(ASI) Dopo il no alla Fiom all'accordo su Mirafiori siglato il 23 dicembre a Torino da Cisl e Uil con Fiat-Chrysler viene considerato l'ennesimo accordo separato tra azienda e sindacati, senza il consenso della categoria dei metalmeccanici della CGIL.
Il piano presentato dall'azienda automobilistica prevedeva modifiche su turni, assenze, pause e straordinari. Inoltre, non solo le due newco che nascono a Mirafiori e Pomigliano saranno fuori da Confindustria, e quindi dagli accordi sottoscritti per i metalmeccanici tra le rappresentanze sindacali e quelle degli industriali, ma di fatto vi sarà una totale esclusione, al loro interno, delle rappresentanze aziendali (RSA) della FIOM in quanto non firmataria del contratto collettivo.
Si è aperto un grande dibattito in merito alla controversa approvazione del piano per la Fiat di Marchionne.
- La Camusso, Segretario Generale della Cgil bolla l'accordo con il ritorno agli anni Cinquanta e definisce Sergio Marchionne antidemocratico, illiberale e autoritario. La Cgil - conclude la Camusso - non firmerebbe mai un accordo che escludesse un altro sindacato. Un accordo “indifendibile e vergognoso”, quello che vede, dopo Pomigliano, il no della FIOM CGIL al piano per lo stabilimento FIAT di Mirafiori. E' stato firmato
- Più duro il commento del Segretario Generale FIOM CGIL, Maurizio Landini. “Per la prima volta si cancella l'esistenza del contratto nazionale e si ledono i diritti dei lavoratori, impendendo ad un'organizzazione, tra l'altro la più rappresentativa del comparto e non solo della FIAT, di avere uomini e rappresentanze”, I contenuti dell'accordo peggiorano quanto fatto a Pomigliano, spiega il leader dela FIOM “si riducono le garanzie per i lavoratori e si conferma che non si vogliono pagare i primi giorni di malattia, con sanzioni che possono arrivare fino al licenziamento per i lavoratori che dovessero decidere di scioperare”. Ma “gravi” modifiche sono state apportate anche per quanto riguarda i turni, le pause e gli straordinari, “come FIOM – prosegue il dirigente sindacale - abbiamo sempre detto che siamo disposti a discutere prima di scioperare, ma abbiamo sempre avuto a che fare con una controparte che vuole solo un sindacato corporativo e aziendalista, superando l'idea del sindacato confederale”.
-Sulla stessa linea è Stefano Fassina, responsabile Economia e Lavoro del Pd. Che afferma:
“ L'accordo separato su Mirafiori, dopo quello di Pomigliano, non può essere giudicato un successo da nessuno. E’ un accordo regressivo. Innanzitutto, - prosegue Fassina – è frutto di una drammatica asimmetria nei rapporti di forza tra capitale finanziario libero nella dimensione globale e lavoro prigioniero della dimensione locale. Ma, è anche frutto di regole della rappresentanza inadeguate e di inadeguate regole della democrazia nei luoghi di lavoro. L’accordo, di fatto, apre allo smantellamento del contratto nazionale, alla negazione della democrazia sindacale, alla concorrenza al ribasso sulle condizioni del lavoro.” “Per ricondurre le newco Fiat al perimetro interconfederale e del contratto nazionale – continua Fassina – ed evitare una deriva perdente per tutti, di fronte ad un governo impegnato a far regredire i diritti dei lavoratori, i livelli di rappresentanza confederali dovrebbero al più presto arrivare ad un accordo sulle regole della rappresentanza e di validazione dei contratti, in modo da garantirne l'esigibilità, necessaria ad aziende e lavoratori, ma in un contesto unitario e pienamente democratico. Un accordo – conclude Fassina – che il Parlamento dovrebbe raccogliere per fare una legge-quadro”.
-Invece di tutt’altro avviso è il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, che sull'accordo raggiunto tra alcuni sindacati e azienda, a suo giudizio, utile per garantire la continuità della produzione nello stabilimento di Mirafiori si è così espresso: "L'intesa raggiunta dalla Fiat è qualcosa che conforta, è assolutamente innovativa. Mi sembra un investimento utile e importante per il Paese perché rimette in produzione uno stabilimento simbolo della Fiat. Quindi lo giudico un accordo storico e positivo.
