ogni italiano ha la sua versione del come “fare” per ottimizzare i risultati. Se questo è un aspetto tipico del mondo del calcio, la politica è anche peggio. I singoli partiti vanno sempre più enfatizzando effetti secondari della propria natura, quali la discontinuità rispetto al passato, i correttivi basati sull’equità, la morale e l’etica comportamentale, senza parlare poi delle competenze tecniche cui ogni politico, soprattutto se di Governo, tende a ostentare nei vari talk show o negli svariati interventi nei sistemi di comunicazione di massa. Nella sostanza non esiste più una fisionomia politica propria come base comune ma (Renzi insegna) una tendenza a mostrarsi quale “migliore allenatore” per il Governo del Paese!
Un abbandono quindi dei temi politici propriamente detti? Assolutamente no! E’ semplicemente il risultato di decenni di politiche populiste e tendenzialmente libertarie attuate dai leader politici della Seconda Repubblica. Osservando bene, però, il fenomeno non è solo italiano. Magari da noi, grazie alla creatività tipica della nostra cultura di fondo, questa spinta alla differenziazione politica è maggiormente sentita, se non esacerbata, ma la tendenza è generalizzata. Dagli Stati Uniti di Obama (isolamento nei repubblicani del Tea Party e costituzione di un’opposizione interna ai democratici per il disastroso esito della legge Sanità nazionale), alla Germania della Merkel (dove il popolo ha dimostrato di andare sempre più verso il soddisfacimento delle proprie necessità, con un partito antiEuro, Alternative fuer Deutschland, che con il 4,7% ha rischiato di entrare in parlamento), alla Francia (dove Marine Le Pen, in regioni a lei favorevoli, ha raggiunto il 40% appellandosi solo al rilancio della difesa delle “libertà tradizionali” e del “patriottismo economico” tipicamente francese, cui si contrappone il ritorno di Sarkozi (UMP) che propone la sua propria visione “nazional-europeista” di ampio respiro).
E’ d’obbligo, però, il parallelo tra la Le Pen e Beppe Grillo (M5S), con le comuni affermazioni sul “magma informe chiamato Europa o Eurozona“, o “L’Europa deve scoraggiare i viaggi della disperazione. Dobbiamo dire a questi poveretti che non abbiamo più niente da offrire!“. Se la Le Pen e Grillo hanno potuto contare su un voto di “contestazione”, la stessa cosa non sarà per i prossimi appuntamenti elettorali, a causa principalmente della mancata credibilità dei modelli proposti, a fronte delle tendenziali istanze del comune tessuto sociale, in particolare quello francese e italiano. Facendo un parallelo storico, infatti, le condizioni culturali e sociali, da considerare nel rispettivo quadro temporale, sono radicalmente le stesse di quelle che dettero origine all’illuminismo post-rinascimentale. Più propriamente il liberalismo inteso come una filiazione dell'Illuminismo, in cui i valori di tolleranza, libertà ed eguaglianza, prendono il sopravvento come garanzia contro l'arbitrio del potere sovrano (separazione dei Poteri dello Stato). Quindi una spinta irreversibile verso il primato di un liberalismo inteso come somma ed espressione delle varietà e singolarità umane, basato sulla volontà della maggioranza, ma anche sul rispetto delle minoranze.
Certo molti aspetti sociali e, soprattutto, economici sono cambiati enormemente rispetto alla fine del 1700, cui ci riferiamo per il liberalismo. In particolare a quel rispetto per le minoranze, che dal punto di vista culturale oggi sono diventate maggioranza. Oggi, infatti, essendo scomparsi quasi del tutto i riferimenti dogmatici ideologici, all’interno dei singoli schieramenti emerge sempre più il rifiuto alla democrazia rappresentativa di partito, preferendo tentare di andare sempre più a sodisfare le spinte egocentriche delle aumentate esigenze di gruppi a se stanti minoritari, ma che nel loro insieme sono divenuti sicuramente maggioritari. Anche nella sinistra PD è possibile notare, infatti, un’emergente volontà a porre precisi limiti al potere e all'intervento dello stato, al fine di proteggere i diritti naturali, di salvaguardare i diritti di libertà e, di conseguenza, promuovere l'autonomia creativa dell'individuo. Causa che con ogni probabilità porterà alla scissione interna.
L’insieme di queste “fughe” dalla concezione storica del Partito, ha ingenerato un fenomeno che sotto molti aspetti porta verso una concezione di un nuovo ordine sociale fondato sull’autonomia e la libertà dei singoli (gruppi di) individui, che si vorrebbe istintivamente contrapporre all’autorità centralizzata dello Stato. Nella sostanza, una deriva verso l’agognata società tendenzialmente anarchica, con sempre meno Stato a vantaggio della creatività dei singoli gruppi di individui. Associazioni, Onlus, Movimenti, Gruppi organizzati e quant’altro possa rappresentare oggi gli interessi di gruppi di singoli, sta sicuramente prendendo il sopravvento sull’unità statutaria dei partiti, legittimando, tra l’altro, la natura anarcoide dei nuovi movimenti. Il Nuovocentrodestra che si professa “liberista, riformista e progressista”, risponde certamente anche questa caratteristica. Ma insieme con essa, possiamo annoverare le già esistenti Scelta Civica, Italia Futura, FARE per Fermare il Declino, i Liberali italiani, Noi per il Sud e tanti altri partitini e movimenti che sono nati negli ultimi due anni.
Dal punto di vista sociale, però, questi nuovi agglomerati politici hanno una base valoriale in comune che s’identifica in un qualcosa molto vicino all’appellativo “solidale”; in quanto indice di convergenza sulla soddisfazione delle esigenze primarie della collettività di oggi, nel rispetto delle singole individualità. Ecco, quindi, che emerge a fattor comune una politica di rinnovamento e di cambiamenti radicali all’insegna dell’innovazione e del rilancio della centralità dell’uomo e della sua creatività: un’enucleazione omogenea, dunque, del pensiero associativo moderato. La cui messa in pratica, scevra da qualsiasi ideologia, volge al reale soddisfacimento degli interessi mediati della nostra società: uno Stato laico strutturato secondo un principio di sussidiarietà vera, che tenga conto, dunque, della tradizione sociale e culturale in cui le esigenze primarie di quella comunità sono maturate.
Non credo di stupire con cose nuove con quanto sopra esplicitato, ma solo aver richiamato alla mente le ragioni per cui allora nacque Scelta Civica, che trovò in Mario Monti il coagulo su cui incentrare la concentrazione di forze minoritarie ma estremamente rappresentative. L’uomo che realizzò allora questo progetto si chiama On. Andrea Romano, Professore ordinario di Storia Contemporanea, allora Direttore di Italia Futura e oggi parlamentare di Scelta Civica. Oggi, molte cose si stanno muovendo. Michele Boldrin, economista di rilievo a livello internazionale e Presidente di FARE, con Stefania Schipani (P. Federalista Europeo), il PLI, Liberalitaliani, Progett’Azione e Uniti verso Nord, hanno dato origine a “In Cammino per Cambiare”, ma è al sud che bisogna guardare, dove il laboratorio “siciliano” sta forse generando l’indicazione politica sul nuovo personaggio che potrebbe finalmente realizzare la coniugazione univoca del nuovo complesso Federato per le prossime Europee. Quel complesso che possa finalmente ridare un minimo di “speranza” a quel più del 50% di italiani ormai talmente disamorato e lontano dalla politica che, per contro, vive solo del credo dell’associazionismo e “assimilati”.
Fabio GHIA per Agenzia Stampa Italia