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Un'altra “ILVA”

(ASI) Prima che la sentenza della magistratura pugliese sia definitiva, e tra qualche giorno rischi di chiudere davvero, causando un danno irreparabile all'economia italiana, è giusto parlare quindi di un'altra ILVA, che non è affatto quella che compare per il suo triste odierno destino, ma è quella che operava per la nazione, esattamente settant'anni fa.


Una ILVA al servizio della Patria, che farebbe tremendamente invidia a quella del 2012, martirizzata, e ridotta alla chiusura, per l'incompetenza dei nostri amministratori e per il solito attacco giudiziario. Conosciamola assieme, quest'ILVA, ma soprattutto, capiamo cosa era in grado di offrire, ai suoi dipendenti.

 

Nel ventennale del Fascismo, uffici di assistenza sociale, asili e doposcuola, dispensa viveri, refettori, orti ed allevamenti di guerra (siamo in pieno secondo conflitto mondiale), assistenza igienico sanitaria negli stabilimenti, prevenzione infortuni e protezione antiaerea, corsi di cultura popolare e d'insegnamento, dopolavoro, formavano nella grande famiglia dell'ILVA, come ormai in tutte le grandi società industriali, il complesso di previdenze e provvidenze per i lavoratori ed i loro congiunti.

Ciò che contava era evidentemente lo sviluppo delle attività raggiungibili nelle singole aziende, perciò alcune cifre, possono mettere meglio in evidenza la non comune estensione che esse avevano presso i numerosi stabilimenti dell'ILVA (all'epoca quello tarantino non esisteva ancora).

L'assistenza sociale, oltre alle forme legislative dell'epoca, cercava con spirito umanitario di aiutare in ogni campo il personale ed i famigliari: uffici speciali svolgevano, su richiesta, pratiche di ogni genere, assegnando sussidi e contributi straordinari da parte della Società, dando riconoscimenti di anzianità sul lavoro (ricordiamo che nel triennio 1938 – 1941 ben seicento operai hanno avuto il premio per ininterrotto servizio all'ILVA).

La media annua dei dipendenti che ricorrevano agli uffici dell'ILVA era di circa 10.000, corrispondente, nel 1942, ad un terzo degli impiegati nella società.

Per l'incremento demografico e la sanità, erano stati istituiti da anni premi di nuzialità e natalità: 6241 distribuiti nel triennio 1938 – 1941, oltre a numerosi sussidi per l'assistenza all'infanzia, all'epoca, particolarmente curata.

L'ILVA, infatti, conduceva direttamente un asilo infantile e un doposcuola a Piombino e Bagnoli di Napoli, nonché finanziava totalmente le case materne di Trieste (Ilvania) e Portoferraio, dove 600 figli di dipendenti degli stabilimenti sociali erano annualmente accolti; l'azienda, inviava 800 bambine alle Colonie montane del Partito; gestiva una colonia marina a Bagnoli, ospitandovi ciascuna stagione 1200 bambini, e curando in particolare la propria a Forte dei Marmi, una delle più grandi d'Italia per attrezzatura e larghezza di criteri.

In occasione della Befana Fascista, ai figli dei dipendenti si provvedeva annualmente alla distribuzione di circa 10.000 pacchi di indumenti.

Sempre per andare incontro alle necessità delle famiglie dei propri impiegati ed operai, la Società aveva da tempo istituito dispense di viveri con annessi servizi di pianificazione in tutti gli stabilimenti dove non fossero preesistite cooperative operaie. Tali dispense rispondevano ai bisogni di 16.000 famiglie per un complesso di acquisti di circa 30 milioni delle vecchie lire annui. Grandi refettori e mense aziendali, modernamente attrezzati, distribuivano oltre 352.700 tra pasti e minestre. Le suddette gestioni erano attuate sotto la stretta sorveglianza sanitaria della Società e perché agissero veramente da calmiere nelle varie località, contribuendo assai cospicuamente al loro funzionamento. Per favorire negli ambienti operai la passione ai lavori agricoli nelle ore di riposo, l'ILVA, aveva iniziato da tempo, ed incrementato negli ultimi mesi del 1941, per contribuire anche alla produzione agraria, la coltivazione degli appezzamenti di terreno annessi agli stabilimenti, sia come ausiliari della dispensa viveri e della mensa operai, sia affidandoli alle singole famiglie: un insieme di 1100 appezzamenti per complessivi 340.000 mq, moltissimi dei quali di recente dissodamento (nel '41), portando il suo contributo alla quotidianità.

Nel campo dell'assistenza igienico sanitaria sul lavoro, vasti e razionali impianti con spogliatoi capaci di 30.000 posti armadi, di 3.000 lavabi e delle docce nella dovuta proporzione, venti infermerie con i relativi posti di pronto soccorso, ottimamente attrezzati e rispondenti alle esigenze del lavoro, occupavano nel complesso fabbricati per un volume di 100.000 metri cubi.

