(ASI) La crisi c’è e si percepisce, si comprende anche da come cambiano certe nostre abitudini, e non solo dalla Legge di Stabilità e dai numerosi conseguenti tagli che, per rispettare i vincoli economici imposti dall’Europa, ogni governo è costretto annualmente a fare.
La solita ricetta ultra liberista che propone lo stesso schema: Si levano risorse importanti allo stato sociale, alla ricerca, all’Università ai trasporti, alla cultura mentre si prospettano fasulle liberalizzazioni e la svendita dei settori strategici dello stato.
Gli effetti negativi li pagano in prima persona le classi sociali più deboli e i lavoratori costretti a fare maggiori sacrifici.
Inoltre questa situazione economicamente poco edificante fa aumentare la disoccupazione, rende più difficile l’occupazione e l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. La difesa del lavoro diventa un’emergenza e una prioritaria battaglia sociale.
In pratica si riduce il livello di vita degli italiani, senza poi contare che la crisi globale ammorba il pianeta con leggi finanziarie che, invece di sostenere le imprese, le famiglie e far ripartire il sistema, restringono la concessione di credito favorendo la grande usura internazionale, unica, insieme alla malavita organizzata ad avere ingenti liquidità da investire.
Una delle tante contraddizioni dovute dall’accelerazione capitalistica è l’infondere falsi bisogni nell’uomo, creando un sistema economico basato sull’asse perpetuo produzione e consumo e viceversa, ma non si dà alle gente i mezzi per consumare e vivere decorosamente. Strano sistema quello ultra liberista per cui i ricchi diventano più ricchi, i poveri più poveri, e la classe media scivola lentamente verso la soglia ritenuta di povertà. Si fa fatica a programmare il futuro, fare una famiglia e dei figli diventa un costo alto da sostenere. Però ci si lamenta che l’Italia detiene il triste primato della denatalità e delle morte bianche sul lavoro.
Eppure da un lato si fa fatica a creare posti di lavoro e a far riprendere l’economia, dall’altro si ammette che la grande usura apolide, agisca impunita a livello globale, senza sudare con semplici spostamenti di capitali, faccia ingenti guadagni, speculando e riducendo in miseria gli stati sovrani. Poi saranno sempre i grandi usurai a finanziare il debito a tassi che rappresentano una corda al cappio dalla quale sarà difficile svincolarsi e rendersi liberi. Poi per ripagare i prestiti l’abbiamo detto sopra come i governi agiscono e le pesanti ricadute sociali che il popolo è costretto a sopportare.
Basta vedere quello che accaduto in Grecia, Irlanda e quello che si potrebbe prospettare per Portogallo,Spagna ed Italia.
Alla fine però non si capisce perché le persone non prendano consapevolezza di questa deriva, del meccanismo perverso che si è innestato, il perché i grandi burattinai possano agire indisturbati e farla franca. Perché si debba pagare noi gli effetti prodotti dalla bramosia smisurata dei grandi usurai.
E’ tempo che si ripensi al modello politico da attuare, che l’uomo prenda coscienza di quali sono le sue reali necessità mentre elimini i falsi bisogni indotti e gli sprechi, ritorni all’essenzialità delle cose.
Lo Stato sia etico, formi Uomini saggi, abitui al concetto di comunità umana e solidale, prevalga la prosperità dei molti e non la ricchezza dei pochi, premi i meriti, favorisca la libera concorrenza finalizzata alla creazione di un benessere esteso, nel rispetto della natura e dell’ottenimento del lecito profitto di chi investe. Tutti devono avere la possibilità che gli venga garantito un livello di vita dignitoso. Non è utopico quello che prospetto, ma semplicemente rivoluzionario nella sua antica e saggia accezione, cioè il ritorno alla normalità delle origini in cui l’essere viveva di cose basilari. Per fare ciò occorre abbattere definitivamente i falsi idoli e il vitello d’oro innalzato dall’egoismo umano, dalla paura della morte e non considerare sacra l’esperienza umana. Per questo una visione spirituale del cosmo ci aiuta a dare un ordine, a comprendere le priorità della vita, a distinguere la verità dal falso, le cose giuste e ammesse.
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