-Pure il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni ha espresso il suo parere positivo. "Quello con Fiat è un accordo importante che garantisce un investimento fondamentale per Torino e per l'Italia" "Finalmente si da' un segnale che si puo' investire nel nostro paese, con un progetto di grande profilo industriale. Nessun diritto e' stato toccato o tagliato, ma ci sono anzi soldi in più in busta
paga per i lavoratori e la riqualificazione del sito di Mirafiori. Sono certo che i lavoratori apprezzeranno l'accordo e la posizione responsabile dei sindacati che hanno firmato. Ma faccio una appello alla classe dirigente tutta, perche' sostenga ora le ragioni dell' accordo e dell'investimento. Loro più di altri dovrebbero conoscere i vincoli della globalizzazione e del mercato internazionale dell'auto".
-"E' un buon accordo. Impegna le parti a far partire l'investimento". È quanto ha affermato Eros Panicali, responsabile auto della Uilm, commentando l'intesa con la Fiat su Mirafiori. "Sui contenuti abbiamo trovato risposte soddisfacenti, perchè ci sono stati cambiamenti rispetto alla risposta di Fiat del 3 dicembre"
-"Un accordo positivo, siamo molto molto soddisfatti". Si esprime così Antonio D'Anolfo, segretario generale dell'Ugl, al termine della trattativa tra Fiat e sindacati su Mirafiori. "Abbiamo temuto che si rischiasse la perdita della filiera auto non solo a Torino, ma in tutta Italia", osserva D'Anolfo il quale esprime inoltre soddisfazione perchè la Fiat ha "accettato le nostre richieste, tra cui l'istituzione di una commissione sistema Ergo Uas".
Per concludere, a completamento dell'indagine fatta, mi sembra utile ed interessante riportare in breve pure l'analisi, le preoccupazioni e cosa pensa effettivamente dell'accordo Fiat un amministritore della città di Torino. Gialuiguido Passoni. Assessore al Bilancio sulla vicenda precisa:
"Anzitutto mi preoccupa l'evidente difficoltà di rapporti con le organizzazioni sindacali di questo nuovo corso della dirigenza FIAT. Non solo nei confronti delle organizzazioni dei lavoratori (ed in particolare della più rappresentativa di queste, la FIOM), ma anche verso Confindustria.
Tutto a un tratto, dopo decenni di relazioni sindacali basate su contratti nazionali, rappresentanza delle imprese da parte di Confindustria e pieno riconoscimento di tutte le sigle sindacali dei lavoratori viene tutto cancellato.Ci troviamo con una multinazionale creata in pochi giorni che non si iscrive a Confindustria, che fa carta straccia del Contratto Nazionale di Lavoro e che decide quali sono i sindacati che possono entrare in fabbrica. Sicuramente è un passaggio "storico", ma non si tratta di un passo in avanti.
Il secondo aspetto che mi preoccupa è la drammatica rimozione del tema dei diritti, che determina a cascata un crollo nella dignità delle persone e nella qualità della vita per le lavoratrici e i lavoratori che dovranno adattarsi a questo nuovo modello di lavoro. Salari, turni, pause pranzo, giorni di lavoro non sono solo punti di un accordo sindacale ma anche elementi che hanno una ricaduta sulla vita di una città, se vengono tradotti in capacità di spesa, qualità della vita e tempo libero per sè e famiglia.Infine, la produzione. L'industria automobilistica, non solo italiana, sta tentando di uscire dalla crisi che l'attanaglia da troppo tempo diversificando la propria produzione e convertendosi sempre di più verso modelli innovativi e ecologicamente più sostenibili. Di tutto questo, a quanto pare, ad oggi non vi è traccia nei progetti indicati nell'accordo".
Conclusioni: Anni di dure lotte per ottenere diritti, attimi per perderli. Una multinazionale che per anni ha privatizzato gli utili e socializzato le perdite (come dire: le perdite economiche ripartite fra i contribuenti italiani) si vuole imprimere un'accelerazione per imporre un nuovo modello industriale turbo liberista lontano degli interessi nazionali e di diritti dei lavoratori. Logiche e rcette finanziarie devastanti che sono la causa dell'attuale crisi mondiale, nata diell'errore originale che porta in se un capitalismo che non è rispettoso dell'uomo,del socilale, della dignità del lavoro, della natura, di un etica imprenditoriale fatta di legittimi interessi della comunità nazionale e quelli leciti di chi investe. Mancando i necessari presupposti armonici di questi fondamentali elementi non può nascere qualcosa di positivo.
Se le cose non cambieranno, si va verso una ineluttabile contrapposizione figlia di altri tempi. All'orizzonte si prevedono non solo per i lavoratori tempi difficili. Infatti, il crescendo delle tensioni sociali non giova a nessuno, soprattutto a quel mondialismo economico che oggi attraverso la speculazione finanziaria si crede il padrone del destino degli uomini, ma all'apparir del vero, non lo potrà mai essere.