In ciascuno stabilimento Comitati e Sottocomitati per la prevenzione infortuni erano preposti all'esame dei problemi inerenti alla Sicurezza, nonché alla relativa opera di propaganda e di persuasione, diretta alla massa operaia per renderla partecipe della lotta contro i sinistri sul lavoro. Il miglior consuntivo dell'opera svolta, in profondità ed estensione, da tale capillare organizzazione, era dato dai soddisfacenti risultati conseguiti nella fine degli anni '30 e inizio anni '40. Le esperienze dei singoli stabilimenti della Società, e le conseguenti conclusioni, erano comunicate agli altri plessi della società, per estenderne rapidamente i benefici a tutta la massa operaia.

Tra il '39 e il '42 si era dato forte impulso organizzativo alla protezione antiaerea, sia con la costruzione di adatti ricoveri, sia tenendo negli stabilimenti frequenti conferenze, illustrate da proiezioni cinematografiche e seguite da riunioni di addestramento delle varie squadre di protezione antiaerea. Prima dello scoppio delle ostilità veniva distribuito a tutti gli operai un opuscolo, edito dalla Società, sul modo di comportarsi in caso di allarme.

Quest'attività organica dell'ILVA attirava il più delle volte l'elogio dei competenti organi superiori ministeriali. Le incursioni aeree nemiche, specie nei primi mesi della guerra, avevano collaudato questa sana organizzazione: tra le persone non si era mai verificato il minimo incidente.

L'assistenza ai lavoratori e alle loro famiglie veniva completata nel campo morale ed educativo con corsi di cultura e biblioteche. La Società aveva istituito quindici corsi organici culturali e d'insegnamento con 45.000 frequenze annue per tutte le attività ausiliarie, nelle quali comunque entra la specializzazione meccanica. Tali realizzazioni erano state promosse, quantunque la particolare attività svolta dalla Società non consentisse la preparazione nelle scuole, ma obblighi, per la massa degli operai, all'apprendistato con affiancamento diretto degli allievi agli operai specializzati sul lavoro.

Annesse ai dopolavori l'azienda aveva costituito 12 biblioteche, con 20.000 volumi complessivamente ed in continua rotazione fra gli operai e i loro familiari. Ciò che serviva più a riunire, in affiatamento la numerosa famiglia dell'ILVA, era la grandiosa organizzazione dopolavoristica che contava 19 dopolavori aziendali con 256 sezioni di attività sportive e ricreative. L'attività si svolgeva nelle sedi dei dopolavori sociali, che comprendevano: tre campi di calcio, sei impianti completi per l'atletica leggera, otto campi di tennis, dodici di pallacanestro e pallavolo, un campo di pattinaggio, ed un tiro a segno, quattordici bocciodromi con centodue campi da gioco; impianti distribuiti in una superficie all'aperto di 138.563 mq; mentre teatri, cinema, aule per corsi e conferenze, sale di lettura, di riunioni, palestre d'armi, da giuoco, occupavano un volume di ben 59.701 metri cubi. Le manifestazioni sportive ed escursionistiche dell'anno 1941, cioè in piena guerra, ammontavano ad oltre 5126 con 67.979 partecipanti. A tali attività si devono anche aggiungere 1788 manifestazioni artistiche culturali ed educative con 437.194 aderenti. Ad 850 spettacoli (teatrali, cinematografici, d'arte varia, concerti vocali e strumentali) assistevano 338.920 dopolavoristi.

Il risultato di questa notevole multiforme attività spiegata dall'organizzazione dopolavoristica è dato dai numerosi premi conseguiti e dai titoli di campionato aggiudicati: 470 coppe e targhe e 400 medaglie, 56 titoli di campionato, di cui 34 provinciali, 14 di zona, 6 nazionali ed uno mondiale, costituiscono l'appannaggio del vanto del dopolavoro aziendale dell'ILVA, a 70 anni di distanza. Durante la guerra, notevole parte dell'attività dell'Opera Nazionale Dopolavoro era rivolta ai soldati: 200.000 militari erano stati ospiti delle sedi dopolavoristiche, 80.000 potevano assistere ad oltre 100 spettacoli e riunioni sportive in onore delle Forze Armate, organizzati spesso nelle stesse sedi, talvolta in teatri, presso caserme o ospedali.

A tutto l'imponente complesso di opere assistenziali e dopolavoristiche sopra illustrate, la Società dedicava cospicue cifre che assommano, nel loro insieme, a parecchi e parecchi milioni di lire. Durante il conflitto, ai congiunti dei richiamati al fronte, l'ILVA agevolava gli acquisti presso le proprie dispense di viveri, e, nei casi di indigenza, concedeva sussidi straordinari; a mezzo di appositi uffici collaborava attivamente alla ricerca di notizie riguardanti i dispersi; ed infine, alle famiglie dei Caduti, ai feriti, agli invalidi, ai mutilati, in segno di solidarietà, destinava ottimi contributi commisurati al numero dei famigliari a carico del dipendente interessato.

Con l'eloquenza delle cifre esposte, l'ILVA dimostrava di essere presente in tutte le opere indicate per la redenzione del popolo italiano, per lo spazio vitale e per l'indipendenza nazionale dalla plutocrazia. Non è certo l'ILVA impotente dei nostri giorni, distrutta e male amministrata. E ancora una volta, il passato è meglio del presente. Un gran peccato.

Valentino Quintana per Agenzia Stampa Italia

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